Piove. Governo ladro! Sarebbe così bello vivere in pace! Invece, sembra inevitabile avercela sempre con qualcuno, anzi, contro qualcuno. Purtroppo, molti movimenti, mobilitazioni, comitati nascono in un solco astioso e si nutrono di quell’humus. Come può succedere? Ve lo racconto, perché «na storia béla fa piasì cüntela», anche se proprio vera non è, proprio finta nemmeno, verosimile sì. Nel diffuso frastuono, spesso rabbioso e ostile, di questo nostro tempo, abbiamo un gran bisogno di storie… come dire… concilianti, magari con qualche venatura di malinconia o con qualche scoppio tragico, ma che lasciano aperta la fessura della speranza e della rinascita. Tra cronaca e romanzo, hanno un posto ideale le «StOriE CoSì», racconti verosimili con i connotati della verità autentica e possibile. BUONA LETTURA. IL PROSSIMO APPUNTAMENTO CON UN’ALTRA «STORIA BELA»: LUNEDì 16 DICEMBRE. Ciau!
[Il disegno delle quattro stagioni è opera di Filippo Pietro Rossi, 8 anni]
La pioggia cominciò a tamburellare sui tetti fin dal mattino e, via via che le ore passavano, lungo i bordi delle strade e nelle piazze si formavano pozzanghere sempre più larghe. La gente sacramentava contro il tempaccio, ma s’era d’autunno e, da che mondo è mondo, d’autunno era usanza che piovesse. Non ci fu sosta per tutto il giorno e, quando calarono le tenebre, ancora pioveva che dio-la-mandava, disegnando raffiche di saette contro le luci dei lampioni. Andò avanti così per tre giorni, finché, una notte, tutte le luci si spensero, i ponti si accasciarono, alcune case cominciarono a ondeggiare e, ai piani bassi, un fiume melmoso e putrido si insinuò tra i mobili invadendo anche gli anfratti più angusti. La gente ammutolì di fronte a quello spettacolo funesto di cui non ricordava l’eguale a memoria d’uomo. Quando l’acqua, a poco a poco, si ritirò, lasciando un velo di fanghiglia acida che un pallido sole trasformò presto in crosta opaca, la gente si arrabbiò e cominciò a prendersela con la pioggia, colpevole di tutto quel disastro.
Si formò un comitato contro la pioggia autunnale, e gli uomini e le donne che lo componevano giurarono che mai più e mai più avrebbero permesso che succedesse una cosa simile. Così pregarono e fecero danze e voti propiziatori perché scendesse il gelo e la pioggia si trasformasse in neve, che, almeno, stava immobile e non invadeva le case.
Passò qualche mese e venne l’inverno. Proprio mentre la campana della chiesa batteva la mezzanotte, cominciarono a danzare al suono del silenzio i primi fiocchi di neve. Quando si alzò la luce del mattino, lenzuola candide erano stese sui tetti e sui campi, sui marciapiedi e sulle strade. Le bianche falde, sempre più numerose e più grandi, non la smettevano di ballare, inorgoglite dai gridi di gioia dei bambini che si rotolavano su quel tappeto morbido, ci lasciavano sopra le impronte degli scarponi e ingaggiavano innocenti battaglie a palle di neve. Ma i grandi si arrabbiarono, perché sulle strade e sui marciapiedi si scivolava e bisognava andare adagio, mentre c’era fretta di fare questo e quello. Cominciarono a suonare i clacson, a gridare parolacce gli uni contro gli altri, a stamparsi con le macchine contro i muri, a tirare calci alla neve, a imprecare mentre la spalavano e a maledire i sindaci che non la spalavano abbastanza in fretta.
Si decise di formare un comitato contro la neve e gli uomini e le donne che lo componevano ebbero un’idea geniale: d’ora in poi, dove c’era bisogno che nevicasse, cioè in montagna per andare a sciare, ci avrebbero pensato loro a sparare la neve finta con speciali cannoni, frutto dell’ingegno umano. Nel frattempo pregarono e fecero danze e voti propiziatori, perché arrivasse al più presto un vento tiepido che si portasse via tutta quella ingombrante fiocca invernale.
Giunse primavera. Da nord e da sud, da est e da ovest arrivarono girandole di venti caldi e freddi che, improvvisando un balletto vivacissimo assai, si divertirono a spostare le cose: tirarono via i tetti dalle case e li scaraventarono sui campi, smontarono i fiori dai rami degli alberi e ne tappezzarono i marciapiedi, staccarono i panni stesi sui fili e li fecero volare come aquiloni. Spazzarono via pure tutta la neve, sì, ma poi sollevarono da terra la polvere per gettarla a manciate nelle case e sui volti dei passanti.
Scoppiò la rivoluzione: si costituì un comitato contro il vento, e gli uomini e le donne che lo componevano si misero a pregare e a fare danze e riti propiziatori perché intervenisse il sole a scacciare i venti primaverili che avevano provocato quel gran guazzabuglio.
Il sole caldo arrivò con l’estate e fu accolto con giubilo: per festeggiarlo tutti indossarono abiti e cappelli colorati, gettarono le calze alle ortiche e strapparono dai giardini fiori variopinti per farne collane. Il sole occupava tutta la giornata, dall’alba al tramonto e, quando a sera se ne andava a dormire, lasciava la scia dei suoi raggi afosi a impregnare case e vie e piazze. Gli uomini cominciarono a stare svegli una notte e due notti e ogni notte perché il caldo penetrava anche in gola e bloccava il respiro e stendeva un velo appiccicaticcio su tutti i corpi. I campi erano secchi e piagati come pelle di lebbroso; le foglie e i fiori e i frutti, sviliti e mogi, si piegavano e si staccavano dai rami rinunciando a vivere. Gli animali nelle stalle si lamentavano per la sete, ma i pozzi erano asciutti e i letti dei fiumi e dei torrenti sembravano sentieri del deserto, i boschi bruciavano e non c’era acqua per spegnere le fiamme.
Allora si formò un comitato contro il sole e gli uomini e le donne che lo componevano decisero di trovare un rimedio per ottenere la pioggia. Costruirono proiettili con polvere da sparo e, con potenti teleobiettivi, mirarono alle nuvole gravide, per farle esplodere in una gragnuola d’acqua.
Però insorse il comitato contro la pioggia che fece voti per avere la neve. Ma il comitato contro la neve si mise a sparare con i cannoni su in montagna e a spalancare le porte di tutti i confini per fare entrare i venti. Il comitato contro il vento si ribellò e cominciò a implorare il sole che arrivasse in soccorso. Gli uomini e le donne litigavano tra loro sempre più forte e le quattro stagioni, imbarazzate e scombussolate, non sapevano più che cosa fare e a chi dare ragione.
La Natura, spazientita da tanta insensata litigiosità, tirò un lunghissimo sospiro: posò i palmi delle grandi mani sui braccioli della sua immensa poltrona e, con grande sforzo, si tirò in piedi, eretta e imponente, ben decisa a resettare tutto e a ripristinare l’ordine. Fece l’appello chiamando per nome il sole, la pioggia, il vento e la neve e, in più, volle accanto a sé anche la rugiada e la galaverna, la brezza e la tempesta, i tuoni e i fulmini. Poi, ricordò a ciascuno il proprio compito, indicando il cosa, il quando, il perché e il percome, e li interrogò a uno a uno per essere certa che avessero capito bene.
Le stagioni ricominciarono a funzionare come avevano fatto per millenni ignorando gli uomini che, pasticcioni e rissosi, erano soltanto capaci ad arrabbiarsi senza riuscire a mettersi d’accordo.
Una volta che le stagioni ebbero ripreso il loro corso naturale, i comitati degli uomini si sciolsero perché non avevano più nulla da fare. Ma non resistettero a lungo in pace perché qualcosa contro qualcuno dovevano pur farlo.
Eureka! Lo scemo del villaggio ebbe un’idea e le folle lo acclamarono: formarono un comitato «Contro la Natura». Qualcuno espresse delle perplessità, ma, in democrazia, vincono le maggioranze.
La Natura, amareggiata e più adirata che mai, abbandonò gli umani al loro disarmonico destino. Sprofondò sulla sua poltrona sovrana e si disinteressò di loro, sapendo che, purtroppo, soltanto quando avessero perso totalmente la ragione distruggendo ogni cosa, avrebbero invocato una sensata (temporanea) pacificazione.
Straordinaria la tua capacità di scrittura soprattutto scorrevole bella e comprensibile ! Brava Silvana e Grazie . Buona giornata e settimana . Paolo
Bel racconto che fa riflettere. Scritto con cura e con linguaggio adatto per tutti.
Complimenti.
Qualcuno mi ha detto recentemente che con i progressi della chimica la natura sarà superflua. Condivido questa assurdità con te: se con la tua creatività ne fai una storia, gliela farò leggere!
Sembra la storia dell’attualità politica
Che bella storia! E quanta verità narrata con grazia e sapiente leggerezza. Dovrebbe essere diffusa nelle scuole primarie…farebbe tanto bene agli uomini e donne di domani.
Ho letto oggi la tua storia., di grandissimo valore etico. Grazie Silvana!
Ho letto oggi la tua storia., di grandissimo valore etico. Il conflitto ormai è talmente costitutivo dell’essere umano che si stenta a riconoscerlo!
Grazie Silvana