“Verità nascoste- da Piazza Fontana a Moby Prince: la giustizia negata e i familiari delle vittime” autori Luigi Ferro e Monica Triglia, edito da Zolfo Editore, 2024, pagine 197 e “La sfinge dei ghiacci”, autore Jules Verne, traduzione di Paolo Franchi, edito da Il Sole 24 ORE, 2015, pagine 312.
In una frase: così distanti, eppure connessi.
“Verità nascoste” è un prezioso reportage che racconta in modo asciutto ed efficace gli sforzi e la commovente tenacia di alcuni familiari delle vittime di cinque tragedie accadute in Italia tra il 12 dicembre 1969 (bomba di Piazza Fontana, Milano) e il 10 aprile 1991 (incendio del traghetto Moby Prince, porto di Livorno); nel mezzo, l’abbattimento del DC-9 presso Ustica (27 giugno 1980), la bomba alla stazione di Bologna (2 agosto 1980), la caduta di un jet militare in avaria e, per questo motivo abbandonato dal pilota, su una scuola a Casalecchio di Reno (6 dicembre 1990).
“La sfinge dei ghiacci” è un bel romanzo di avventure marinare, scritto da Jules Verne nel 1897 e ambientato nei freddi mari antartici: ideale da leggere d’estate, per provare qualche brivido di sollievo e tenersi la mente al fresco!
“Verità nascoste” potrebbe anche essere intitolato “Menzogne svelate”. I protagonisti sono i familiari delle vittime di alcune delle stragi più terribili accadute nel nostro Paese. In questo libro, gli autori dimostrano che, per ciascuno degli eventi, così dolorosi e assurdi, la verità storica è stata conseguita, essenzialmente perché i famigliari delle vittime non si sono rassegnati alle spiegazioni fuorvianti o alla comoda teoria della “tragica fatalità”.
Ma perché parlare ancora di fatti accaduti trenta, quaranta, cinquantacinque anni fa? Non sono sufficienti le tragedie odierne? Basta con queste vecchie storie tristi, voltiamo pagina e pensiamo alle vacanze, a Wimbledon alle Olimpiadi e alla salute! O no?
La lettura del lavoro di Luigi Ferro e Monica Triglia suscita una risposta convincente a queste obiezioni. Nei cinque episodi luttuosi presi in esame, gli apparati dello Stato hanno svolto ruoli, pur con responsabilità e “carichi morali” diversi – un conto è infatti “coprire” dei terroristi, altro è proteggere un alleato militare, altro ancora è difendere l’Aeronautica Militare dagli attacchi degli antimilitaristi -con un comune obbiettivo: difendere lo Stato dai cittadini che pretendevano verità e giustizia.
I fatti sono arcinoti e ormai provati in vari gradi di giudizio, in questo libro non ci sono scoop (non servono), si offre invece al lettore un completo e sintetico quadro d’insieme, dove spiccano i comportamenti omissivi, i depistaggi, le menzogne ed emerge anche il sistema che ha favorito quei comportamenti, ne ha consentito a lungo l’impunità, ne ha giustificato l’occultamento.
La giustizia penale in Italia, dal 1931, era fondata sul Codice Penale e Codice di Procedura Penale firmati da Alfredo Rocco (giurista eccelso, Ministro di Grazia e Giustizia e Affari di culto dal 1925 al 1932 e autore delle cosiddette “leggi fascistissime”, promulgate tra il 1925 e il 1928).
Il Codice di Procedura Penale, modificato a partire dal 1955 (la Costituzione della Repubblica Italiana è in vigore dal 1948), fu abrogato nel 1989. Il Codice Penale è sostanzialmente ancora in vigore: intendiamoci, le leggi ordinarie e le sentenze della Corte Costituzionale hanno apportato modifiche rilevanti, ma l’impianto della normativa e i principi ispiratori sono rimasti intatti. Per quanto molti esperti esaltino la perfezione tecnico-giuridica dei “Codici Rocco”, nessuno arriva a negare che quelle leggi erano costruite per far prevalere, in caso di contrasto, i principi autoritari e gerarchici sui diritti della persona.
Gli apparati dello Stato, a tutti i livelli, hanno quindi avuto buon gioco nel nascondere verità e diffondere menzogne: il sistema di regole applicato durante le fasi di quelle indagini e la celebrazione di quei processi, in buona sostanza, era fatto apposta. Da decenni quello era l’ambiente giuridico in cui forze dell’ordine, magistrati, avvocati, professori di diritto si erano formati culturalmente e avevano svolto le loro professioni.
Da parte dei parenti delle vittime è stata pertanto necessaria un’immensa volontà, forza d’animo, amore per i propri cari e generosità nei confronti di tutti i cittadini (proprio così, perché, Dio non lo voglia, ma spesso la storia si ripete e chiunque potrebbe esserne colpito) per incrinare e poi scardinare veri e propri muri di omertà e ostilità, e ottenere, se non la giustizia, almeno comportamenti finalmente corretti e coerenti con i principi della nostra Costituzione.
Riporto l’emblematica dichiarazione da parte di un importante ufficiale, agente segreto del Sid nel corso del processo per la strage di Piazza Fontana presso la Corte d’Assise di Catanzaro, per giustificare in qualche modo i depistaggi: “Fino al 1974 nessuno ci aveva spiegato che dovevamo difendere la Costituzione” (p. 188).
Viene da chiedersi: quanto tempo occorrerà ancora perché i principi della Carta costituzionale siano effettivamente resi operativi? E aumenta contemporaneamente la mia diffidenza rispetto alle modifiche costituzionali volte a intaccare l’equilibrio tra i poteri dello Stato (che poi si riflettono sugli equilibri tra i cittadini) realizzati, con lungimiranza e fatica, dall’Assemblea Costituente.
L’Assemblea Costituente … già, l’unico esempio storico di persone elette dal popolo non per dividersi tra loro incarichi di potere, ma per realizzare un sistema di regole utile al popolo … Bon, sono andato fuori tema, chiedo scusa.
“La sfinge dei ghiacci”, romanzo pubblicato nel 1897, fa parte della serie “Viaggi straordinari”, che comprende le opere più note di Jules Verne (tra gli altri, “Viaggio al centro della terra”, “Dalla terra alla luna”, “Ventimila leghe sotto i mari”) è ambientato nei freddissimi mari antartici ed è fondamentalmente la storia di un tentativo di salvataggio, al di là di ogni ragionevole speranza, anzi, al di là di ogni ragionevolezza.
I personaggi principali della storia sono due: il primo è Jeorgling, un misterioso americano del Connecticut, studioso di geologia e mineralogia, voce narrante, l’altro è il capitano Len Guy di Liverpool, comandante e armatore del veliero “Halbrane”, dedito ad attività commerciali.
2 agosto 1839, nell’emisfero meridionale sta per finire l’inverno; sull’isola più importante dell’arcipelago delle Kerguelen nell’estremo sud dell’Oceano Indiano, porto di Christmas- Harbour, Jeorling ha ormai terminato gli studi che lo avevano condotto, due mesi prima, a quelle fredde latitudini. Ora sta aspettando di potersi imbarcare sulla prima nave di passaggio e iniziare il lungo viaggio di ritorno verso il Connecticut.
La prima nave attesa a Christmas-Harbour è l’”Halbrane“, in ogni caso “A quell’epoca – 1839 -le Kerguelen erano annualmente visitate da una enorme quantità di navi: almeno cinquecento. La pesca dei cetacei dava degli ottimi risultati … bisogna anche dire, però, che in questi ultimi anni -1897 – le navi che solcano le acque di quell’arcipelago sono soltanto una dozzina, tanto la distruzione abusiva dei cetacei ne ha ridotto il numero” (p. 16).
L’”Halbrane” conferma le previsioni: è il primo veliero a gettare l’ancora al porto di Christmas- Harbour in quella stagione: è il 7 di agosto.
Il capitano Len Guy era un uomo sui quarantacinque anni “di costituzione sanguigna, dalle membra solide come quelle della sua goletta, testa forte, capelli già brizzolati …la sua fisionomia non dura, ma piuttosto impassibile, era quella di un individuo molto cupo, che non rivela volentieri i suoi segreti …” (p. 21).
Nonostante la presenza di una cabina libera sulla sua nave, il capitano respinge, con cortese fermezza, la richiesta avanzata da Jeorling di essere imbarcato. Non è questione di denaro, anche perché Jeorling non baderebbe a spese, è una questione di principio: nessun passeggero sarà mai ospitato sull’”Halbrane”.
Il comandante (che fa spesso ricordare il Capitano Nemo di “Ventimila leghe sotto i mari”) resterà comunque molto turbato nell’apprendere da Jeorling la sua cittadinanza del Connecticut, e più precisamente di Hartford. Se conferma dapprima il rifiuto di prenderlo a bordo, dopo alcuni giorni comunica all’ormai rassegnato americano che lo accoglierà sulla nave.
La ragione di questo insperato cambiamento sta nel fatto che la città di Hartford è strettamente legata a un tragico naufragio nel mare antartico che, undici anni prima, aveva coinvolto il fratello del capitano Len Guy, William, a sua volta comandante di vascello; è proprio in memoria di quell’amatissimo fratello ormai irrimediabilmente perduto che il capitano Len decide di accontentare Jeorling.
Il caso farà sì che durante la traversata, iniziata il 15 agosto 1839, si scopriranno tracce di una possibile sopravvivenza di William Guy e di alcuni altri naufraghi, e così il viaggio di Jeorling e del capitano Len Guy seguirà una rotta del tutto inattesa e ricca di avventure mirabolanti e colpi di scena.
Finale: che cosa accomuna questi due libri?
Un sentimento umano molto profondo: sono infatti testimonianze di quanto sia potente l’amore verso in congiunti e la lealtà negli affetti. “Verità nascoste” condivide con i lettori storie realmente accadute, “La sfinge dei ghiacci” è un’opera di fantasia eppure il motore umano delle vicende raccontate è identico: in nome di un amore invincibile, inaffondabile, è il caso di dire, si affrontano difficoltà e si superano ostacoli enormi.
Una semplice, ma curiosa coincidenza: la prima data citata dal romanzo di Verne è il 2 agosto, la stessa data della prima tragedia presentata da “Verità nascoste”, la strage della stazione di Bologna.
Grazie
Grazie Sergio
Sei veramente molto bravo ….come sempre