Herr Stephan Schmidheiny, guten Tag.
Signor Stephan Schmidheiny, buongiorno.
Faccio ricorso a quel poco di reminiscenza scolastica rivolgendomi a Lei nella Sua lingua madre perché le parole sono, o possono essere, il primo approccio distensivo, la prima espressione di volontà a incontrarsi. Io credo nella loro efficacia come formidabile strumento dialogico.
Ed è per proporLe un dialogo che Le scrivo questa lettera aperta, Herr Schmidheiny. Anzi, per offrirLe l’opportunità di un dialogo.
Non riesco a spingere molto più in là i miei ricordi di studio del tedesco, ma il senso di questo pur sintetico esordio linguistico si materializza nella mia mano tesa. Umida di pianto, ma vuota di rancore. Non ho mai consentito che germogliasse neppure dalle radici profonde del dolore.
Sono una casalese. Sono una vedova dell’amianto. Sono una giornalista. Sono un catino pieno di lacrime per le tante, tantissime persone che sono state segnate e che sono tutt’ora afflitte da quel male mostruoso che la scienza ha appurato essere generato dalla fibra di amianto. Qualcuno, questo male da cui fu agguantato – e che affrontò con angoscia, rassegnazione e tuttavia con grande dignità – lo definì una sorta di «stella di David della casalesità».
Quanto si è detto, quanto si è scritto, quanto si è dibattuto in questi decenni!
In convegni e processi, sono maturate nuove conoscenze, si sono modificati, affinati, evoluti, rivisti ragionamenti giurisprudenziali e scientifici, questioni di diritto e di principio.
Si sono migliorate e perfezionate le pratiche preventive e le tecniche di bonifica.
Sono avanzati i passi della ricerca medica per debellare quel male spaventoso – «democratico» quanto ingiusto, subdolo e perfido – che, in alcuni dei miei molteplici articoli e riflessioni, ho definito figliastro malvagio dell’amianto. Il mesotelioma, appunto.
Sono passati quindici anni da quando è iniziato quello che è stato definito il Maxiprocesso Eternit 1, per disastro doloso, che l’ha vista imputato, Herr Schmidheiny, e che era stato segnato da una severa sentenza di condanna, confermata in Appello e infine spazzata via dalla prescrizione. E poi ne è cominciato un altro per gli omicidi di centinaia di persone, questo battezzato Eternit Bis, che si è concluso, in primo grado, a giugno dello scorso anno 2023, con la Sua condanna. Ora ci sarà l’appello, poi un’altra Cassazione.
Intanto, però, altre vittime si sono aggiunte a quel lungo elenco del capo di imputazione. E, quindi, potrebbe esserci un Eternit ter, e quater. Nel frattempo, altri si ammalano, e soffrono, e muoiono, E tutti, ma proprio tutti noi, sa?, viviamo con la paura di una tossetta insidiosa o di un banale quanto nefasto mal di schiena o di una subdola spossatezza.
E, alla fine, chi vince? Sento l’orrore di questa domanda. Perché l’unica risposta – per me, per la mia gente, per la gente di tutto il mondo che si ammala di mesotelioma, ma anche per Lei, sì, anche per Lei – è questa: si vincerà soltanto quando si guarirà.
Questa patologia, diciamocelo senza edulcorazioni, è una carogna. E’ schifosa. E’ perversa. E’ infida. E’ difficile. E’ cattiva. Sì, cat-ti-va. Ci tiene tutti sulla corda, può insidiare chiunque. Anche Lei, come ben sa. Ricordo di aver letto che la Sua esperienza giovanile in uno stabilimento amiantifero del Brasile non le fa fare sonni del tutto tranquilli, non si può sentire al sicuro. La fibra generatrice del male è silente e paziente: sta lì dentro di noi, si rilassa, dorme e cova, anche cinquant’anni e più, finché un giorno, gagliarda e malefica, si mette a ballare. E a quel punto è fatta. Non smette più di danzare, ebbra di perfidia, fino alla fine.
Dobbiamo fermarla, Herr Schmidheiny. Dobbiamo rendere innocuo il suo scellerato figliastro.
Bisogna trovare il modo. E, fino a ora, non lo abbiamo trovato. Anche se in molti – scienziati, ricercatori, medici – ci hanno provato e continuano instancabilmente a provarci, per tentativi, per intuizioni. Ognuno fa una piccola, preziosa e coscienziosa parte sperando che, un giorno, i pezzetti si incastrino.
Ma i giorni passano e altri si ammalano, soffrono, muoiono. Sa che cosa significa, Herr Schmidheiny? Che, mentre sono impegnati in un meraviglioso progetto di vita, di lavoro, di amore per la loro famiglia e i loro amici, di viaggi, di scoperte, di albe e tramonti mozzafiato, di chiostre innevate e di mareggiate stupefacenti vengono randellati di brutto. Un colpo secco.
E’ un colpo secco la diagnosi, sa, Herr Schmidheiny? Trafigge come un fulmine e un tuono. Stordisce a tal punto che tutto quel progetto fa una repentina capovolta ed è costretto, in un nanosecondo, a riposizionarsi, a ricollocare il respiro corto e a concentrarsi in uno spazio vitale più ridotto, più piccolo, a volte brevissimo. Quanto misura lo spazio ridotto, piccolo, brevissimo se, nell’orizzonte già ammaccato, intravedi, inequivocabile, il tuo punto di arrivo? Appallottoli vecchi documenti che fino a un attimo prima erano importanti e, di colpo, non servono più. Sistemi le cose, si dice così… destini la tua attività e i beni che hai accumulato con fatica e orgoglio, dettagli il testamento. Cominci a salutare le persone che ami, gli amici, i luoghi… le cose un po’ meno perché si svuotano di senso, fai qualche raccomandazione, ti aggrappi ai ricordi belli che, per fortuna, sono robusti e ti consolano. Un poco, forse.
E noi, adesso, Herr Schmidheiny, che cosa facciamo? Continuiamo a rincorrerci da un processo all’altro?
Io ammiro e sono molto grata agli uomini e alle donne di legge che hanno cercato e cercano, attraverso lo strumento nobile della Giustizia, di approfondire, capire e portare alla luce come questo dramma sia potuto accadere, con uno strascico di cui non riusciamo a intravedere la fine. Li ammiro, sì, perché ci hanno costretto – a partire dalla fiera e coraggiosa comunità cui appartengo – a ribellarci al male senza rassegnarci.
Documenti, testimonianze, ricostruzioni, storie e destini hanno messo alla prova la nostra dignità, la nostra resilienza: quella che, come ricorda il filosofo Umberto Galimberti, una volta si chiamava forza d’animo e alloggia metaforicamente nel cuore, eccellente forziere dei nostri sentimenti. Li ammiro, gli uomini e le donne di legge, perché, in un confronto serrato su trincee opposte, talora doloroso e difficilissimo, chiamando a sostegno anche i portavoce della Scienza più autorevole e onesta, hanno estratto dall’oblio questa tragedia che, altrimenti, sarebbe stata anche aggravata e umiliata da un analfabeta abbandono.
Ma adesso la domanda è: fino a quando si snoderà lo strascico di questo dramma?
Guardiamo le cose realisticamente. Lei, in questo momento, ha una condanna che le pende in capo. Siamo qui in attesa del processo d’appello, ma potrebbero esserci altri processi. E quindi? Oh, Lei sarà ben difeso dai Suoi avvocati e consulenti (li ho conosciuti e li ho ascoltati: sono valenti e preparati), ma il Suo nome – e Lei lo sa – comunque sia resterà legato a queste morti ingiuste.
Il Suo nome resterà legato in modo disonorevole alle parole amianto, mesotelioma.
Se la sente di portare questo peso fino alla fine dei Suoi giorni? Anzi, di più: se la sente di trasmettere questo fardello ai Suoi eredi?
Eppure un’alternativa c’è. Si chiama giustizia riparativa.
Questo è il mio personale appello. Mi ascolti, per favore.
E’ sempre esistita, in verità, la possibilità di uscire dalla propria roccaforte difensiva e proporre – con umiltà, intelligenza e coraggio – una soluzione riparatrice. Non era necessario sancirla per legge. Ma, ora, in più, questa possibilità viene formalmente introdotta come disciplina organica: prevede che le parti – in questo caso, i Suoi interlocutori sono coloro che rappresentano la collettività di vittime – si incontrino e, con l’aiuto di un mediatore, provino a perseguire una pacificazione sostanziale e terapeutica.
La giustizia riparativa è una sfida che parte da una domanda semplice e chiara: che cosa si può fare per riparare il danno prodotto?
Ora, Lei, signor Schmidheiny, potrà continuare legittimamente, nelle aule di tribunale, a difendersi (o dando mandato a difenderLa) negando di aver voluto uccidere così tante persone. E nei tribunali – perché quella è la sede dove potrà difendersi -, ognuna delle parti insisterà sui propri convincimenti e i giudici alla fine decideranno. Una volta, due volte, tre volte…
Quante volte? Cento? Mille?
Ma anche riuscendo a scavalcare sentenze, condanne, assoluzioni e salvifiche prescrizioni, non riuscirà a negare una realtà inoppugnabile: l’amianto causa il mesotelioma; Lei signor Schmidheiny, e la Sua stirpe, ha lavorato l’amianto nelle Sue aziende, in Italia e altrove. Quindi quell’amianto ha causato vittime, ha ucciso. Non è un giudizio: è un fatto storico.
Non vuole invertire questa rotta? Esca dal fortino in cui ha provato a mettersi al riparo e accetti la sfida che va oltre la dazione di una manciata di milioni di euro. La sfida è progettare azioni positive e condivise, etiche e realisticamente concrete per guarire, per salvare. Che cosa c’è di più concreto che trovare una cura? «La» cura?
Lo abbiamo visto tutti, nel caso del covid, che, investendo e concentrando nella ricerca più risorse, il risultato è arrivato con tempestività. E si sono salvate delle vite, capisce signor Schmidheiny? Migliaia di vite, di ogni età: la Sua, la mia, quella dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Perché non provare anche con questa piaga che è il mesotelioma? Non si muore di mesotelioma soltanto a Casale Monferrato, ma in tutto il mondo. Lei, certo, non è responsabile di tutte le morti da amianto del mondo, ma può essere responsabile della loro sopravvivenza e della loro guarigione.
Lei obietterà: “Ma io che cosa ci guadagno ad accettare questa sfida se, comunque, i processi contro di me proseguono?”.
Ci guadagna sé stesso, signor Schmidheiny, Le sembra poca cosa? Ci guadagna la sua coscienza, il Suo nome e quello dei Suoi discendenti, la Sua immagine rigenerata a cui Lei tiene, ci guadagna la Sua dignità.
Sono convinta che, nell’età della maturità, quando le forze fisiche tendono a rarefarsi, aumenta esponenzialmente la capacità di sondare la propria coscienza in modo più ampio e più profondo, si acquisisce una visione nuova delle priorità.
Un impegno d’onore, Herr Schmidheiny: assuma un impegno d’onore con sé stesso e con una collettività ferita che vuole guarire.
E’ questo il momento: assuma in prima persona la gestione imprenditoriale (attraverso una casa farmaceutica) ed etica di incentivare la ricerca fino a raggiungere l’obbiettivo condiviso: trovare la «medicina» giusta. Guidi Lei, da imprenditore, questa attività.
Prendo a prestito la citazione di un “gigante” della Storia: «La ricompensa per la pace è la pace stessa» diceva il Mahatma Gandhi. Mi permetto di estenderla: la ricompensa per la pacificazione è la pacificazione stessa.
Serve il coraggio per raccogliere la sfida. Adesso, non oltre. Faccia da apripista, e altri, in tutto il mondo e in altri settori, la seguiranno. Un giorno potrebbe essere ricordato per questo.
Le rinnovo il mio appello nella «Giornata delle vittime dell’amianto» perché così la voce Le arriva più forte.
La mia voce insieme ad altre voci gireranno in ogni angolo della Terra.
Ma, dovessi anche restare sola, continuerò a insistere, non ingenua, ma tenace e fiduciosa, senza lasciare nulla di intentato.
Ci pensi ora, lo faccia adesso.
Auf wiedersehen, Herr Schmidheiny. Arrivederci.
Silvana Mossano
Translation by Vicky Franzinetti
Herr Stephan Schmidheiny, guten Tag.
Herr Stephan Schmidheiny, good morning.
I am using what little knowledge I retain from my schooldays and address you in your mother tongue because words are, or can be, a first approach, expression of being willing to meet. I believe in the power of words as a powerful tool for dialogue.
I am writing you this open letter, Herr Schmidheiny because I hope we can start a dialogue. Indeed, to offer you the opportunity for dialogue.
The German I learnt at school goes no further, but the meaning of my short opening in your language corresponds to my outstretched hand. I am crying, but with no resentment. I have never allowed it to grow even from my deepest grief.
I am from Casale Monferrato. I am an asbestos widow. I am a journalist. I am full of tears for the many, many people who have been scarred and who are still afflicted by that terrible disease that science says asbestos fibres cause. Someone, called this illness that afflicted him and which he faced with anguish, resignation and yet with great dignity – as a sort of ‘Casale’s Star of David ‘.
Much has been said, much has been written, much has been debated over time, along the decades!
Knowledge has evolved in conferences and trials, legal and scientific reasoning has been modified, refined, evolved, and questions of law and principle have been reviewed.
Prevention and decontamination have improved and have been perfected.
The steps of medical research have advanced to eliminate this dreadful evil – as ‘democratic’ as it is unjust, devious, and harmful- which, in some of my many articles and reflections, I have called the evil stepchild of asbestos. That is Mesothelioma.
Fifteen years have passed since the beginning of the Eternit 1 Maxi-trial, for wilful disaster, which saw Herr Schmidheiny as the defendant, and which ended with a long sentence, confirmed on Appeal, and then swept away by the Court of Cassation on a technicality (the statute of limitations). Then another trail was held for the murder of hundreds of people, this one known as Eternit Bis, in June of 2023, ended with a guilty verdict. Now there will be an appeal, then another Cassation.
In the meantime, however, other victims have been added to that long list. This means there could be an Eternit ter, and quater. In the meantime, others fall ill, and suffer, and die, and all of us, really all of us, you know, live with the fear when affected by an insidious cough or a trivial backache or a sneaky exhaustion.
And, in the end, who wins? I am horrified of the question. Because the only answer – for me, for my people, for people all over the world who suffer from mesothelioma, but also for you, yes, for you too – is this: you will only win if you are healthy.
This disease, let’s face it without sugarcoating it, is rotten. It is disgusting. It is perverse. It is treacherous. It is difficult. It is bad. Yes, b-a-d. It keeps us all on edge Even you, as you well know. I remember reading that your youthful experience in an asbestos plant in Brazil means you too do not sleep soundly; you cannot feel safe. The evil-generating fibre is silent and patient: it lies there inside us, it relaxes, sleeps and broods, even for fifty years and more, until one day, it starts to dance. And will never stop dancing, drunk with evil, until the end.
We must stop it, Herr Schmidheiny. We must make your wicked stepson harmless.
We must find a way. And, so far, we have not found it. Even though many – scientists, researchers, doctors – have tried and continue tirelessly to try, by trial and error, by intuition. Everyone does a small, precious, and conscientious part, hoping that one day, the little pieces will fit together.
But days go by, and other people develop the disease, suffer, die. Do you know what that means, Herr Schmidheiny? That, while they are engaged in a wonderful project of life, of work, of love for their family and friends, of travel, of discoveries, of breathtaking sunrises and sunsets, of snow-capped cloisters and amazing swells they get bludgeoned to death. A sharp blow.
It’s a knockout, Herr Schmidheiny. It pierces like lightning and thunder. It stuns to such a degree that the whole project suddenly flips and is forced, to reposition itself, to relocate its shortness of breath and to concentrate in a smaller, smaller, sometimes very short living space. How big is the reduced, smaller, very short space when you see your point of arrival? You destroy papers that were important a moment ago and, suddenly, you no longer need them. You sort things out, that’s what they say… you leave your business and the assets you accumulated with work and pride, you detail your will. You begin to say goodbye to the people you love, friends, places… things a little less because they become meaningless, you make a few recommendations, you cling to good memories that, fortunately, are robust and console. A little, perhaps.
Now, Herr Schmidheiny, what do we do? Do we keep chasing from one trial to the next?
I admire and am very grateful to the men and women of the law who have tried and are trying, through the noble instrument of justice, to investigate, understand and bring to light how this tragedy could have happened, with a trail whose end we cannot see. I admire them, yes, because they forced us – starting with the proud and courageous community to which I belong – to rebel against evil without resigning ourselves.
Documents, testimonies, reconstructions, stories, and fates that have tested our dignity, our resilience: that which, as the philosopher Umberto Galimberti reminds us, was once called fortitude and metaphorically lodges in the heart, the excellent treasure chest of our feelings. I admire them, the men and women of law, because, in a tight confrontation on opposing sides, calling out in support: I admire the most authoritative and honest scientists, who shed light on this tragedy which, otherwise, would have been even aggravated and humiliated by neglect.
But now the question is: how long will the aftermath of this drama unfold?
Let us look at things realistically. You, right now, have a sentence hanging over your head. We are here awaiting the appeal process, but there could be other trials. So what? Oh, you will be well defended by your lawyers and advisors (I have met them and listened to them: they are good and knowledgeable), but your name – and you know it – will remain tied to these untimely, unfair deaths.
Your name will remain dishonourably linked to the word of asbestos, mesothelioma.
Can you bear this burden until the end of your days? Better still, can you bear to pass this burden on to your heirs?
Yet there is an alternative. It is called restorative justice.
This is my personal appeal. Hear me out, please.
There has always been the possibility of coming out of one’s defensive stronghold and proposing – with humility, intelligence, and courage – a restorative solution. It was not necessary to enshrine it in law. Now, in addition, this possibility is formally introduced as an organic discipline: it provides for the parties – in this case, your interlocutors are those representing the victim community – to meet and, with the help of a mediator, try and pursue a substantive and therapeutic peace.
Restorative justice is a challenge that starts with a simple and clear question: what can be done to repair the harm done?
Mr. Schmidheiny, you can legitimately continue to defend yourself in the courtrooms through the people who defend by denying that you wanted to kill so many people. And in the courts – because that is where you will be able to defend yourself – each side will insist on its convictions and the judges will eventually decide. Once, twice, three times…
How many times? A hundred? A thousand?
But even if you manage to override judgments, convictions, acquittals, and statutes of limitations you will not succeed in denying facts: asbestos causes mesothelioma; you, Mr Schmidheiny, and your lineage, worked with asbestos in your companies, in Italy and elsewhere. So that asbestos has caused victims, has killed. This is not a judgement: it is a historical fact.
Don’t you want to reverse this course? Come out of the fortress in which you have tried to shelter and accept the challenge that goes beyond giving a handful of millions of euros. The challenge is to design positive and shared, ethical, and realistically concrete actions to heal, to save. What could be more concrete than finding a cure? ‘The’ cure?
We have all seen, in the case of covid, that by investing and concentrating more resources in research, the result arrived promptly. Lives were saved, Mr Schmidheiny? Thousands of lives, of all ages: yours, mine, those of our children and grandchildren.
Why not also try this scourge that is mesothelioma? People do not die of mesothelioma just in Casale Monferrato, but all over the world. You are certainly not responsible for all the asbestos deaths in the world, but you can be responsible for their survival and recovery.
You will object: ‘But what do I gain by accepting this challenge if, in any case, the trials against me continue?’
What do you gain for yourself, Mr Schmidheiny? You gain your conscience, your name and that of your descendants, your image that you care about, you gain in dignity.
I am convinced that in late life, when our physical strength wanes, the ability to probe one’s consciousness more broadly and more deeply increases, you redefine priorities.
A commitment of honour, Herr Schmidheiny: make a commitment of honour with a wounded community that wants to heal.
Now is the time: promote research (through a pharmaceutical company) and ethical management until the shared goal is achieved: finding the right ‘medicine’. You, as an entrepreneur, lead this activity.
I borrow a quote from a ‘giant’ of history: Peace is its own reward said Mahatma Gandhi. Let me extend it: peace making is its own reward.
It takes courage to take up the challenge. Now, not later. Lead the way, and others around the world and in other areas will follow. One day you may be remembered for this.
I renew my appeal to you on ‘Asbestos Victims’ Day’ because then your voice will reach you louder.
My voice along with other voices will travel to every corner of the earth.
Even if I were left alone, I will continue to insist, not naive, but tenacious and confident, leaving no stone unturned.
Think about it now, do it now.
Auf wiedersehen, Herr Schmidheiny. Goodbye.
Silvana Mossano
Interventi collegati alla celebrazione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto che ricorre il 28 aprile pubblicati su questo blog (www.silmos.it) nelle date tra parentesi.
1 – Tesi di laurea sui processi Eternit (venerdì 26 aprile 2024)
2 – Sondaggio tra gli studenti casalesi sui cambiamenti climatici ( sabato 27.4.2024)
3 – Lettera aperta a Stephan Schmidheiny (oggi, domenica 28.4.2024)
4 – Consegna Premio Vivaio Eternot con nomi e foto dei premiati (martedì 30.4.2024)
GIORNATA MONDIALE DELLE VITTIME DELL’AMIANTO – EVENTI A CASALE PROMOSSI DALL’ASSOCAIZIONE AFEVA (FAMIGLIARI E VITTIME AMIANTO)
Domenica 28 aprile – ore 11,30 – Parco Eternot
Deposizione corona e fiori ai piedi della Targa del Parco Eternot. Per iniziativa dell’Afeva e dell’amministrazione comunale di Casale, incontro con i cittadini
Lunedì 29 Aprile, dalle 9 e 30 alle 13, al Mercato Pavia
«Vita a Impatto Zero», performance e laboratori tematici a cura della Scuola primaria XXV Aprile e del Liceo delle Scienze Umane dell’Istituto Balbo Lanza
Lunedì 29 Aprile, alle ore 18, Circolo Ronzonese (via XX Settembre)
«Morti In Progress»: spettacolo di teatro, canzone e narrazione a cura di Luca Maciacchini
Martedì 30 Aprile, alle 9 e 30, nella Sala Consigliare del Comune di Casale
Proclamazione dei vincitori del Premio Vivaio Eternot 2024.
Fino al 30 aprile sarà fruibile sul sito web del Comune di Casale il podcast degli studenti Luca Cattaneo, Alessandro Ferrero, Gabriele Massaro, Diego Reale e Alessandro Vattiata della 5BI dell’Istituto Volta di Alessandria, vincitori della 43a edizione del concorso “Progetto di storia contemporanea”, bandito dal Consiglio Regionale del Piemonte. Il podcast è intitolato «Eternit. Un abbraccio mortale»
Hai superato te stessa. Sei unica in queste cose.
Non mi resta che asciugare le lacrime.
Ciao Silvana e grazie per quello che hai fatto e farai.
Grazie per il coraggioso senso di remissione…io non ci riesco…quando penso a questo orribile cognome non solo mi gira in testa il dramna casalese…ma anche il terribile sostegno che fecero al nazismo ….grazie anche per ciò che io non riesco a fare..
Un abbraccio, con tanto, tanto affetto
Spero che questo appello così chiaro ed efficace possa dare i suoi frutti. Grazie e un forte abbraccio .
Veramente molto bello questo tuo appello Silvsna! Speriamo che i profondi contenuti di civiltà e di umanità possano trovare spazio nella coscienza di Smidhainy e comunque trovino una buona ed efficace diffusione.
Grazie, buon 28 Aprile!
Straordinaria Silvana, grazie, grazie, grazie
Grazie Silvana. Indichi a Stephan Schmideiny una possibilità di riparazione, che riparazione è ora solo per lui, ma speriamo possa essere di aiuto agli ammalati di oggi e del futuro. Ora gli ammalati muoiono più e più volte con ognuno di loro che non ce la fa. Si conoscono, si incontrano, si scambiano i loro pensieri, le loro storie, le loro spera nze e le loro sofferenze, nei luoghi delle cure. Cure che sanno e vedono non risolutive. E poi piano piano si perdono. E anche noi li abbiamo persi così!!!!
Brava Silvana per l appello rivolto al magnate svizzero per riparare almeno con fondi stanziati per la ricerca di una cura al mesotelioma ai tanti dolori e morti causati dall amianto.. Aggiungerei che basterebbe stanziare l’ 1% dei soldi stanziati per le spese militari mondiali (2.300 miliardi di euro nel 2023!) per trovare cure, vaccini e rimedi per questa e tante altre malattie… 23 miliardi all anno per trovare le cure!
Brava Silvana per l appello rivolto al magnate svizzero per riparare almeno con fondi stanziati per la ricerca di una cura al mesotelioma ai tanti dolori e morti causati dall amianto.. Aggiungerei che basterebbe stanziare l’ 1% dei soldi stanziati per le spese militari mondiali (2.300 miliardi di euro nel 2023!) per trovare cure, vaccini e rimedi per questa e tante altre malattie… 23 miliardi all anno per trovare le cure! Purtoppo gli interessi di chi ci governa non sono rivolti a trovare queste soluzioni…
P. S. L’Italia nel 2023 ha stanziato circa 30 miliardi di euro per le spese militari..
Silvana sei GRANDE.
Questa tua lettera,come tutti i tuoi scritti, mi fanno sempre pensare ,riflettere ed emozionare e ,ancora più, ci insegni a cerare anche nel buio le cose positive .
GRAZIE .
Bellissima e commovente! Grazie Silvana sei bravissima!
Complimenti Silvana per ciò che hai scritto. Sarebbe davvero saggio se costui potesse almeno contribuire facendo del bene da ora in poi visto che fino ad oggi ha solo fatto danni mortali
È una lettera molto bella pacata giusta sentita , ogni parola ha peso e giustizia
Silvana arrivi sempre al cuore e spero che giunga a colui , a coloro ,che hanno causato tanto dolore e morte. Ti abbraccio nel condividere ogni tua parola e ogni tuo pensiero . Grazie
Brava Silvana, il tuo è un pensiero alto e straordinario che meglio non poteva essere detto.
Silvana come sempre riesci a toccare il cuore delle persone, speriamo anche quello del signor Schmidheiny. Speriamo capisca che come dici tu è l’unica cosa che può salvare la sua coscienza. Brava come sempre
Sembra impossibile che le tue parole non possano arrivare al cuore di colui che ha causato tanto dolore. Ma c’è da dubitare che un cuore ce l’abbia. Si può sempre sperare in un miracolo. Sulla via di Damasco…
In questa lettera c’è Marco, c’è Elio, ci sono io… ci sono una fila infinita di persone che condividono i tuoi pensieri e il tuo dolore. Grazie che aiuti tutti a NON DIMENTICARE. Grazie che lo fai con passione, sentimento, dolore ma anche speranza! ❤️
BRAVISSIMA!!!
Grazie
Un abbraccio