Recensioni a confronto della raccolta «Samsara. Poesie d’amore» di Franco Gervasio (Armenio Editore), viste e commentate dagli occhi e dall’anima di lei – Silvana Mossano – e di lui – Sergio Salvi. I testi sono qui sotto l’uno a seguire l’altro.
1. COMMENTO di SILVANA MOSSANO
Samsara potrebbe essere il nome di una città misteriosa, o di una danza conturbante, o di una donna seducente. Samsara è una parola che, a pronunciarla, ha un bel suono. Letteralmente, il termine sanscrito si traduce con «scorrere insieme» e, estendendo l’interpretazione, «può anche significare “l’infinito girare della ruota della vita” o “oceano dell’esistenza”». La spiegazione si legge nelle ultime pagine del libretto poetico «Samsara. Poesie d’amore»; è lo stesso autore Franco Gervasio a illuminare sul motivo che lo ha spinto a scegliere di intitolarla così: perché «tutti i suoi significati corrispondono a ciò che desidero comunicare: la dimensione dell’esistenza in cui quotidianamente l’uomo vive, tra felicità e sofferenza».
Felicità e sofferenza sono ingredienti fondativi dell’amore, coniugate in espressioni disparate e a diversi livelli di intensità. Gervasio se ne lascia attraversare, poi li elabora e li semplifica «trafficando con parole». Il risultato è una raccolta di oltre una sessantina di poesie suddivise in tre capitoli, – «Nature», «Poemetti musicali» e «Autunno e Primavera» -, uscita a gennaio 2021, per Armeni Editore (Messina). Uno sfoglio prezioso di sensazioni d’amore colte al tramonto sul mare, alla soglia dell’autunno o dell’inverno ricordando l’estate, in una sera di primavera, tra il verde delle colline e tra la nebbia padana dove è adagiata la sua dimora, e in molti luoghi vissuti e amati – da Venezia, a Roma, a terre più lontane tra mare, palme, e deserti -, perché «Viaggiare/ è l’impresa/ di capire/. E digerire/ le diverse cucine».
Ed è anche la musica a suggerire, al poeta Gervasio, sensazioni d’amore. I tre «poemetti musicali», al centro della raccolta, si leggono cantando e dando ritmo alle parole. Mi fanno tornare alla mente quando Gervasio, a inizio anni Novanta direttore artistico del Teatro di Casale, invitò Paolo Conte a inaugurare la seconda (in realtà, la prima vera e intera) stagione dopo la riapertura del Municipale, risvegliato da un lungo sonno, durato mezzo secolo. Sembra di sentirla la voce roca del cantautore astigiano intonare i versi che Gervasio scrive in «Samsara»: «Baby tango/ blu marimba/ voce d’Africa/ cos’è. (…) Baby tango/ blu marimba/ e la musica/ continua». E ancora: «Quaggiù/ niente più baobabs,/ un mar/ solo onde di un mar».
E sono, poi, a stimolare i pensieri del poeta Gervasio, le sensazioni d’amore che pungono il cuore quando la distanza dilata gli spazi e moltiplica l’ansia dell’attesa: «Aspetto/ i tuoi capelli/ e le tue mani/ e di vedere il tuo smalto/ rosso vivo/ brillare. / Verrai? / Mi distraggo, ma soffro/ Non vorrei più attese/ per un amore». La spasmodica attesa d’amore è struggente, toglie le forze: «Ascolterò Chopin/ leggerò un libro/. Ho posato i colori/. Niente dipinti/ senza palpiti d’amore».
E’ l’amore, nelle sue declinazioni più ampie, che dà forza alla vita ed è, attraverso l’amore, che il Gervasio poeta si svela totalmente. E’ l’amore che suggerisce, al Gervasio artista, i colori da imprimere sulle tele, le forme delle sculture e
gli scatti fotografici (ha esposto a Istanbul, Parigi, Milano, Mantova). Ed è, ancora, l’amore che guida anche il regista e uomo di teatro (ha lavorato con Dario Fo, Mario Missiroli, Luca Ronconi, Ugo Gregoretti, e i suoi testi sono stati interpretati da Ottavia Piccolo, Veronica Pivetti, Paola Pitagora, Andrea Giordana, Vittorio Gassman, Walter Chiari, Alessandro Harber, Lino Capolicchio, Renzo Palmer, Angelo Branduardi, Riccardo Cocciante, Alfio Antico, Patty Pravo). E’ un anelito in cui si fondono felicità, pienezza, cura e vocazione a custodire questo appagamento immenso dell’anima. «Lascia che ti ami/ perché un altro inverno tornerà/ e avrò un freddo indomabile/ se non avrò il tuo corpo/ e la tua anima/ a scaldare il mio corpo/ e la mia anima».
C’è un’equivalenza totale tra amare e vivere, una fusione che, se non si completa, lascia addosso un senso di incompiutezza. Amando profondamente il poeta sente di avere qualcosa di importante da offrire quando, un giorno, Qualcuno gli chiederà conto: «Dimmi un po’/ cos’hai fatto nella vita?/ L’ho vissuta/ come fosse infinita». Ho vissuto, ovvero: ho amato. Lo scrive, nei primi versi che aprono «Samsara», dicendo di sé: (io) «Sono/tutti/ coloro/ che ho amato». Per capire chi sono i «tutti coloro», basta sfogliare qualche pagina indietro, prima della ricca prefazione di Pietro Favari, e leggere le dediche: «A Laura, con amore infinito», «A mio padre, che mi ha insegnato la Natura», «A mia Madre: silente onnipresente», «Alla cara e rispettosa memoria di Mario Missiroli regista, guida e amico, che ha letto questa raccolta, appassionato e amichevole impegno, spingendomi a pubblicarla». E ora che Gervasio l’ha pubblicata è bello, grazie al formato agile, tenerla in tasca e tirarla fuori ogni tanto, per leggere, anche a caso, un verso: «Non voglio spegnere/il fuoco dell’amore».
2. RECENSIONE di SERGIO SALVI
«Samsara» – autore Franco Gervasio, Armenio Editore, prima edizione gennaio 2021, pp. 111
Libro di Silvana, che ha conosciuto l’autore fin dai tempi del rinascimento (e questo temine, se pecca, lo fa per difetto) del Teatro di Casale Monferrato, dando vita, in questa città, a una grande stagione culturale: chi non l’ha vissuta non sa, chi non c’era non può capire. Silvana ha scritto, da par suo, un commento tutto da leggere e che precede questo mio. Io l’ho letto e me ne avvantaggio.
In una frase: è un libro ricco e prezioso.
La poesia è un’arte che sublima la capacità di sintesi: condensare la profondità del pensiero in poche parole. Lo stesso avviene con la fotografia: un’intera storia in un fotogramma. Gli autori sanno che cosa vogliono esprimere, ricordano i sentimenti e le sensazioni che hanno generato i versi o fatto costruire quell’inquadratura e catturare un determinato colpo di luce. Noi lettori o spettatori o visitatori, accantonata l’inutile domanda: «Che cosa ha voluto esprimere l’artista?», buona solo per gli esami di Storia dell’Arte, ci possiamo godere le poesie e le immagini, seguire i pensieri che ci suscitano e, qualche volta, abbandonarsi ad essi.
Le poesie di Gervasio, che è anche fotografo, oltre che autore di opere teatrali, pittore e scultore, (insomma ha dato gioia a molte persone) sono inizi di sentieri aperti a tutti, ci si può ritrovare: «Dormirò./ Ho percorso chilometri/di strade/e mi chiedo a volte perché./Ecco/i volti della gente/li ho stampati nel cuore». (p. 80) e io mi sono ritrovato in questo tempo della mia vita, così come nell’abbagliante descrizione della neve di Sicilia (p. 81) che risulterà armonica per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di atterrare a Catania Fontanarossa verso il tramonto con la visione dell’Etna innevato.
L’amore per la sua donna è espresso in termini dolci e definitivi; ho percepito echi della celebre «Questo amore» di Prévert (pag. 94), ma si stemperano in una felicità intima e semplice: «Sarà meraviglioso di nuovo parlare/guardarci negli occhi e tacere/persino tremare/per una piccola paura scongiurata». Degli altri amori della sua vita ci sono le tracce degli addii, qualche volta dolorosi, qualche volta pacati: «E la vita si riempie di senza» (p.48).
Protagonista di molte poesie è la fede in Dio: «Grazie/per avermi mostrato, /in pratica/ regalato, /le stelle della tua notte», la riconoscenza per il regalo e poi la speranza tenace che è la dominante di questo libro da leggere e tenere a portata di mano per rileggerne alcuni passi (il formato editoriale aiuta).
Quanto è diverso il significato cosmico di «samsara» (avete letto il testo di Silvana?) dal rassegnato «panta rei»! Quanto è distante, purtroppo, il sanscrito dal greco e ancor di più dal latino, l’oriente gentile e profondo dall’occidente troppe volte cinico e legato alla logica della quantità sopra ogni altra logica.
Finale: mi è piaciuto, sono contento di averlo letto. In generale mi ha fatto meditare sull’importanza della poesia, della riflessione, del pensiero puro e dell’inevitabile silenzio che richiede. Insomma Franco Gervasio, anche come poeta, sa proporre immagini, sentieri e pensieri salutari.
Come sempre è un piacere leggerti. Una frase mi ha colpito soprattutto per il contenuto “cosa hai fatto nella vita? L’ho vissuta”. Grazie di averlo ricordato a chi ti legge.