RECENSIONE di SERGIO SALVI
«Tralummescuro – ballata per un paese al tramonto» autore Francesco Guccini, edito da Giunti Editore, prima edizione settembre 2019, settima ristampa giugno 2020, pp, 283 (213 di testo).
Libro regalatomi da Silvana per il mio compleanno 2020.
In una frase: grande prova di arte letteraria, lettura impegnativa e generosa di soddisfazioni.
Francesco Guccini ha sempre dato prova di saper mettere in fila le parole, tante parole, e, per i miei gusti, qualche sua canzone mi è sembrata troppo lunga. Prolisso, non logorroico: c’è infatti una bella differenza tra obbedire al bisogno interiore di spiegarsi e affastellare frasi scarse di contenuto.
Il libro è una dichiarata autobiografia, a cominciare dal titolo: «Tralummescuro», vocabolo dialettale per quella fase della giornata dopo il tramonto, verso la notte. «E a poco a poco veniva il buio, ma lento, dolce, che quasi non te ne accorgevi» (p. 9). L’autore si percepisce nel «tralummescuro» della sua vita, e approfitta della quieta luce serale per accompagnare il lettore a rivisitare e rivivere i luoghi, le abitudini private e comunitarie di un piccolo paese dell’Appennino Tosco-Emiliano, Pavana, il luogo che Francesco Guccini chiama «cà mia»: quanto affetto c’è in queste due semplici parole!
Un’autobiografia fatta di quadri (piuttosto che capitoli), visioni, aneddoti, senza un filo cronologico evidente, come nel secondo quadro che inizia con il bellissimo ricordo delle stradette dei paesi di montagna e della lentezza e dell’importanza dei dettagli che si godevano in quei cammini, ritmati dal corso del sole, dall’alba al tramonto. E oggi il sole che fa? «Sembrerebbe sempre lo stesso giro di un tempo», ma è cambiato tutto: «… a mezzodì non si mangia più, … e vanno a tavola verso l’una, l’una e mezza, accendono la televisione e guardano i telegiornali». «Cosa guardavano quando la televisione non c’era?… Se ricordi bene ti sembra che fiorissero conversazioni come violette in primavera, discorrendo di tutto un po’, ma forse la tarda età ti fa deviare i ricordi più sulla nostalgia che sulla realtà» (p.33).
Guccini ricorda con malinconia, senza tristezza, con nostalgia, senza rimpianti o rassegnazione; il lettore è tenuto sulla corda da piacevoli e ricorrenti pizzicotti di ironia «’Na volta venivano nevicate bibliche (ma nevava nella Bibbia?)» (p.34), in molte parti poi il testo è scoppiettante, ad esempio la descrizione del corteggiamento supportato da serenata (p. 146), e poi l’elenco dei soprannomi (p. 211) di assoluto godimento, e privo di ombre, di volgarità e di risentimenti.
Lettura impegnativa, scrivevo, perché l’autore, con grande maestria, mescola, anzi «mixa» (si tratta di una «ballata», dopotutto) il suo raffinato italiano con il dialetto, molto utili le brevi note al testo e il glossario finale.
https://www.youtube.com/watch?v=AUzZ9AqYuwE : qui c’è un po’ della magia del libro.
Finale: un libro/ballata di gran classe, piacevole, a tratti consolatorio e mai patetico, diavèl di un Guccini!