Nel 1976 il maestro Alberto Manzi (*) scrisse una lettera ai suoi alunni di quinta, che avrebbe lasciato per la fine del ciclo della scuola elementare. La lettera, battuta su una macchina per scrivere (immagino, ad esempio, una Olivetti Lettera 32, come quella su cui ho iniziato a fare la giornalista a maggio 1980), contiene anche qualche errore di battitura, che il «maestro d’Italia» corresse riscrivendoci, sopra, le parole sbagliate (come si faceva un tempo!). Perché desidero pubblicarla ora che l’anno scolastico è già finito da oltre un mese? Perché non contiene soltanto un commiato, ma il condensato di una lezione che vale per la vita.
Cari ragazzi di quinta,
abbiamo camminato insieme per cinque anni.
Per cinque anni abbiamo cercato, insieme, di godere la vita; e per goderla abbiamo cercato di conoscerla, di scoprirne alcuni segreti.
Abbiamo cercato di capire questo nostro magnifico e stranissimo mondo non solo vedendone i lati migliori, ma infilando le dita nelle sue piaghe, infilandole fino in fondo perché volevamo capire se era possibile fare qualcosa, insieme, per sanare le piaghe e rendere il mondo migliore.
Abbiamo cercato di vivere insieme nel modo più felice possibile.
È vero che non sempre è stato così, ma ci abbiamo messo tutta la nostra buona volontà.
E in fondo in fondo siamo stati felici.
Abbiamo vissuto insieme cinque anni sereni (anche quando borbottavamo) e per cinque anni ci siamo sentiti “sangue dello stesso sangue”.
Ora dobbiamo salutarci. Io devo salutarvi.
Spero che abbiate capito quel che ho cercato sempre di farvi comprendere: non rinunciate mai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad esser voi stessi.
Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere.
Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o ‘addomesticare’ come vorrebbe.
Ora le nostre strade si dividono.
Io riprendo il mio consueto viottolo pieno di gioie e di tante mortificazioni, di parole e di fatti, un viottolo che sembra sempre identico e non lo è mai.
Voi proseguite e la vostra strada è ampia, immensa, luminosa.
E’ vero che mi dispiace non essere con voi, brontolando, bestemmiando, imprecando; ma solo perché vorrei essere al vostro fianco per darvi una mano al momento necessario.
D’altra parte voi non ne avete bisogno.
Siete capaci di camminare da soli e a testa alta, perché nessuno di voi è incapace di farlo. Ricordatevi che mai nessuno potrà bloccarvi se voi non lo volete, nessuno potrà mai distruggervi, se voi non volete.
Perciò avanti serenamente, allegramente, con quel macinino del vostro cervello sempre in funzione; con l’affetto verso tutte le cose e gli animali e le genti che è già in voi e che deve sempre rimanere in voi; con onestà, onestà, onestà, onestà, e ancora onestà, perché questa è la cosa che manca oggi nel mondo, e voi dovere ridarla; e intelligenza, e ancora intelligenza, e sempre intelligenza, il che significa prepararsi, il che significa riuscire sempre a comprendere, il che significa sempre riuscire ad amare, e… amore, amore. Se vi posso dare un comando, eccolo: questo io voglio.
Realizzate tutto ciò, ed io sarò sempre in voi, con voi.
E ricordatevi: io rimango qui, al solito posto.
Ma se qualcuno, qualcosa, vorrà distruggere la vostra libertà, la vostra generosità, la vostra intelligenza, io sono qui, pronto a lottare con voi, pronto a riprendere il cammino insieme, perché voi siete parte di me, e io di voi.
Ciao.
Alberto
1976
(*) Alberto Manzi (nato a Roma il 3 novembre 1924 e morto a Pitigliano il 4 dicembre 1997) è stato un insegnante, pedagogista e scrittore, noto principalmente per aver condotto la fortunata trasmissione televisiva «Non è mai troppo tardi» che la Rai (nata da pochi anni) mandò in onda, nella fascia preserale, tra il 1960 e il 1968. Le lezioni del maestro Manzi svolsero un’importantissima funzione di alfabetizzazione di massa, riuscendo a far prendere la licenza elementare a quasi un milione e mezzo di italiani. Il successo fu tale che, successivamente, il format venne riprodotto all’estero, in oltre settanta Paesi.
Grande pedagogista!!!