RECENSIONE del SABATO
di SERGIO SALVI
“La correttrice – L’editor segreta di Alessandro Manzoni” autrice Emanuela Fontana, pubblicato da Mondadori, prima edizione maggio 2023, pp. 368
In una frase: romanzo sorprendente e illuminante.
“La correttrice” è un’occasione da non perdere per accostarsi alla personalità di Alessandro Manzoni e al suo “I Promessi Sposi” da un punto di vista totalmente diverso da quello … dei banchi di scuola.
Emanuela Fontana ha scritto questo romanzo ispirandosi a fatti realmente accaduti, anzi, per molte persone (tutti coloro che hanno frequentato in Italia una scuola media superiore), si tratta di vicende collegate a ricordi di studi impegnativi, se non ostici o, addirittura, detestati.
Ebbene, tanto quanto il calore dell’umanità è distante dal freddo e pedante nozionismo, così i personaggi e le storie narrate ne “La correttrice” affascinano, commuovono, coinvolgono … e alla fine nessuno ci darà un voto!
Firenze, ottobre 1838; Emilia Luti, 24 anni è la bambinaia dei figli di Giovan Pietro Vieusseux, eclettico scrittore e editore di origine franco-svizzera, che nel 1819 aveva fondato a Firenze, nella sua residenza di Palazzo Buondelmonti, una biblioteca diventata il punto di incontro di molti intellettuali, anche provenienti da Stati italiani diversi dal Granducato di Toscana.
Il marchese Massimo d’Azeglio, pittore, scrittore e futuro Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna è uno di quegli intellettuali, ed è anche ospite di casa Vieusseux, insieme alla seconda moglie, Luisa Blondel, e alla piccola Rina (Alessandrina) nata dal primo matrimonio di D’Azeglio con Giulietta Manzoni (figlia primogenita di Alessandro, deceduta nel 1834).
Il marchese è visibilmente interessato alla giovane Emilia, tanto che Vieusseux si sente in dovere di precisare: “La signorina Luti è la nostra bambinaia, ma mi aiuta anche in biblioteca” – ‘Una bambinaia esperta di libri?’ domanda D’Azeglio …” (p.11).
Era stato il padre di Emilia, un ex cancelliere al tribunale del Commercio deceduto da qualche anno, a incoraggiare la figlia alla lettura e alla scrittura.
La giovane donna, quando, insieme alle sue tre sorelle, accompagna al cimitero la madre per visitare le tombe dei famigliari (il genitore e tre fratellini morti in tenera età) scrive un biglietto per ciascuno dei quattro defunti e lo lascia in una scatola sepolta nella terra: “Caro babbo, dicevi che prego poco e scrivo troppo. Scrivo pensieri e racconti e poesie che nessuno leggerà mai, ma sei stato tu a insegnarmi. Ora mi sono messa in testa di raccontare la storia del guelfo sulla torre e della sua Lisetta innamorata. Mi ricordo dei vostri visi, tuoi e della mamma, tutte le volte in cui entravamo a San Michele Visdomini … Sprigionavano un calore, un sentimento di infinito e di pace, che credo abbia poco a che fare con le mie gelosie e con la fretta di Fulvio. Se questo è l’amore io fo prima a non sposarmi. Quell’abbandono, quell’infinito, lo sento quando scrivo. Dicevi che osservo troppo gli uomini. Ma io li guardo per curiosità. Sono curiosa, non altro. L’ho preso da te. Ricordi che cosa mi ripetevi quando ero piccola? Che ero nata per le battaglie, come le sante. Non ho né l’indole né l’intenzione di diventare santa, ma sai che con il mio problema … il matrimonio è impossibile. Se non con Fulvio.” (p. 21).
Fulvio è un giovane vedovo, con due bambini; Emilia non potrà avere figli e la madre si è impegnata a “sistemarla” con chi non ha più l’esigenza di generare un erede; ma l’uomo non rispetta la personalità e la sensibilità di Emilia e la tradisce sistematicamente, lei lo rimprovera: “Io ci provo a volerti bene, ma te vai con le altre. E sei gentile solo quando ti pare”, Fulvio tenta un approccio scomposto e lei lo respinge, lui la tratta con villania: “Se non mi facessi aspettare così, io alle altre donne non le guarderei neppure … senza di me andresti a fare la monaca o rimarresti zitella per tutta la vita … ti sei fidanzata con me solo perché te l’ha imposto tua madre. Altrimenti chi ti voleva te, che sei una mezza donna” (p. 39).
Le prospettive di lavoro in casa Vieusseux sono diventate incerte, le bambine andranno a studiare in Svizzera e quindi Emilia perderebbe gran parte del salario, ma un caso fortuito fa emergere, agli occhi di Massimo D’Azeglio e della moglie, la straordinaria capacità di Emilia nel costruire un rapporto positivo con i bambini: tra la piccola Rina D’Azeglio e la giovane fiorentina si stabilisce infatti un legame così positivo e intenso da indurre il marchese e la moglie a chiedere a Giovan Pietro Vieusseux il permesso di proporre a Emilia di essere assunta presso la loro famiglia, a Milano.
In questo turbine di emozioni, dubbi, sofferenze. Emilia accetta la proposta di trasferirsi dai D’Azeglio, nonostante le pressioni della madre, che insiste per il matrimonio con Fulvio.
Da questo cambiamento nascerà l’occasione dell’incontro con Alessandro Manzoni, il nonno di Rina, e la sua richiesta alla giovane bambinaia di collaborare per rivedere “I Promessi Sposi”, suggerendo tutte le modifiche linguistiche che a lei sembreranno opportune.
Questo è il cuore del romanzo, dove il rapporto tra due persone di diversa, ma profondissima sensibilità e passione per la lingua scritta – che deve essere bella e comprensibile a tutti – è rappresentato in modo davvero mirabile, compresi i momenti difficili, le incomprensioni e anche i reciproci rifiuti.
La figura di Alessandro Manzoni è inserita nella finzione romanzesca sulla base di un accuratissimo lavoro di ricerca; il lettore non studioso (come me) resterà piacevolmente sorpreso dalla carica umana e dal coraggio di un uomo che aveva un chiarissimo obbiettivo: far arrivare il suo (unico) romanzo a quante più persone possibile, contribuendo così a mettere le basi per la lingua italiana moderna, la lingua dell’Unità d’Italia.
Con “La correttrice”, Emanuela Fontana dà anche un efficace esempio di quanto sia importante il lavoro dell’“editor”, anzi di un buon editor: umiltà e rispetto, senza accondiscendenza, nei confronti dello scrittore e competenza granitica … sembra facile?
Alessandro Manzoni pensava che fosse difficilissimo, tanto da scrivere, sulla copia de “I Promessi Sposi” edizione 1840-1842 (il testo definitivo) che donò a Emilia Luti: “Madamigella Emilia Luti, gradisca questi cenci da Lei risciacquati in Arno, che le offre, con affettuosa riconoscenza, l’autore”.
Finale: libro consigliato a tutti, bello e privo di pedanterie o riferimenti dotti.
Alla fine della lettura ho ringraziato mentalmente il mio professore di lettere, Luigi Cravino, purtroppo deceduto. Lui era appassionato di Manzoni e del suo romanzo; ce lo spiegava in modo intenso; sono sicuro che ci avesse anche detto qualcosa del risciacquo in Arno delle parole e della fragilità umana dello scrittore. A oltre cinquant’anni di distanza il ricordo non è svanito, a riprova dell’incisività di un vero insegnante!