SILVANA MOSSANO
CASALE MONFERRATO
Quando Paolo Ferraris morì di mesotelioma pleurico, il 2 dicembre 1996, la moglie Assunta Prato, seduta accanto alla bara, abbozzò un sorriso lieve sul volto sfinito dal dolore: «Per fortuna abbiamo cominciato a frequentarci molto presto, così ho avuto la possibilità di stare con lui il più possibile». Comunque troppo poco: morì a soli 49 anni Paolo Ferraris, casalese che interpretò la politica come una chiamata civica a servire la propria collettività. Vi si dedicò con intelligenza, competenza e concretezza, convinto della necessità di impegnarsi senza indugi.
Sono trascorsi 25 anni dalla morte e l’associazione intitolata al suo nome ne ricorda la figura di «cittadino esemplare» con un ciclo di quattro incontri – organizzato da Ecofficina e da ReteScuoleInsieme -, raggruppato sotto il titolo «Connessioni prossime – Ore civiche: noi cittadini, noi comunità»: non la memoria voltata indietro, ma proiettata avanti, partendo dall’esempio che Ferraris ha dato «nel creare una comunità consapevole» come ha ricordato il conduttore di Connessioni prossime, Manuele Degiacomi. «Il gruppo di amici di cui Paolo faceva parte – ha ricordato Assunta Prato – condivideva idee e lungimiranti progetti di sviluppo e di crescita, divulgati anche in una pubblicazione periodica la cui testata indicava già di per sé un metodo e un impegno: “Qui e ora”».
E «qui e ora» bisogna muoversi per comprendere e governare i cambiamenti climatici di cui, in ogni parte del pianeta, sono visibili i segni non più solo premonitori, ma ormai radicati e ricorrenti.
Ne ha parlato al primo degli incontri, nell’aula magna dell’Istituto Leardi (e con numerose scuole del territorio collegate in streaming), il professor Roberto Mezzalama. Laureato in Scienze ambientali, da oltre vent’anni ha un ruolo apicale in una multinazionale di ingegneria ambientale; collabora con l’Università di Harvard e siede nel consiglio di amministrazione del Politecnico di Torino.
Punto di partenza dell’interessante conversazione, sollecitata da Manuele Degiacomi prendendo spunto dal libro di cui Mezzalama è autore («Il clima che cambia l’Italia. Viaggio in un Paese sconvolto dall’emergenza climatica» Einaudi, 2021), sono stati i proverbi. Sì, proprio i proverbi dell’antica saggezza popolare, soprattutto rurale, che per generazioni hanno guidato le comunità nello scorrere delle stagioni, impostando sulle attese e sulla ripetitività dei fenomeni la vita sociale ed economica. «Per Santa Caterina si portano le vacche nella cascina»: «E il 25 novembre, infatti, era una data spartiacque: da lì cominciava l’inverno» ha ricordato il relatore. E’ ancora così? No, se si va in Valle d’Aosta le mucche sono ancora al pascolo. Non che tutto sia rimasto immobile nei secoli: «E’ sempre cambiato il clima – ha spiegato Mezzalama -, ma adesso sta avvenendo a una velocità straordinaria». Le conseguenze – sulle attività economiche e sociali, sulla regolamentazione della vita dei popoli, su imponenti migrazioni di massa, ricchezza e povertà, salute e pandemie – non sono più ipotesi immaginate in proiezioni teoriche, ma eventi documentati dalla cronaca reale. I cambiamenti climatici significano scioglimento dei ghiacciai, prolungati periodi di siccità, innalzamento dei mari. «Ci sono città a rischio; non soltanto Venezia, ma anche altre – ha detto il professor Mezzalama -: ad esempio, l’aeroporto di Genova sta sul mare, un giorno potremmo trovare l’acqua sulla pista di decollo! Ma così anche a Cagliari, Oristano, Napoli, Pisa. Voi ragazzi, da adulti, potreste vedere il lago Trasimeno prosciugato». Mezzalama nel suo libro (e ne ha fatto sintesi all’incontro con gli studenti) espone la complessità di questi fenomeni e mette in guardia nei confronti di chi fornisce soluzioni semplicistiche per affrontarli. Servono conoscenza approfondita e rigore, senza procrastinare il tempo. Appunto: «Dobbiamo impegnarci qui e ora», per scongiurare danni irreversibili per i territori e le vite che li popolano.
Assunta Prato, scorrendo una suggestiva sequenza di immagini (frutto di un pregevole lavoro narrativo degli studenti di IVB del corso di Grafica e Comunicazione dell’Istituto Leardi), ha ripercorso le tappe di vita del «cittadino esemplare Paolo Ferraris» attraverso gli impegni e i progetti realizzati con convinzione ed efficacia nella sua carriera di politico e amministratore pubblico: la costruzione del nuovo acquedotto dopo l’inquinamento criminale del 1986 che mise la città di Casale in ginocchio, schiava di un’acqua avvelenata da fenoli e altre porcherie sversate nel terreno fino a intaccare le falde; il raddoppio del ponte sul Po per rendere più fluida la viabilità a uno dei tre principali ingressi alla città; la riapertura del Teatro Municipale dopo cinquant’anni di chiusura forzata. E, poi, emblematica e determinata la battaglia concreta contro l’amianto: «Paolo si ammalò di mesotelioma nel 1994 e morì nel 1996; quando, però, fece arrivare a Casale i primi tre miliardi di lire destinati alla bonifica non sapeva di essere ammalato – ha spiegato Assunta Prato -, lo sapevo io, ma lui ancora no». E tuttavia, pur ignaro di essere coinvolto personalmente, riteneva che «la bonifica fosse indispensabile. Aveva scritto al presidente della Regione, Gian Paolo Brizio, per sollecitare questo finanziamento fondamentale per Casale. E subito dopo inviò una lettera a Romana Blasotti Pavesi, indimenticabile e combattiva presidente dell’Afeva (Associazione famigliari e vittime dell’amianto, ndr) per metterla a parte della richiesta avanzata a Brizio».
Si batté anche per altre leggi regionali: una incentrata sulla salvaguardia delle zone collinari e un’altra sulla lotta alle zanzare, piaga che rende difficile e rischiosa la vivibilità degli abitanti e frena fortemente lo sviluppo turistico nei luoghi afflitti dalla diffusione eccessiva di questi insetti.
«Appassionato di sport – ha aggiunto Assunta Prato – Paolo si è anche occupato di varie strutture sportive in città e, in particolare, della realizzazione del palazzetto». L’inaugurazione fu forse l’ultimo evento pubblico cui presenziò, già gravemente provato dalla malattia. Fu corale, successivamente, la decisione di intitolarlo al suo nome. Palazzetto dello Sport Paolo Ferraris. Palaferraris. E non per retorica.
Celebre è una frase pronunciata dal presidente della Repubblica Sandro Pertini: «I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo». Appunto: il nome di Paolo Ferraris fu scelto come esempio di cittadino esemplare, interprete del «fare concretamente per il benessere collettivo». «Palaferraris», dunque, non è soltanto un’insegna. E’ un segno. Un’impronta. Una intitolazione di sostanza, che va trattata con rispetto, con riguardo e con pudore, non solamente per la memoria, ma vieppiù per l’utilità di proporre un esempio cui ispirarsi. Questo pudore, questa attenzione, questa consapevolezza dovrebbero costituire la misura dei valori di civiltà e di nobiltà d’animo su cui si fonda la capacità rappresentativa di un buon amministratore pubblico, attento a conservare con chiarezza il passato meritevole per essere egli stesso credibile nel futuro.
PROSSIMO INCONTRO SUL SUOLO
Il secondo incontro del ciclo «Connessioni prossime – Ore civiche» si svolge martedì 30 novembre, dalle 10 alle 12: in presenza, nell’aula magna dei Licei Balbo e ci si può anche collegare in streaming. Relatore è il professor Paolo Pileri, docente di pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano, membro di gruppi di ricerca nazionali e internazionali e consulente scientifico di istituzioni e fondazioni. E’ autore dei libri (pubblicati da Altreconomia) «Che cosa c’è sotto – Il suolo, i suoi segreti, le ragioni per difenderlo (2016) e «100 parole per salvare il suolo – Piccolo dizionario urbanistico italiano» (2018).
In gennaio, al terzo incontro parteciperà Marco Bentivogli, già segretario generale della Fim Cisl, attualmente componente della Commissione per una strategia nazionale sull’intelligenza artificiale e del Gruppo di lavoro sull’intelligenza artificiale alla Pontificia Accademia per la Vita; discuterà dei temi contenuti nel suo libro «Il lavoro che ci salverà» (Edizioni Sanpaolo).
Ho avuto la fortuna di conoscere Paolo sia come politico che come uomo. Da lui ho molto imparato come “politico – amministratore” e molto di più come persona unica nella gentilezza, capacità, e grande comunicatore. Riposa in Pace Paolo e nel vivo Ricordo di tutti noi. Ciao
Grazie Silvana, per le tue parole, ricche, come sempre, di profonda umanità. Hai saputo tratteggiare la figura di Paolo in modo commovente, non solo per me, ma credo anche per i tanti che l’hanno conosciuto e lo ricordano ancora con rimpianto, stima e affetto.
L’idea di organizzare questi incontri con le scuole è nata proprio nel desiderio di proporre ai ragazzi di oggi un esempio, uno stimolo ad uscire dal proprio individualismo per scoprire il piacere di progettare e costruire insieme agli altri.