RECENSIONE DEL SABATO
di SERGIO SALVI
La Trilogia del Male: 1) “ Tu sei il male” – pubblicato nel 2011 da Marsilio, prima edizione nell’Universale Economica di Feltrinelli, aprile 2018 pp. 667; 2) “Alle radici del male”– pubblicato nel 2012 da Marsilio, prima edizione nell’Universale economica di Feltrinelli, agosto 2018, pp. 700; 3) “Il male non dimentica” pubblicato nel 2014 da Marsilio, prima edizione nell’Universale economica di Feltrinelli, agosto 2018, pp. 525, autore Roberto Costantini.
In una frase: vietato spaventarsi (per la mole dei libri).
Roberto Costantini è un Ingegnere, consulente aziendale, docente e dirigente della Luiss Guido Carli, oltre che scrittore. E’ nato a Tripoli nel 1950, con il suo romanzo d’esordio “Tu sei il male” ha inventato il personaggio di Michele Balistreri, nato a Tripoli nel 1950 e fuggito dalla Libia nel 1970, che a trent’anni di età è diventato uno svogliato commissario di polizia a Roma, quartiere di Vigna Clara “uno dei quartieri bene”, anche se ha ben altri progetti: “Mi ripetevo che appena possibile sarei ripartito. Mai sarei diventato un vecchio poliziotto rimbambito, chiuso nel suo ufficio a servire uno Stato imbelle e corrotto. Sarei tornato in Africa a cacciare i leoni, lontano da quell’Italia borghese falsa e bigotta. Lontano da ciò che detestavo. Lontano dalle mie sconfitte” (1 p. 18).
E’ la prima volta che commento una trilogia, e faccio una premessa; i tre romanzi sono in realtà “puntate” di un’unica grande storia, che a sua volta contiene una serie di vicende meno corpose: si tratta di episodi che a volte si esauriscono del tutto nel volume che stiamo leggendo, a volte sembrano avere una conclusione e poi, sorpresa!, si chiudono nel libro successivo. Un giudizio compiuto richiede pertanto la lettura dell’intera trilogia.
Il giudizio è positivo: Roberto Costantini ha realizzato un intreccio romanzesco di alto livello, con tutti gli ingredienti ben definiti e dosati per invogliare il lettore a puntare il naso alla pagina successiva.
“La Trilogia del Male” è stata giudicata “migliore opera noir degli anni 2000”; a me la classificazione “noir” sembra riduttiva: non mancano scene violente, trame criminose, atmosfere inquietanti, eppure, quando si arriva alla fine, ci si rende conto che il romanzo “vero” è la vita del personaggio principale.
Le avventure “poliziesche” dei tre libri non seguono un ordine cronologico e sono collocate in un ampio periodo di tempo, compreso tra due date. La prima, sabato 1° febbraio 1958, serata finale del Festival di Sanremo (Domenico Modugno vince con “Nel blu dipinto di blu”), Michele Balistreri ha quasi otto anni, è a Tripoli, nel salone della sua lussuosa villa, davanti al televisore Marelli, in bianco e nero e pensa, con la certezza dei bambini: “Siedo sul divano a tre posti, tra le due donne della mia vita. Quella da cui sono nato e quella con cui vivrò. La vita è bellissima, tutta davanti a me” (2 p. 15). La seconda data è venerdì 21 ottobre 2011, Michele Balistreri ha rassegnato da un paio di mesi le dimissioni dalla polizia italiana, ora si trova in Sicilia. Il giorno prima in Libia, a Sirte, i ribelli hanno ucciso Mu’ammar Gheddafi, capo assoluto della Libia per oltre quarant’anni, e Michele sta per ricevere un messaggio dal passato, un messaggio di una sola riga, capace di rispondere al male, anzi a “tutto quel male” (3 p.525).
Il primo delitto raccontato nella Trilogia accade a Roma l’11 luglio del 1982. E’ la sera della vittoria italiana al Campionato del mondo di calcio: è scomparsa una bellissima ragazza, Elisa Sordi, impiegata in un ufficio turistico che fa capo al Vaticano.
Quell’ufficio si trova al primo piano di un’elegante palazzina in un parco di via della Camilluccia, nello stesso complesso residenziale della lussuosa villa del senatore conte Tommaso dei Banchi di Aglieno, presidente del partito monarchico. La zona è di competenza del Commissariato di Vigna Clara.
Il giovane Commissario Balistreri sta guardando la finale del “mundial” in casa di amici; è appena finito il primo tempo: 0-0. Il cardinale Alessandrini, capo del dicastero di cui fa parte il servizio turistico, insiste perché il commissario compia un sopralluogo nell’ufficio della ragazza. Balistreri è alticcio, seccato, svogliato, ma accondiscende. Nell’ufficio tutto è normale, quindi il commissario può rientrare dagli amici che ormai hanno iniziato i festeggiamenti per la vittoria della Nazionale.
Dopo la notte di bagordi e nei giorni immediatamente seguenti, Michele Balistreri cerca di non pensare alla scomparsa della ragazza, ma, in assenza di tracce o segnalazioni, l’inquietudine si fa strada nella sua mente, finché il cadavere di Elisa viene trovato sul greto del Tevere: “Guardai con altri occhi quel giovane corpo devastato. Mi venne in mente l’estate di dodici anni prima, 1970, mentre fuggivo sul mare da ciò che al mare avevo lasciato. Gli errori che non avevo mai voluto chiamare peccati come fanno i cristiani. La catena della paralisi: colpa rimorso e pentimento. Il sangue bianco dell’anima. Ferite inestinguibili” (1, p.73).
Indagini complesse, affidate a Teodori, capo della squadra Omicidi; Balistreri, quale commissario di zona è nominato vice di Teodori per quel caso.
“All’inizio mi chiesi perché avessero scelto un investigatore in età da pensione ed evidentemente fuori fase. Eppure sapevo che il potere circondava la morte di Elisa Sordi. Un complesso residenziale di lusso, un cardinale, un nobile senatore che voleva riportare il re a comandare in Italia: il potere spirituale e quello temporale. Dall’altra parte due genitori proletari e una ragazzetta di periferia. Probabilmente se l’era cercata, una cattiva compagnia o un bruto di passaggio attirato da quella bellezza eccessiva.” (1 p. 75).
Balestrieri è un poliziotto in gamba, intuitivo nelle indagini e molto perspicace; il suo malessere e l’insofferenza – l’autore è abile nell’evidenziarne l’ingenuo qualunquismo – nei confronti del “sistema” non vanificano le sue innate doti investigative.
Il referto autoptico lo scuote: “segni di un’interruzione di gravidanza effettuata negli ultimi quindici giorni”, Balistreri pensa: “Una come le altre, né più, né meno. Questo fu il mio primo pensiero, blasfemo e crudele, accompagnato da un vergognoso piccolo senso di sollievo. Anche Elisa, come tutte, non era una santa. E in parte se l’era andata a cercare” (1 p. 111). I sospettati sono due: uno studente universitario modello, tenacemente innamorato di Elisa, ma non ricambiato, e il giovane Manfredi, il figlio del senatore conte Banchi.
Sia Balistreri che Teodori pensano che l’omicida sia Manfredi: è un giovane con il viso sfigurato dalla nascita, sempre chiuso in casa a osservare i passanti con un binocolo da marina, oppure in palestra con un personal trainer; nella sua camera nessuna superficie riflettente, i vetri alle finestre opachi, tanti libri, tra cui “Mein Kampf” di Adolf Hitler e “Al di là del bene e del male” di Nietzsche. Balistreri non può fare a meno di pensare “’L’ultima volta che avevo visto quei libri ero nella mia camera a Tripoli.” (1 p. 123). Su un muro, con scrittura rabbiosa da adolescente c’era una frase, copiata proprio da Nietzsche: “Le grandi epoche della nostra vita si hanno quando noi abbiamo il coraggio di ribattezzare il nostro male come ciò che abbiamo di meglio”.
Gli indizi sembrano confermare l’ipotesi degli inquirenti e l’alibi di Manfredi non regge a una verifica; il giovane viene arrestato, ma c’è stato un errore, clamoroso, Manfredi è immediatamente scagionato, nel frattempo sua madre si era suicidata. L’alibi dell’altro sospettato è inattaccabile.
Il vero colpevole dell’omicidio di Elisa Sordi sarà identificato, incidentalmente, dopo ben 24 anni, in quel mese di luglio del 2006, che coincide con la quarta conquista del Campionato del Mondo di calcio da parte della Nazionale italiana.
Dalla fine del dicembre 2005, Roma era stata sconvolta da una serie di misteriosi ed efferati femminicidi, l’opinione pubblica e i media puntavano il dito contro gli immigrati del famoso campo nomadi Casilino 900 (demolito nel 2010 n.d.r.).
Il primo anello della lunga catena di sangue era l’assassinio di Elisa Sordi, anche se l’intervallo temporale tra quell’omicidio e i “nuovi” delitti, era stato molto ampio.
Il commissario Michele Balistreri, invecchiato male e profondamente depresso, dopo aver rischiato la vita per incastrare i colpevoli, raccoglie una lunga e agghiacciante confessione: “La stanza era pervasa dall’odio, come da una coltre di gas tossico” (1 p.552), eppure “ebbe la certezza di essere di fronte non a un semplice serial killer, ma a una macchinazione spietata di cui ancora non conoscevano l’inizio e la fine” (1 p.553). Perfino il drammatico svelamento della trama eversiva richiederà un ulteriore (1 p. 666 !!) e, finalmente, decisivo passaggio per avere una risposta al mistero della prima parte della trilogia.
Le vicende del secondo e terzo volume sono ambientate principalmente in Libia e riguardano soprattutto l’adolescenza e la prima giovinezza di Michele Balistreri; l’autore è bravissimo nell’inserire i racconti e i suoi personaggi nel contesto storico e sociale, italiano, libico ed egiziano. Ritengo anzi che “Alle radici del male” e “Il male non dimentica” abbiano molte caratteristiche del romanzo storico. Troviamo efficaci descrizioni della vita degli italiani nella Libia post coloniale, le ricche famiglie con i loro privilegi e i cittadini più modesti, e poi il racconto dello sconvolgimento provocato dalla “Guerra dei sei giorni”del 1967, con la disordinata partenza verso l’Egitto di molti giovani libici sicuri di una rapida vittoria dell’esercito egiziano nei confronti di Israele, e il conseguente disorientamento per la rapida e disastrosa sconfitta, e poi la presa del potere di Gheddafi, nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 1969 “Senza uccidere nessuno, come avevano garantito ai loro amici occidentali” (2 p. 246) e poi la spoliazione e la cacciata di circa ventimila italiani dalla Libia nel 1970, fino alla primavera araba (2011) e successiva uccisione di Gheddafi nell’ottobre del 2011.
La vicenda romanzesca principale che “attraversa” il secondo e terzo volume della trilogia riguarda il misterioso suicidio di Italia, la madre di Michele Balistreri, che avviene in coincidenza con il colpo di stato di Gheddafi.
Balistreri è un giovane ricco e prepotente, leale con gli amici, implacabile con i nemici; il nemico a lui più odioso è suo padre Salvatore, nato poverissimo in Sicilia e diventato uno degli italiani più ricchi e potenti di Tripoli. Gli intrecci sono avvincenti, e le storie accessorie (in apparenza) a quella principale, ben raccontate e, mi ripeto, magistralmente contestualizzate agli avvenimenti storici dell’epoca.
Balistreri è costretto a fuggire dalla Libia in Italia, con un amico italiano, Nico: il 15 agosto 1970 “Lasciai Nico a Lampedusa con un abbraccio e senza recapiti o numeri di telefono. Avevamo dei bruttissimi ricordi da dimenticare e nessun futuro da condividere” (2 p. 395).
Ritroviamo Michele Balistreri nel 1982, commissario a Roma, Vigna Clara; dopo il disastro del caso Elisa Sordi, continua, e vuole continuare, a vivere in modo disimpegnato e dissoluto, ma non riuscirà a mantenere a lungo questo proposito, si dovrà infatti occupare di omicidi di giovani donne, nei quali sembrano coinvolti importanti personaggi del mondo dello spettacolo. La linea di sangue è misteriosamente collegata a delitti avvenuti in Libia tanti anni prima, e, apparentemente anche alla morte di sua madre.
Balistreri riuscirà a dipanare questa matassa, sperando anche di fare luce proprio su quello che lui non ha mai accettato essere stato un suicidio, anzi si è persuaso che sia stato il padre a uccidere la moglie Italia.
Il sabato 5 febbraio 1983, serata finale del Festival di Sanremo (vittoria di Tiziana Rivale con “Sarà quel che sarà”), Balistreri riceve una lettera datata 20 aprile 1971, da Laura, la ragazza che amava. Il contenuto gli fa escludere l’uxoricidio da parte del padre e l’ipotesi del suicidio della madre, se pur non provato del tutto, appare il più plausibile “Dovevo accettare di vivere senza conoscere la verità. Come i genitori di Elisa Sordi la cui figlia diciottenne era stata massacrata mentre io guardavo la finale del mondiale tra Italia e Germania. Come i tanti al mondo che soffrono per una grande disgrazia senza sapere perché è capitata a loro” (2 p. 699).
Il terzo e conclusivo volume presenta continui “salti” temporali tra il 2011, l’attualità, e gli anni ’60 della vita di Michele Balistreri in Libia. Per quanto riguarda il periodo libico, molte parti, per i miei gusti fin troppe, sono “copiate e incollate” dal secondo al terzo volume.
La nuova storia, un intrigo di corruzione internazionale ad alti livelli politici e di criminalità organizzata, è sempre avvincente, ben congeniata e abilmente collegata alla vicenda principale.
Finale: oggi è sabato 10 febbraio, serata finale del Festival di Sanremo 2023, la coincidenza della recensione è voluta solo in parte.
La trilogia è valida, merita sicuramente la lettura, che non si rivelerà faticosa, abbiamo infatti un testo intrigante e ben scritto.
I punti di forza sono costituiti dalle trame delle vicende, davvero di altro livello, e dalla perfetta contestualizzazione con i fatti storici.
Ho qualche riserva sulle caratteristiche del personaggio principale, spesso prepotente e violento, salvo rimorsi ripetuti e tardivi.
Penso che per un lettore sia naturale immedesimarsi, o desiderare di immedesimarsi, nei protagonisti dei romanzi, e invece ho percepito Michele Balistreri, quasi sempre, distante.
Magnifica presentazione, leggendola mi sono già immedesimato nel personaggio.Inoltre la narrazione è ambientata in un periodo della nostra storia che noi conosciamo in modo superficiale , pur essendo a noi contemporanea. Quindi mi affretterò a procurarmi i testi della trilogia . Grazie e complimenti , un abbraccio a te e a Silvana
Sono molto delusa dalla lettura del secondo volume che regge molto bene fino alle vicende libiche, ma che crolla rovinosamente poi prolisso ripetitivo e noiosissimo. Peccato
Vorrei dire che nel commento precedente mi sbagliavo di molto. Dopo aver letto la trilogia che mi ha emozionato e che ho riletto due volte credo che Roberto Costantini abbia scritto un romanzo assolutamente da non perdere!