RECENSIONE DEL SABATO
di SERGIO SALVI
«Ogni cambiamento è un grande cambiamento», autore Nicolò Govoni, pubblicato nel 2022 da Rizzoli, prima edizione ottobre 2022, pp. 189.
In una frase: cinque racconti/romanzi brevi appassionati e appassionanti.
“Nicolò Govoni, classe 1993, è uno scrittore e attivista per i diritti umani originario di Cremona”. Ho riportato la prima delle due, uniche, frasi contenute nella sezione “BIO” del sito nicologovoni.com, che consiglio a tutti di visitare.
Le recensioni riguardano i libri, non gli autori; tuttavia, per “Ogni cambiamento è un grande cambiamento”, occorre precisare che il notevole valore letterario dell’opera sta, certamente, nella bellezza delle storie, ispirate a fatti realmente accaduti e raccontati all’autore dai protagonisti, ma anche nella capacità di Govoni di coinvolgere i lettori in realtà che egli ha visto e poi vissuto, direttamente e intensamente, fin da quando aveva vent’anni. La restituzione narrativa è molto efficace, tutti siamo stati bambini (incredibile, vero?) e l’immedesimazione scatta naturalmente, il testo cattura e si è pronti alla scoperta.
Cinque racconti, cinque gruppi di bambini e adolescenti, che insieme alle loro famiglie sono costretti ad affrontare guerre civili, terrorismo e schiavitù. Quando riescono a sopravvivere alla violenza e alla fame, il primo approdo è il campo profughi, che sia in Africa, in Siria, in Italia o in Grecia. Se riescono a sopravvivere non solo hanno perso tutto quanto avevano, spesso si ritrovano soli, quasi sempre un famigliare è morto durante il viaggio, magari sacrificandosi per tenerli in vita.
La prima storia, “Il perché del fiume”, è ambientata in Kenya, in un povero quartiere di baracche: a causa di scontri tra le diverse etnie, a un gruppo di piccoli amici i genitori hanno proibito di giocare insieme; la voce narrante è quella di Njoki una bambina di 9/10 anni.
“Ci incontravamo giù al fiume, prima delle violenze, con il benestare dei nostri genitori, e ci incontriamo ancora al fiume, dopo le violenze, da quando ce lo hanno proibito. Come potremmo fare altrimenti? Siamo cresciuti insieme, noi sei, vicini di casa …” (p.17).
Grande amico di Njoki è Obera, un maschietto coetaneo, di etnia diversa. Le cose si sono complicate ancora di più, perche la sorella di Njoki, Wangari, e il fratello di Obera, Otieno, poco più che adolescenti, si erano innamorati e poi erano fuggiti all’inizio del conflitto etnico.
Ma un giorno, al fiume, si sente un lamento strano. Saranno proprio i sei piccoli amici a esorcizzare il male e vincere le paure, raccontandosi a turno favole e aneddoti, compresa la meravigliosa storia del bambino Babachi e del serpente, che in realtà è lo spirito che protegge la foresta, il quale deve riconoscere “Non dovremmo giudicare qualcuno in base alle azioni dei suoi simili. Sei un essere umano, non l’intero genere umano” (p.40).
E la semplicità è sempre stupefacente: “Le cose non cambiano, le persone sì” dice uno dei bambini, e Njoki commenta “E ci voltiamo tutti, all’unisono, a guardarlo esterrefatti. Mai si saremmo immaginati di sentire qualcosa di tanto serio uscire dalla sua bocca. «Cosa?» fa lui, alzando le mani. «L’ho letto sul bastoncino del gelato!»”.(p.45).
Con il coraggio e la semplicità sapranno affrontare il pregiudizio e il risentimento, e anche il dolore.
Il secondo racconto, ambientato in Siria, in un campo profughi, e si intitola “Sognando Messi”. E’ una lettera di commiato, scritta da Wasim, diciannovenne, a Isra, la sorellina di otto anni più giovane, “Sei nata sincronizzando il tuo pianto al grido delle bombe. Come te, anche la guerra era appena nata. Mentre cadevano le scuole e i monumenti perdevano la testa, tu ti sei affacciata a un mondo che non aveva nulla da darti. Eppure non ti sei mai arresa all’evidenza”.(p.61).
La grande passione della piccola Isra, fin dai quattro anni, è giocare a calcio, il suo idolo assoluto Lionel Messi, per questo pedinava il fratello (fanatico, con i suoi amici, di Cristiano Ronaldo) e lo seguiva al campo di allenamento. La narrazione dei progressi calcistici della bimba e del suo carattere volitivo è davvero divertente, anche se la tragedia della guerra aleggia implacabile sulla vicenda.
Wasim, a diciotto anni, è infatti stato scelto per l’arruolamento forzato dalle milizie ribelli; con uno stratagemma riesce a scappare dal campo e rifugiarsi in un quartiere diroccato, ma dovrà comunque fuggire all’estero. “E’ questo che ti fa la guerra. Sei così impegnato a cercare di sopravvivere che non hai tempo di ricordare i tuoi sogni … i sogni si rigenerano quando torni a inseguirli” (p.82).
Un cenno agli altri tre racconti: “Blu cobalto” è dedicato ai bambini che lavorano nelle miniere di cobalto, in Congo. Tra il cinismo dei caporali e la ferocia degli adolescenti scelti come capogruppo, il più umile di tutti, è un bimbo albino, si chiama Musa, ma tutti al villaggio lo chiamano Zeru, il fantasma. “Zeru non è un nome, è una sentenza. Lo pronunciano non per chiamarti, ma per mandarti via.” (p.93). Quando la disperazione sembra invincibile, un insperato temporale gli fa forse scoprire una strada di riscatto.
“Nur e i non amici”, il quarto racconto, è ambientato in un grande campo profughi in Grecia: Safi, il cagnolino di un bimbo siriano, Nur, viene rapito da Tau, un bimbo africano. La mamma è ammalata e Tau pensa che la compagnia del cane la possa aiutare a riprendersi. La storia è commovente e bellissima, molto efficace, senza cadere nel melenso, l’idea di rivelare al lettore anche i pensieri del cagnolino.
L’ultima storia “Vendesi abito da sposa: mai indossato” è collocata nel “campo profughi più grande del mondo” (p. 170; così lo definisce l’autore, senza però indicare il luogo) ed è il racconto di un cambiamento di un quattordicenne Khalid, che fa parte del gruppo “minori non accompagnati”. “La struttura per i minori non accompagnati era abbandonata a sé stessa, e gli altri ragazzi erano troppo assorbiti dalle loro scorribande e risse per preoccuparsi di altro. Insomma a nessuno importava di loro, neanche a loro stessi. Nel campo, i bambini soli erano l’ultimo anello della catena alimentare” (p.170).
Khalid è innamorato della coetanea Yulia e Yulia lo ricambia, anche se la sua famiglia le ha già organizzato il matrimonio con un trentenne. Allora Khalid, con l’aiuto di cinque amici e la complicità di Wasim, un profugo siriano – non il Wasim del secondo racconto -, ha progettato la fuga, scapperanno tutti dal campo, Khalid, Yulia e gli amici. Wasim commenta: “Sette ragazzini che fuggono dalla schifezza che noi adulti abbiamo creato per vivere, da soli, dall’altra parte del mondo… ” (p. 172). Forse il cambiamento che aspetta Khalid non sarà quello sognato con il piano di fuga “Abbiamo tutti una storia che cerchiamo di dimenticare quando arriviamo qui. Ma una storia dimenticata fa comunque parte di noi”. (p. 183).
Finale: ottima lettura per tutti, magari anche per decidere un cambiamento di mentalità su temi importanti e attuali. Nicolò Govoni, oltre quattro anni fa, ha fondato l’organizzazione umanitaria Still I Rise, una denominazione che in lingua italiana potrebbe suonare cosi “Io cresco, nonostante tutto”. Lo scopo è di aprire scuole per i bambini più svantaggiati e nei luoghi più critici del mondo. Still I Rise offre gratuitamente ai profughi un percorso di formazione scolastica molto importante: il “Baccalaureato internazionale” o “Baccellierato internazionale”; si tratta di una qualificazione di scuola secondaria superiore riconosciuta da 80 paesi nel mondo come valida per l’ammissione ai corsi universitari.
Raccomando ancora, su questi aspetti e non solo, una vista al sito nicologovoni.com
Un’ultima annotazione per il ritratto fotografico di Nicolò Govoni pubblicato sulla terza di copertina: è uno scatto del grande Guido Harari, fotografo, tra gli altri, di Giorgio Gaber e Fabrizio De Andrè.