RECENSIONE DEL SABATO di
SERGIO SALVI
«La Bibbia ha (quasi) sempre ragione», autore Gioele Dix, pubblicato nel 2003 da Mondadori, nuova edizione, ampliata, Claudiana-Torino, 2018 pp. 194.
In una frase: straordinario, esilarante, illuminante, coinvolgente. Una bellissima sorpresa.
Quest’estate, quasi per caso, mi è capitato tra le mani questo libro di Gioele Dix, persona che mi era nota per la sua attività di comico (l’automobilista sempre inc….zzzzato). La satira fine a sé stessa non mi attira, perché spesso la ricerca della battuta ad effetto fa scivolare nella banalità, nel cattivo gusto, e non solo quando si “satireggia” su persone o temi religiosi; quindi, maneggiavo il volume con cauta diffidenza.
Mi colpì il pensiero riportato nell’ultima pagina di copertina, ripreso dalla postfazione dell’autore: «Per chiunque –presto o tardi – Dio è il problema. Per quel che mi riguarda considero il problema parzialmente irrisolto. E’ come un cantiere aperto, i lavori sono ancora in corso e la data di consegna continua a slittare. Non ho dubbi sull’esistenza di Dio, ma cerco Sue tracce più chiare nella mia, di esistenza. Vorrei avvicinarmi e, di quando in quando, ci provo. La soluzione è incerta, ma il metodo sembra sicuro: inutile attendersi che Dio si occupi personalmente di ognuno, perciò è giusto metterci noi in contatto per primi».
La cosa mi incuriosì, e acquistai il volumetto: all’inizio della prefazione alla prima edizione si legge: «Non ho scritto questo libro per prendere in giro la Bibbia. Non sono un barzellettiere, purtroppo (o per fortuna). Comunque, nel caso, avrei fatto un torto grave, prima di tutto a me stesso. Porto rispetto al Libro dei Libri e alla Fede che a esso di ispira. Non potrebbe essere altrimenti: sono stato educato al timore di Dio. Un conto però è appiattirsi in un cieco e sordo ossequio alle sacre parole. Altro conto è invece dar voce e corpo ai dubbi, ai pensieri e alle suggestioni che da esse zampillano come getti da una fontana». (p. 11).
«La Bibbia contiene di tutto: dalla spirituale astrazione all’estrema minuzia. Vi si parla d’amore, di viaggi, di regole e riti. Contiene aridi elenchi di nomi e scintille che accendono l’anima. Arguzie sottili e cieca violenza. Fatti qualsiasi ed eventi epocali. Leggendola si riflette sul pane e sul dolore. E’ un’opera elementare e complessa, rivolta ai cuori semplici e alle menti elevate, ricca di Storia e di storie». (pp 11-12).
Dallo sterminato materiale delle Sacre Scritture l’autore si sofferma su cinque “quadri” della Genesi (il primo dei libri della Bibbia): la creazione, il giardino dell’Eden, il patto di Dio con Abramo, la benedizione della primogenitura ottenuta da Giacobbe ingannando il padre Isacco, ai danni del fratello Esaù, e il difficile amore fra Giacobbe e Rachele (una punizione per la truffa nei confronti di Isacco e Esaù?). Vi sono poi due capitoli dedicati a due dei profeti cosiddetti “minori”, Giona e Gioele.
«Questo libro – scrive l’autore – è una specie di taccuino di viaggio alla ricerca di qualche risposta. L’atteggiamento è affettuoso, ma contradditorio. Lucido per quanto possibile, ma ludico. Spesso – lo ammetto – mi scappa da ridere. Ma è a fin di bene: l’ironia difende e rigenera. … Mi piace parecchio, la Bibbia. Ed è per questo che dico: ha quasi sempre ragione. Se pensassi che ha sempre ragione, probabilmente non mi piacerebbe più così tanto». (p. 12).
Anche al lettore spesso capiterà di sorridere e ridere di gusto leggendo questo libro, a cominciare dal primo capitolo “La creazione: sempre meglio che lavorare” (p. 13). Gioele Dix, dopo la citazione biblica “Dio creò il mondo in sei giorni”, si domanda: «Non capisco perché il Padreterno abbia impiegato quasi una settimana per un’impresa, sulla carta, assolutamente ridicola per Lui. Trattandosi di un Essere Supremo che sa e può ogni cosa, perché non ha creato tutto in un attimo, con un semplice schiocco delle dita (ammesso che abbia le dita)? Era dunque un Creatore alle prime armi? Era forse un Signore inesperto e doveva ancora farsi le ossa (ammesso che abbia le ossa)? Oppure devo pensare che si mise all’opera senza un progetto preciso, senza averci messo seriamente la testa (ammesso che abbia una testa)?” (p. 13)
Dopo l’ironia, ecco la riflessione: «Non vorrei essere frainteso. Mi domando se abbia dita, ossa o testa non certo perché metto in dubbio la Sua esistenza. Lo faccio unicamente perché in me combattono due opposte visioni di Dio: quella infantile e quella adulta. Da bambino lo immaginavo semplicemente come un uomo buono con una gran barba, che abitava in un luogo abbagliante sopra le nuvole. Ora lo concepisco più come un’entità spirituale e astratta, eppure presente in tutte le nostre faccende. Ma non nego che ancora oggi se, dopo un temporale d’estate, vedo il classico fascio di luce creato dal sole che squarcia i nuvoloni scuri, penso quello che pensavo quando ero ragazzino: ecco, là dietro c’è Dio». (pp. 13/14).
E’ davvero efficace e coinvolgente lo slancio umano dello scrittore, ad esempio quando commenta l’invenzione, durante il secondo giorno della Creazione, del “firmamento”, con il quale Dio ha “diviso le acque dalle acque” (Genesi, capitolo 1, versetto 6).: «Che cos’è questo firmamento? Non lo so. … E’ scritto soltanto “che divide le acque dalle acque”. Inutile farsi domande filosofiche sul perché delle cose. E’ Dio in persona a darci una solenne lezione di pragmatismo. Aveva questo assillante problema delle acque, invadenti e indisciplinate, gli ha scaraventato in mezzo un enorme coso ingombrante (il firmamento, appunto, n.d.r.) ed esse (le acque) si sono placate ed adattate, alcune sistemandosi sopra, altre sistemandosi sotto. Fine del problema. Quanto c’è da imparare da questo Signore. Però… Sia chiaro, l’ammirazione nei Suoi confronti è intatta. Di più: fa bene scoprire proprio in Lui, Essere Supremo, quel tanto di spiccio realismo misto a intrigante furbizia, quel gusto per la scorciatoia nel risolvere i problemi tipico di noi esseri umani. In particolare di noi italiani. Per dirla tutta, ho sempre avuto il sospetto (e la speranza) che Dio sia di origini italiane». (pp 18/19).
Gioele Dix è uno pseudonimo, il vero nome dello scrittore è David Ottolenghi, e anche la sua famiglia subì la persecuzione voluta e messa in pratica dal regime fascista nei confronti degli ebrei con le orribili leggi razziali del 1938/1939. L’appartenenza al popolo ebraico è un’altra importante chiave di lettura di «La Bibbia ha (quasi) sempre ragione» e viene confessata al lettore alle pagine 25/26. «Qualcuno – scrive – potrebbe pensare che queste riflessioni siano il frutto di un mio personale delirio… Esiste una tradizione molto antica e radicata all’interno del popolo ebraico, che si nutre di dubbi continui e che alimenta interminabili dibattiti su ogni parte, anche la più minuta, del Libro sacro a tutti noi. E’ il segno tangibile di una vocazione alla chiarezza, è una sorta di piacevole condanna. Insomma, ci piace credere in Dio, ma non in maniera incondizionata. Vogliamo capire le cose che fa, vogliamo capire perché le fa e pretendiamo di discutere, se necessario, le Sue scelte. Se qualcuno ti sta veramente a cuore, non puoi (forse non devi) evitare di conoscerlo a fondo, soprattutto nelle sue parti più oscure».
Questo pensiero mi ha fatto venire in mente la bellissima espressione di Papa Giovanni Paolo II, quando nel 1986, nel corso della visita presso la Sinagoga di Roma si rivolse agli ebrei chiamandoli “nostri fratelli maggiori nella fede”, concetto ribadito e ampliato da Papa Francesco nel 2016.
La scrittura di Gioele Dix è chiara, sobria, elegante; per esempio, quando commenta il fatto che l’uomo impose nomi a tutti gli animali (Genesi, capitolo 2, versetto 20), realizza un piccolo capolavoro letterario: «Abbiamo dunque la certezza che si devono al nostro primo antenato invenzioni linguistiche fantasiose come fenicottero e antilope, poetiche come lucciola e pesce luna, tenere come colibrì e orsetto lavatore. Ma anche astruse come ornitorinco e upupa, sgradevoli come puzzola e cuculo, pessime come cozza e mandrillo. All’inizio si era messo in testa di poter dare a tutti non solo un nome, ma persino un cognome: martin pescatore, barbagianni. Poi evidentemente ha rinunciato. Per gli ultimi della lista, ormai sfinito e a corto di idee, è ricorso a scarni monosillabi: boa, gnu, gru». (p. 50)
Gli altri capitoli del libro sono altrettanto ricchi di spunti originali, osservazioni ironiche fulminanti, e riflessioni profonde. Ad esempio, a proposito del diluvio universale, di fronte al versetto biblico “… il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla Terra e se ne dolse nel cuore …” (Genesi, capitolo 6, versetto 6) l’autore si domanda: «E che cosa aveva fatto di tanto grave il genere umano per contrariare il suo Creatore?». (p. 56).
In effetti il testo della Scrittura è privo di esemplificazioni concrete: “la malvagità degli uomini era grande, le loro aspirazioni volte di continuo al male” (Genesi, capitolo 6, versetto 5), il nostro scrittore, in questo caso, non ha dubbi si tratta di «Espressioni piuttosto generiche, tipiche del linguaggio biblico, che a noi, con la nostra sensibilità odierna, non paiono descrivere un comportamento di particolare gravità. Sembrano piuttosto frasi estrapolate da quelle chiacchiere da bar o da quelle conversazioni in ascensore in cui si dice che il mondo è cattivo, tutti sono egoisti, la gente pensa solo a sé stessa. Insomma, niente che possa far presagire gravi e dolorosi provvedimenti presi dall’alto…». (p. 57).
E invece: … sterminerò dalla faccia della Terra l’uomo che ho creato (Genesi, capitolo 6, versetto 7). A questo punto diventa protagonista Noè: «Un tipo per bene, dai modi gentili, gran lavoratore: è falegname. Ma soprattutto, a sentire la Bibbia, un uomo in splendida forma fisica, se è vero che all’età di cinquecento anni generò Sem, Cam, e Iafet (Genesi, capitolo 5, versetto 32). Niente di strano, in fondo, se si pensa che suo nonno era Matusalemme. Buon sangue non mente». (p. 57). Magnifica la parte in cui ai versetti biblici che riportano le disposizioni di Dio a Noè sulla costruzione dell’arca, fanno da contrappunto le reazioni di Noè inventate dallo scrittore: Ed ecco come la devi fare: la lunghezza dell’arca sarà di trecento cubiti, la sua larghezza di cinquanta cubiti, e la sua altezza di trenta cubiti…
«Immaginiamoci Noè che, colto alla sprovvista, non ha con sé niente per scrivere e cerca faticosamente di tenere a mente quelle misure. E intanto Dio prosegue con le sue disposizioni …darai luce all’arca su in altro a un cubito dal tetto… a un cubito dal tetto, senz’altro… e da un suo lato metterai la porta dell’arca … Quale lato, destro o sinistro? Magari Glielo chiedo dopo … Farai poi i piani, uno in basso, un secondo e un terzo … Tre piani? Un condominio dunque … Che mi voglia coinvolgere in qualche speculazione immobiliare? Quest’arca è un’opera mastodontica, altro che storie … Ci vorrebbe un’impresa con almeno una trentina di operai, mica un povero artigiano come me, con tre figli piccoli a carico». (pp. 61/62).
Finale: è una lettura che consiglio, senza riserve, anzi vivamente, a tutti, credenti, agnostici, atei e chi più ne ha più ne metta. Dopo aver divorato questo libro (le pagine non sono molte, la piacevolezza del testo, il carattere di stampa e l’interlinea agevolano una lettura veloce) mi sono goduto l’ascolto di questo intervento di Gioele Dix dal titolo «Corsi e ricorsi»:
https://www.youtube.com/watch?v=Ih5v5uvv03w&t=47s
E’ dello scorso 20 agosto, quando è stato ospite alla decima edizione del festival letterario estivo «Sentieri e Pensieri» organizzato a Santa Maria Maggiore, in Valle Vigezzo, con la direzione di Bruno Gambarotta, una manifestazione di elevatissimo valore culturale e sociale.
E’ una performance davvero divertente e interessante: l’innata vocazione all’ironia di Gioele Dix è stata evidentemente educata e rafforzata dalla passione per la letteratura italiana. La sua profonda preparazione e le sue grandi capacità di divulgatore, insieme all’umiltà di riconoscere i meriti di chi gli ha instillato i germi dell’amore per quest’arte, se da un lato costituiscono le basi della sua attività di scrittore, dall’altro spiegano la sua capacità di essere un brillante intrattenitore comico e anche raffinato interprete in ruoli seri e drammatici.
A proposito di gratitudine, mentre guardavo l’intervento di Gioele Dix, ho pensato con riconoscenza a due, davvero grandi, miei insegnanti di letteratura italiana: la Professoressa Ebe Raiteri Costanzo e il Professor Luigi Cravino: entrambi hanno contribuito in maniera determinante a suscitare in me l’interesse e l’amore per la lettura, un tesoro che mi tengo stretto.
Per chi volesse informarsi (e ne vale davvero la pena) su personaggi e temi di «Sentieri e Pensieri», lascio il link:
https://santamariamaggiore.info/sentieri-e-pensieri-2022-i-video/