RECENSIONE di
SERGIO SALVI
“Tuo padre suonava l’armonica” – autrice Silvana Mossano, pubblicato da Araba Fenice, maggio 2023, pp. 244.
In una frase: Silvana ha scritto un bellissimo romanzo.
Silvana Mossano (*) con “Tuo padre suonava l’armonica” cattura il lettore con una storia che funziona alla grande, di quelle, per capirci, che non si riesce a smettere di leggere per vedere come andrà a finire.
E mentre sei intento a conoscere e seguire i protagonisti principali, scatta, diabolica, la trappola letteraria: nella narrazione si incontrano infatti personaggi che hanno sì uno spazio ridotto e ruoli da apparenti comprimari, eppure risultano decisivi, con il loro carico di sogni, rimpianti e segreti.
Andiamo con ordine: la vicenda principale di “Tuo padre suonava l’armonica” inizia il 30 aprile del 1994: è sera, ai bordi di una risaia una donna accosta l’automobile per ammirare il crepuscolo sul “mare a quadretti”, “Così, da queste parti, chiamano le risaie nei periodi di allagamento, tra aprile e maggio” (p.5).
Queste parti sono le nostre, di Silvana e anche le mie, e le risaie sono proprio quelle contenute dal Po e bordate dalle colline del Monferrato casalese.
I luoghi sono tutti immaginari, tuttavia la grangia di Rivabona (cuore territoriale del romanzo), frazione del comune di Sopraqua Po, è la parziale trasfigurazione della grangia di Pobietto con il comune di Morano sul Po, per la città “capoluogo” Silvana ha scelto il toponimo di Sedula che è uno degli antichi nomi di Casale Monferrato.
Due parole sulla grangia: si tratta di un microcosmo, un vero “Mondo piccolo” per usare le parole di Giovannino Guareschi. Una comunità, prima che una serie di fabbricati, fondata dai monaci cistercensi nel medioevo; ora si presenta come un borgo rurale in miniatura, con ampia corte comune, l’edificio, dismesso, della scuola elementare, la chiesa con la canonica e le costruzioni adibite a dormitorio per i lavoratori stagionali (braccianti e, soprattutto, mondine).
La donna ammaliata dal tramonto si chiama Agnese 49 anni, è un avvocato penalista che lavora a Milano, ma con le radici piantate proprio a Rivabona, dove aveva trascorso tutta l’infanzia e frequentato le scuole elementari; sua zia, Margherita Mantello, era stata “la” maestra di Rivabona dove “aveva insegnato per oltre quarant’anni: pluriclassi miste che erano assai affollate perché la fama di insegnante valente e rigorosa arrivava fino al paese di Sopraqua Po e a quelli vicini.” (p.12).
Quando la pluriclasse era stata soppressa, il Comune di Sopraqua Po aveva organizzato il servizio di trasporto degli scolari a Sedula, distante una decina di chilometri. Margherita Mantello non desiderava insegnare in una scuola della città, e, nonostante avesse “punteggio” e anzianità per poter scegliere qualsiasi sede, si era ritirata in pensione a sessant’anni.
Agnese, dopo il trasferimento a Milano con i genitori alla fine delle elementari, aveva mantenuto con la zia Margherita contatti molto stretti: i rientri a Rivabona nei fine settimana durante scuole le medie e le superiori erano la regola, e poi, durante le vacanze estive, si fermava alla grangia da fine giugno all’inizio di settembre.
Con il tempo gli incontri si erano diradati, ma Agnese e la zia si sentivano al telefono quasi ogni sera. Alcuni giorni prima del meraviglioso tramonto sul “mare a quadretti”, zia Margherita aveva chiamato in un orario inconsueto e con una voce che manifestava ansia e urgenza, tanto che Agnese si era immediatamente preoccupata per la sua salute.
“Sto benissimo” rassicurava la zia, “Ma allora …” interloquì Agnese, “Qui sta precipitando tutto. Un cataclisma” aveva sintetizzato la zia, chiudendo la telefonata così: “Ci serve un avvocato, devi venire al più presto”.
“E Agnese si era messa in viaggio il prima possibile” (p.8).
La zia Margherita accoglie la nipote con un semplice “Era ora”, seguito da: “La cena è pronta”.
La descrizione degli ambienti, dei mobili, dei cibi (c’è perfino una ricetta, provatela, ne vale la pena) dei gatti, dei quadri realizzati da Margherita e perfino della vecchia pipa che la maestra carica meticolosamente, fa da contrappunto alle personalità di zia e nipote. Qui ci vengono presentate nei loro tratti profondi e salienti, qui l’autrice fa balenare qualche mistero che troverà risposte più avanti.
Solo alla fine della cena Agnese troverà il momento giusto per chiedere: “Dunque? Che succede a Rivabona?”
E Margherita, di rimando: “Dunque, qui ci vogliono far fuori, ci fanno fuori tutti” (p.15)
La ventina di persone o poco più che abitano la grangia di Rivabona hanno infatti saputo che il Comune di Sopraqua Po ha deciso di vendere l’area e i fabbricati della grangia a una società immobiliare, la Società Immobiliare La Poiana, con l’obbiettivo di veder realizzato un grande parco di divertimenti, dei quali si è già saputo il nome: “Happy Village”.
Agnese non riesce a mascherare l’incredulità: “E le case? Chi abita qui, voglio dire …”. E Margherita: “Sciò, via, come le galline quando le scalzi dall’aia. Ci espropriano” (p.19) e poi continua: “Sono nata qui, le ossa dei miei antenati sono sepolte nel campo dietro la chiesa, dove c’era l’antico camposanto … sono vissuta in questo quadrato di mura, ho insegnato … sai a quanti scolari ho insegnato a scrivere e a contare? Tanti, e arrivavano anche dal paese e dalla città, perché questa era proprio una bella scuola … qui sono stata giovane, con tanti sogni sai? Tanti sogni … poi, però, la guerra … quei morti che avevano tanta vita da scoppiare … non dovevano mica morire … e adesso? Adesso mi cacciano. Ci cacciano con due lire in mano per comprare un’altra casa chissà dove. Più nuova, con tutti i servizi, dicono. E qui … che ci fanno qui? Un regno farlocco un paradiso finto, di felicità fittizia, una girandola di sollazzi e svaghi, per confondere gli animi e le menti, così che finiscono per perdersi” (p. 21)
Rivabona non si arrenderà: la maestra Margherita e l’anziano parroco Don Evasio hanno convocato per il sabato 1° maggio una riunione nel salone parrocchiale, oltre agli abitanti della grangia, vi partecipano persone di Sopraqua Po e di Sedula, perché la minaccia degli espropri, da parte del Comune di Sopraqua è atteggiamento “prepotente e inaccettabile” inoltre era inimmaginabile che: “ quel tranquillo angolo di mondo, quell’oasi felice e incontaminata potesse trasformarsi in un chiassoso luogo di consumismo, facile calamita di microcriminalità e ricettacolo di atteggiamenti dissoluti.” (p. 22).
Viene così costituito il “Comitato di Resistenza per la Salvaguardia di Rivabona”, il cui acronimo CoRSaRi ha la grinta necessaria per lanciare la sfida: CORSARI contro Happy Village.
Margherita Mantello, su proposta del medico condotto Stefano Barbero, viene nominata presidente del comitato e Agnese, che aveva partecipato alla riunione dopo che la zia se lo era fatto espressamente promettere, non è entusiasta della cosa, anche se è distratta dal ricordo dell’estate del 1960 quando l’allora diciassettenne Stefano, due anni più grande di lei, scorrazzava con una motoretta rossa sollevando polveroni infernali sulle strade di campagna.
Agnese dice alla zia di non volersi impegnare ad assistere i “Corsari”, lei è penalista e poi “E’ una battaglia persa in partenza. Sono colossi, hanno di che per pagarsi fior di ingegneri, consulenti, avvocati…” (p. 29)
Agnese sta vivendo un momento personale complicato: la sua ventennale convivenza con Ludovico Sormani un affermato avvocato civilista si trascina da tempo senza entusiasmi, né chiarimenti. Per un attimo pensa proprio a Ludovico come supporto legale, poi riflette che l’uomo “difficilmente avrebbe perso tempo e fama per opporsi a una società immobiliare di quella portata. Caso mai, avrebbe trovato più conveniente schierarsi dalla parte dell’Happy Village contro i Corsari” (p. 30).
La sera del 21 maggio 1994 accadono due fatti importanti: uno pubblico e uno privato.
Si tiene un importante Consiglio comunale a Sopraqua Po, al quale partecipano tutti, ma proprio tutti gli abitanti del comune: “La sala consiliare, al primo piano dell’edificio, era strapiena. Tutti i posti a sedere erano occupati, ogni angolo e anfratto impegnato da gente in piedi; anche le due rampe dello scalone erano stipate da chi cercava di captare qualche parola attraverso la porta spalancata. I ritardatari sostavano sotto il porticato. Era mai capitato nella storia del paese” (p. 33)
La stessa sera, a Milano, Ludovico ha invitato Agnese ad una cena romantica; all’inizio della serata Agnese, sorpresa dall’ormai insolita iniziativa, gli ha anche raccontato della vicenda di Rivabona e dell’Happy Village e Ludovico ha ostentato superiorità: “Gli daranno un po’ di soldi per convincerli e saranno tutti contenti, vedrai, davanti a un bell’assegno…” (p. 41).
Poi Ludovico ha svelato il vero motivo dell’invito:” Forse abbiamo bisogno di prenderci un po’ di tempo … per riflettere, ognuno per conto proprio, per capire bene che cosa vogliamo fare”. “Lei lo guardò stranita e, tuttavia, non stupita” (p.41),
Mentre Agnese sta riflettendo, malinconicamente, su quella “pausa di riflessione”, valutando di quanto fossero cambiati lei e Ludovico negli anni, di come fosse stato impalpabile il graduale assopimento della loro passione e lo sfarinarsi della reciproca stima, irrompe nel romanzo il primo importante colpo di scena.
Non svelo altro della trama, per non guastare il piacere a chi volesse leggere il libro, in chiusura presento almeno uno dei comprimari del romanzo: “Chilometro”.
Viveva alla grangia da poco: “un paio di stanzette con pavimento di mattoni che divideva con Fidus, un cagnetto bastardino con un orecchio buono e uno mozzato, che gli scodinzolava tra le gambe nelle camminate quotidiane, andata e ritorno tra Rivabona e il camposanto di Sopraqua. Da qui il soprannome Chilometro.
Con addosso un cappottone grigio, spelato e rigido, che non toglieva mai, né d’inverno né d’estate, si sedeva per terra davanti alla tomba di una donna e rimaneva per ore a borbottare sottovoce. Nessuno capiva che cosa dicesse”.
“Latino – aveva spiegato Margherita – Parla in latino” (p. 25). Un latino perfetto, senza errori di grammatica, ma chi è in realtà quest’uomo?
Finale: il mio giudizio ha trovato conforto (oltre che da qualche altro lettore) anche da una notizia recente: proprio in questi giorni a Silvana è stato comunicato che “Tuo padre suonava l’armonica” fa parte dei 18 titoli finalisti, sugli oltre trecento partecipanti, dell’importante premio letterario “Città di Salsomaggiore” 2023
https://www.parmaoperart.com/premio-letterario-citta-di-salsomaggiore
Ultima annotazione, il romanzo non contiene nostalgie o rimpianti “per il bel tempo andato”, tutt’altro. Si capisce subito dalla dedica: “Alla mia gente che ama e condivide questo mondo laborioso, semplice e autentico”.
Silvana usa infatti due verbi: “amare” e “condividere” al tempo presente; un atto di fiducia e di speranza nella forza delle comunità di persone, per quanto piccole possano essere.
Mi hai incuriosita tantissimo , vado a comprarlo e lo leggerò sicuramente con piacere e interesse.Mi complimento per il tuo affascinante raccontare , sempre brava in tutto! E tanti auguri per libro e compleanno! Lella
In questo commento c’è passione e coinvolgimento. Bravo Sergio. E aiugurissimi a Silvana di tante cose belle e buone.
Innanzitutto un augurio di buon compleanno da chi ti conosce da tanti, forse troppi anni. Ma sono ancora qui ed ho potuto finire di leggere il tuo romanzo a giugno nella spiaggia di Ischia durante una vacanza all’insegna del relax con cure termali.
È stata una sorpresa durante la lettura aver ritrovato situazioni, ambienti e l’atmosfera del dopo guerra vissuti al mio paesello “Zenevreto di Mombello”. Ricordi apparentemente dimenticati ma risvegliati improvvisamente grazie alla tua pregievole scrittura. È stato bello ripescare tra le nuvole quelle atmosfere.
Gli episodi, i personaggi e le situazioni sono diverse, ma è l’atmosfera che ruota intorno al racconto che ha risvegliato quei momenti. Per dirla con una frase fatta, si stava meglio quando si stava peggio.
Grazie della tua amicizia. Un abbraccio pieno di auguri.
Auguroni di Buon Compleanno e un grazie infinito. Attraverso i tuoi racconti ognuno di noi può ritrovarsi e in un contesto storico come quello attuale recuperare i valori. Grazie, davvero. Vado subito a comprarlo.
Bellissime le parole con cui Renzo Salvi ha saputo risvegliare la curiosità dei possibili lettori. Saranno tanti oltre a quelli che già conoscono la tua bravura di scrittrice. Leggerò il libro al più presto, l’argomento, i luoghi e il tempo mi “intrigano”. Sono felice di poterti fare gli auguri di buon compleanno. Complimenti.
Bellissime le parole con cui Sergio Salvi ha saputo risvegliare la curiosità non solo di chi conosce la tua bravura di scrittrice. Leggerò il tuo libro al più presto. I personaggi, i luoghi e il tempo mi” intrigano”. Sono felice di poterti fare gli auguri di buon compleanno. Complimenti.
Silvana cara , in te vita e passione e amore , senzafine…continuo ad essere una tua ammiratrice , lo leggerò, buon compleanno. Om
Bello! Bravo Sergio, complimenti per la tua profonda immersione sulle bellissime caratteristiche di questo tuo bel libro Silvana. Buon compleanno (in ritardo) e complimenti e auguroni Silvana, anche per la partecipazione al Premio Città di Salsomaggiore.
Cari saluti. M.Teresa e Bruno Pesce.