ETERNIT BIS, I GIUDICI DI NOVARA HANNO DEPOSITATO LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA: ECCO PERCHE’ L’HANNO RICONOSCIUTO COLPEVOLE INFLIGGENDOGLI 12 ANNI. I CASI DI ASSOLUZIONE E DI PRESCRIZIONE
SILVANA MOSSANO
«La complessità delle argomentazioni giuridiche, l’articolazione dell’imputazione concernente 392 eventi omicidiari e le rilevanti difficoltà delle questioni tecniche, scientifiche e civili trattate hanno impedito la redazione immediata dei motivi della decisione»: usa queste parole la Corte d’Assise di Novara per spiegare che sono stati necessari non soltanto i novanta giorni inizialmente previsti, ma centottanta per argomentare il verdetto, pronunciato il 7 giugno scorso nei confronti di Stephan Schmidheiny, unico imputato nel processo Eternit Bis. Era chiamato a rispondere della morte di 392 casalesi per il mesotelioma causato dall’amianto. (*)
LE RICHIESTE DELLE PARTI
La procura aveva contestato il reato di omicidio doloso plurimo e pluriaggravato: i pm Gianfranco Colace e Mariagiovanna Compare avevano chiesto la condanna all’ergastolo. A sostegno delle argomentazioni accusatorie si erano pronunciati i numerosi legali che tutelavano le parti civili: famigliari delle vittime, enti, sindacati e associazioni. Avevano invece invocato l’assoluzione i difensori Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva.
La Corte d’Assise, a conclusione del processo (dopo 41 udienze, svolte in due anni, a partire dal 9 giugno 2021), aveva riqualificato il reato da omicidio doloso all’ipotesi più lieve di omicidio colposo – aggravato anche dalla previsione dell’evento (la cosiddetta «colpa cosciente») -, condannando l’imputato a 12 anni di reclusione, relativamente a un certo numero di casi, e assolvendolo in riferimento a 46 vittime.
Le motivazioni di quella decisione, sintetizzata nel dispositivo letto in aula a Novara sei mesi fa, sono ora argomentate in 1020 pagine, depositate in questi giorni.
Un «volume» di oltre mille pagine che contiene il resoconto dettagliato, umanamente struggente e straziante, di un pezzo fondamentale e distintivo della storia di Casale e dei casalesi. Un tempo segnato da comportamenti industriali indiscriminati e criminosi che hanno scavato una trincea di dolore e morte nella quale il mesotelioma, cancro maligno figliastro dell’amianto, ha trovato humus fertile per proliferare: non soltanto nel decennio in cui l’imputato ha gestito direttamente l’Eternit (tra il 1976 e il 1986), ma anche nei decenni a venire. Ancora oggi.
VERDETTO
La Corte, presieduta da Gianfranco Pezone, affiancato dal giudice Manuela Massino e da sei giudici popolari, aveva riqualificato il reato da omicidio volontario a colposo aggravato.
L’esame dettagliato dei singoli casi aveva altresì indotto i giudici a formulare nel dispositivo della sentenza tre tipologie di decisioni. La prima: condanna a 12 anni di reclusione con interdizione per 5 anni dai pubblici uffici per un gruppo di 9 vittime (nei confronti delle quali il reato di omicidio colposo è doppiamente aggravato: dall’aver commesso il fatto violando le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e dall’aver agito nonostante la previsione dell’evento) e per un gruppo di 138 vittime (per le quali viene riconosciuta la sola aggravante di aver violato le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro). La seconda decisione: per l’omicidio colposo doppiamente aggravato di 199 vittime è scattata le precrizione, perché le morti sono risalenti nel tempo. Il reato, quindi, viene dichiarato estinto. La terza decisione comprende l’assoluzione per 46 casi.
CONDANNE E ASSOLUZIONI: PERCHE’?
Nella sentenza, di cui sono giudici estensori tanto il presidente Pezone quanto la giudice a latere Massino, viene spiegato passo a passo il percorso processuale che, attraverso le argomentazioni sostenute dai pm, le testimonianze di famigliari e sindacalisti, le spiegazioni tecnico-scientifiche dei consulenti della procura, della difesa e delle parti civili, è culminato nella decisione di questo verdetto.
Verdetto che sarà sicuramente impugnato: quindi la storia processuale dell’Eternit Bis non è conclusa.
Dicevamo: che cosa ha indotto, nei ragionamenti dei giudici, a distinguere i casi per i quali condannare e i casi per i quali assolvere (anche col dubbio)? Da una prima lettura, che andrà ulteriormente approfondita data la mole del documento, la differenza si addentra nel vissuto specifico di ciascun singolo caso.
Ogni vita è stata scansionata ed esaminata minuziosamente, riassumendo e riportando i «principali dati storici sulla vittima»: nascita, morte, tipologia di mesotelioma, storia lavorativa (se ex operaio Eternit) e storia abitativa (uno o più domicili), analisi del decorso di malattia e i tipi di esami diagnostici effettuati, circostanze di esposizione ad amianto (fuoriuscito dallo stabilimento o da fonti alternative: scarti, polverino…).
Fatta questa ricostruzione, si distinguono i casi professionali (cioè chi ha lavorato all’Eternit), o famigliari (conviventi di lavoratori della fabbrica) o ambientali (ormai la maggioranza). E al termine di ogni dettagliata scheda, la Corte si è pronunciata dicendo se la produzione di manufatti d’amianto all’Eternit (con ripercussioni di inquinamento interno ed esterno allo stabilimento) ha determinato l’insorgere della malattia e del decesso come «causa determinante» o «concausa determinante». E per questi casi ha condannato.
Laddove ha invece rilevato una «carenza istruttoria» sul vissuto della vittima, o una «diagnosi incerta» oppure «esposizioni antecedenti il 1976» si è espressa per l’assoluzione.
ARTICOLAZIONE DELLA SENTENZA
Le 1020 pagine sono raggruppate e ordinate in un indice suddiviso in 8 capitoli.
Primo capitolo: analizza la cosiddetta posizione di garanzia dell’imputato, cioè il periodo (lo ricordiamo: è il decennio compreso tra il 1976 e il 1986) in cui Stephan Schmidheiny è stato l’effettivo responsabile del gruppo Eternit, che a Casale aveva il più grande e il più vetusto stabilimento italiano.
Secondo capitolo: contiene la ricostruzione storica dei fatti. E’ la parte più corposa, articolata in diversi sottotitoli che prendono in esame le condizioni di inquinamento dentro lo stabilimento e le ricadute sull’ambiente esterno, le effettive conoscenze che all’epoca dei fatti si avevano sulla pericolosità dell’amianto, le patologie asbesto-correlate, e in particolare il mesotelioma maligno, con l’analisi del processo di cancerogenesi (cioè come si insedia e si sviluppa il cancro nell’organismo), l’entità dell’esposizione, gli effetti della dose cumulativa, l’anticipazione della malattia e morte a fronte di una più massiccia esposizione, gli studi epidemiologici e la loro fondamentale importanza («l’epidemiologia si può applicare a ogni singolo individuo, a condizione di trasferire al caso specifico le conoscenze acquisite dagli studi di popolazione»), l’esposizione alle fonti alternative (usi impropri di scarti e polverino per battuti di strade, aie, campi sportivi o per coibentare sottotetti).
Terzo capitolo: Affronta la questione dell’elemento soggettivo, con l’analisi del dolo eventuale e della colpa cosciente. «Non v’è dubbio – riconosce la Corte – sul “ruolo proattivo” tenuto dall’imputato (la difesa aveva insistito sulle spese sostenute da Schmidheiny per contenere le fibre di amianto, dal momento che era consapevole della grave pericolosità mortale, ndr), ma le condotte, pur relativamente positive poste in essere per cercare di ridimensionare la problematica, non sono sufficienti a escludere la responsabilità “colpevole” di Stephan Schmidheiny».
Quarto capitolo: riqualificazione giuridica dei fatti.
Quinto capitolo: la declarazione di estinzione del reato, in conseguenza della riqualificazione del reato da omicidio doloso a colposo. L’omicidio colposo, infatti, si prescrive in 15 anni; quindi sono prescritti i casi di morte antecedenti il 2008.
Sesto capitolo: illustra il trattamento sanzionatorio nei confronti dell’imputato. I giudici affermano di aver negato le attenuanti generiche e spiegano: «A fronte della oggettiva gravità e diffusività dei fatti commessi anche con colpa cosciente, l’imputato per anni ha governato la prosecuzione dell’attività dell’Eternit pur consapevole dei notevoli rischi per la salute umana e per l’ambiente derivanti dall’utilizzo pericoloso dell’amianto». E ancora: «Allo scopo di tutelare gli interessi del proprio gruppo industriale nel settore dell’amianto e continuare a conseguire i rilevanti profitti derivanti dal ciclo produttivo della Eternit, non solo pianificava e disponeva la continuazione di quella attività, ma orchestrava una mirata campagna di fuorviante informazione volta a minimizzare i gravi pericoli correlati all’utilizzo dell’amianto e a contenere ogni rivendicazione o segnalazione dei sindacati o della popolazione».
Avrebbe potuto adottare un comportamento diverso l’imprenditore svizzero per scongiurare questa tragedia? Per i giudici sì, perché Schmidheiny «era dotato della posizione di garanzia e di tutte le risorse e competenze conoscitive, decisionali e finanziarie necessarie per assumere e concretizzare decisioni importanti, financo drastiche, per annichilire l’imponente aerodispersione di polvere di amianto derivante dal ciclo produttivo dell’azienda».
La condanna a 12 anni, più i 5 di interdizione, viene così motivata: «Non è possibile contenere ulteriormente la pena, stante i plurimi profili di gravità oggettiva, delle modalità dei fatti e dei motivi a delinquere».
Settimo capitolo: questioni civili, cioè i risarcimenti. Il più cospicuo di 50 milioni di euro viene riconosciuto al Comune di Casale; 30 milioni alla presidenza del Consiglio dei ministri, 500 mila euro all’Afeva (l’attivissima Associazione famigliari e vittime amianto). Quanto all’Inail, viene riconosciuto dalla Corte il diritto al risarcimento perché, come ente previdenziale, ha erogato prestazioni e indennità per le morti dei lavoratori, «ma la mancanza di adeguata documentazione sull’esatto computo e dimostrazione delle somme versate, non consente di riconoscere alcuna liquidazione». Potrà rivalersi nei confronti dell’imputato, certo, ma in altra sede.
Ottavo capitolo: riporta le argomentazioni circa il tempo di sei mesi resosi necessario per il deposito delle oltre mille pagine di motivazioni.
(*) SEGUIRA’ NEI PROSSIMI GIORNI UN ULTRIORE RESOCONTO PER APPROFODIRE ALTRI ASPETTI DELLA SENTENZA.
Grazie per preziosa documentazione. Buona notte . Psolo
Grazie per aver reso comprensibile questo ginepraio.
Speranza e giustizia brilleranno sempre di più.
Grazie mille Slvana! Grazie per l’ottima descrizione! Grazie per la tua costante e grande dedizione a questa nostra enorme tragedia e per contribuire a sostenere le necessarie risposte, atte a recuperare umanità.
Grazie, come sempre chiara ed esaustiva.
Grazie, ci aiuti sempre a capire
Grazie per la tua prima sintesi…attendo gli approfondimenti per comprendere maggiormente questo giudizio su questa terribile tragedia