SILVANA MOSSANO
E, così, è arrivato il giorno che rifiutavamo di aspettare, ma che ben sapevamo.
Elio Carmi è morto lunedì 8 gennaio 2024, nella sua casa di via Palestro. «’Sta bestia» – il mesotelioma -, come l’aveva ancora chiamata quando mi aveva telefonato alle 10 e mezza del mattino, l’ha ucciso. A dargli il colpo di grazia è stata l’influenza pesante che gli ha assottigliato il respiro fino a spegnerlo alla sera, alle 19,50.
Sapevamo che non poteva finire che così: quando ti diagnosticano il mesotelioma, sai e basta. Ma, come si fa con i peggiori nemici, non l’abbiamo contrastato di petto, non abbiamo aspettato che agisse, semplicemente l’abbiamo ignorato.
Sì, qualche volta Elio, pur nella sua sconfinata visione positiva e fiduciosa della vita, buttava lì la frase: «Non so se ci sarò ancora… sicuramente non ci sarò più…» e io replicavo: «Non siamo noi a decidere».
Dal Libro del profeta Isaia: «”I miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie”, dice il Signore»: non è forse scritto così nella (sua) Bibbia ebraica e nel (mio) Antico Testamento?
Ed Elio, abbozzando un sorriso, assecondava il mio dire: «Già, non siamo noi a decidere».
Ma sapevamo che quel giorno sarebbe arrivato. E, tuttavia, la consapevolezza non rende, ora, meno squassante l’annuncio e meno doloroso il distacco.
Elio io lo conoscevo da decenni, i nostri ruoli e le nostre professioni, pur diversissimi (io ho sempre disegnato malissimo!), si erano inevitabilmente incrociati, perché entrambi impegnati in un identico percorso: comunicare. In un modo o nell’altro, con strumenti espressivi differenti, camminavamo in questo solco comune.
Da questa comunanza è nato il libro «Fai che farlo». Il blocco di partenza era identico: ascoltare. Gli strumenti per arrivare al traguardo diversi: io ho usato le parole, lui le immagini.
Ci abbiamo lavorato quindici mesi e, in quel lasso di tempo, la stima e la conoscenza, che già ci univano, si sono consolidate in un profondo rapporto fraterno: solido, positivo, fiducioso.
Siamo partiti da una torta «panelatte», che io avevo preparato, in un afoso giorno di luglio quando Elio era venuto a parlarmi della sua idea – ancora vaga o, almeno, così la percepii io – e del suo desiderio – preciso e determinato – di lasciare un segno in un momento particolare dell’esistenza: voleva fare un bilancio alla soglia dei 70 anni (li avrebbe compiuti l’8 settembre 2022) e ne avvertiva l’urgenza (dopo la diagnosi di mesotelioma).
La panelatte è una torta semplice, fatta con pochissimi ingredienti basici, ma che, con creatività, può arricchirsi nelle maniere più fantasiose e originali. E non è forse sempre stata la creatività la musa ispiratrice di Elio?
Pane raffermo, latte, uovo e zucchero: si parte da lì e poi, via via, a seconda di quel che c’è in dispensa e dell’animo che ispira in quel momento, la torta si rinnova, mai uguale a sé stessa, pur non tradendo il nucleo fondativo. Presi gli ingredienti della vita di Elio e li mescolai. La panelatte divenne il nostro filo conduttore, una sorta di guida che, da un lato, ci imponeva di essere ligi alla verità senza ipocrisie e, dall’altro, ci consentiva di muoverci liberamente lungo il tragitto dell’esistenza che non è mai del tutto lineare, ma insegue tanti rigagnoli: talora solo attrattivi, tal altra molto arricchenti, tal altra ancora deludenti. Tutti utili.
Tra torte panelatte e altri dolcini siamo arrivati al 24 ottobre 2023 a presentare il libro rosa «Fai che farlo», con la foto di Elio in copertina che fa una linguaccia strepitosa (al destino avverso?). Prima che la folla riempisse i saloni dell’Accademia Filarmonica, Elio mi disse: «Hai visto che ce l’abbiamo fatta?».
Eh, io quando avevo cominciato quel lavoro, avevo una paura matta di non arrivare in tempo, proprio perché «non siamo noi a decidere quando». Mi impegnai senza soste a costruire la narrazione, smontando, riordinando e rimontando i pezzi dei racconti e dei ricordi. Un giorno, in una piccola stanza della comunità ebraica, incontrai Adriana, sorella di Elio, e con un nodo in gola le dissi: «Non voglio essere da sola a presentare questo libro!», lei mi restituì uno sguardo malinconico.
Elio, invece, mi quietava: «Stai tranquilla, non c’è fretta!». Aveva ragione lui. Ce l’abbiamo fatta.
Lunedì mattina, mi ha chiamato, poco prima delle 10 e mezza, aveva la voce stanca, affaticata. «Senti del male, Elio?», «No, male non ne ho; se dovessi dire che ho qualche dolore… no; ma mi manca il respiro, la saturazione è bassa, tengo l’ossigeno 24 ore su 24 ormai… e, poi, questa influenza, su una situazione già debilitata, mi ammazza…». Che dirgli? Si inganna un fratello con parole vacue? No. E lui: «Non so come si gestisce quest’ultima fase…». Cosciente, lucido, sempre presente a sé stesso.
Forse che era la prima volta che mi trovavo di fronte a tanto strazio consapevole e senza scorciatoie? Purtroppo, no.
Ma qualcosa bisogna fare. E, allora, ho tirato fuori il pane, e il latte, e l’uovo, e lo zucchero, e ci ho aggiunto la cannella, gli amaretti, la mela a pezzetti, il liquore Amaretto e l’ho messa in forno…. cuoci, cuoci, cuoci panelatte! L’ho consegnata a sua figlia Diletta su un vassoio dorato, e lei l’ha presa, e ha abbassato il viso di lato, e ha accennato un sorriso mesto. L’ultima panelatte per Elio.
E’ spirato una manciata di ore più tardi: nel mese 1 dell’anno (gennaio) e nella data 8. Accipicchia: 1 e 8. Tolgo la congiunzione «e»: 18. Com’è strano il destino!
Eccolo lì, l’altro leit motiv di «Fai che farlo»: il numero 18!
Abbiamo suddiviso il libro in 18 conversazioni, approfondendo 18 filoni di riflessione attinenti la vita dell’eclettico Elio: ebreo e ora presidente della Comunità ebraica casalese, marito innamorato di Laura, padre di Daria, Daniele e Diletta, nonno di Edna e Leone (presentati al tempio a fine novembre con parole meravigliose e struggenti), fratello di Bruno e di Adriana, comunicatore con il suo socio storico Sandro Ubertis (Carmi & Ubertis), designer, creativo, insegnante, amministratore pubblico. E avevamo pure provato a impastare 18 ingredienti per fare una panelatte inedita.
Ma perché proprio 18? Perché 18, in ebraico, significa vita. Ci abbiamo giocato con quel numero prezioso.
Eppure quell’1 (di gennaio) e quell’8 (della data) che, affiancati diventano 18, oggi raccontano altro: raccontano distacco, dolore, tristezza, morte.
Forse ci siamo lasciati prendere la mano? Forse ci siamo illusi? Forse ci siamo sbagliati?
E’ sera nella casa di via Palestro. Quel che doveva avvenire è avvenuto. Mentre Elio, viene avvolto in un lenzuolo, il sudario con cui sarà sepolto nella terra del cimitero ebraico, in una stanza attigua il piccolo Leone, nato il 17 novembre scorso, “ruggisce” in braccio alla mamma, inquieto per il lungo viaggio intrapreso in fretta da Roma per arrivare a Casale il più presto possibile. E, sul divano, Edna, nata il 31 ottobre, pacifica e imperturbabile succhia il seno materno.
No, Elio, non abbiamo sbagliato con il numero 18: comunque sia, l’ultima parola la dice la Vita.
Elio Carmi sarà sepolto nel Cimitero ebraico di Casale Monferrato, in via Cardinal Massaia, mercoledì 10 gennaio alle ore 11. Con affetto profondo, condoglianze alla moglie Laura, ai figli Daniele, Daria con Marco e il piccolo Leone, Diletta con James e la piccola Edna, ai fratelli Bruno e Adriana, ai cognati.
«Fai che farlo»: Elio Carmi racconta la sua vita. Io sono stata la penna Bic
Vorrei scrivere cara Silvana che il tuo scritto è bellissimo, e tanto altro, ma le lacrime me lo impediscono
Vorrei scrivere cara Silvana che il tuo scritto è bellissimo, e tanto altro, ma le lacrime me lo impediscono
Mi dispiace tanto. L’ho sempre stimato. Era una bella persona. Il destino gli ha almeno dato la gioia di essere nonno, in tempoNon potrà essere dimenticato.
Grazie Silvana, anche queste mie lacrime si assommano alle tante altre versate per parenti e amici con lo stesso triste destino. La tua torta pane latte e le tue parole mi smuovono sempre profondi sentimenti di tristezza, bellezza e speranza. Riposa in Pace caro Elio e raggiungi chi ti ha preceduto portando loro un mio abbraccio
Le tue parole come sempre forti ed incisive , mi hanno commossa profondamente . Insieme piangiamo il grande Elio e auguriamogli un grande viaggio eterno
Ho dovuto suddividere la lettura in due parti. In una sola non ce l’avrei fatta. Ognuno ha le sue debolezze e ,quando la vita ti tocca così tanto, a volte bisogna lasciare il posto anche alle lacrime. Grazie, Silvana per questo bel ricordo che si accompagna a tutti quelli che abbiamo nella mente e nel cuore.
Grazie Silvana di questo tuo racconto. Farò anch’io un panelatte, prima o poi.
Elio era, è, una figura iconica della comunità ebraica di casale. A tratti un folle, un visionario, un’anima in grado di comprendere, e ascoltare anche chi aveva pensieri lontani dai suoi. A lui, ed alla famiglia, dedico, un’immagine della chanukka che costruì mio padre ( la più grande d’Europa fino a che sappia io ) e che ogni anno con amore, fino alla morte di mio papà, andavamo a montare in piazza San Babila prima, e piazza San Carlo dopo, a Milano.
Parole che con grande maestria sanno dipingere una bella persona
Ogni tanto ci si incontrava in centro. Sempre sorridente, cordiale con un entusiasmo a me sconosciuto. Era sempre lui che mi salutava per primo, io avendo problemi di vista mi rendevo conto sempre dopo.
L’ultima volta l’ho salutato in Sinagoga in occasione della presentazione del suo libro.
Mi mancherà come a tutti coloro che lo hanno conosciuto e frequentato.
Un abbraccio affettuoso e condoglianze alla moglie Laura, Daniele, alla carissima Daria che conosco da molto tempo soprattutto dopo aver retto l’assessorato alla Cultura, a Diletta e familiari tutti.
Ciao Elio
Bellissimo il tuo ricordo di una grande persona che ci ha lasciato ! Non ci sono parole in questi momenti se non essere vicini alla famiglia e pregare per Lui. Paolo
Elio ed io eravamo vicini di casa, lo siamo stati per 25 anni, quando per ragioni di salute di mio fratello Andrea avevamo lasciato la cascina di mio padre per una soluzione più comoda. Per tanti anni ci siamo salutati rientrando o uscendo dalle rispettive abitazioni. A volte anche solo con un sorriso a volte con brevi scambi di opinioni : le sue considerazioni mai banali. Ho letto il manifesto rientrando a casa e mi ha preso un groppo alla gola… ho letto che “la terra ti sia lieve” … davvero … caro Elio
Belli i ricordi toccante il commento degni di una persona speciale che continua a vivere nel cuore di parenti e amici.