RECENSIONE
di SERGIO SALVI
«Via del Riscatto» autrice Mariolina Venezia, pubblicato nel 2019 e 2021 da Einaudi, prima edizione nella collana “I coralli” pp. 246
In una frase: lo sceneggiato in tv mi è piaciuto più del romanzo.
Dopo aver apprezzato gli episodi della prima serie televisiva dedicata a Imma Tataranni, l’immaginario sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Matera nata dalla fantasia di Mariolina Venezia, avevo letto «Maltempo», romanzo pubblicato per la prima volta nel 2013, che è il secondo dei quattro libri con i quali l’autrice racconta le indagini (quindi trame poliziesche) e anche la vita privata del suo personaggio principale. Mariolina Venezia ha anche pubblicato, nel 2021, «Eccheccavolo», non un romanzo, ma una specie di compendio dell’«Imma Tataranni-pensiero».
La lettura di «Maltempo» mi aveva soddisfatto, senza riserve, ho quindi iniziato «Via del Riscatto» con fiducia.
Si tratta di una trama ben costruita, avvincente, complessa, con un finale sorprendente e un epilogo utile al lettore per digerirla, la sorpresa.
La vicenda inizia in una sera di febbraio a Matera, è il martedì grasso; Imma Tataranni è a spasso per le vie del centro storico con una piccola comitiva: insieme al marito Pietro, alla figlia Valentina, ai cognati (il fratello di Pietro e la moglie), ci sono anche tre amici dei cognati che per la prima volta visitano la città.
Imma è letteralmente fuori di se: “Era dalla mattina che se li sorbiva… che non la smettevano di squittire a ogni angolo, di estasiarsi a ogni pernacchia, di ripetere che non avevano mai visto niente del genere, ma pazzesco, ma che peccato che non erano riusciti a venire per Natale… anche un bastone andrebbe di lusso, rimuginava Imma, al riparo della capigliatura color ruggine tutta elettrizzata a furia di togliersi e mettersi il cappellino con le renne di quand’era piccola Valentina, l’unico che aveva trovato prima di uscire di casa in quel freddo pomeriggio di febbraio… tante botte, tante mazzate e vai! Omicidio colposo, preterintenzionale, doloso, assaporava mentalmente …” (p.3)
L’irritazione, tutta interiore, della Tataranni nei confronti degli ospiti cresce: «Le mani al collo, alla cognata che si stava lanciando in un panegirico per il panorama mozzafiato, con tutti quei lumicini che si erano appena accesi. Indescrivibile, non so trovare altra definizione. E statti zitta allora … A un tratto si sentì un colpo di pistola. Vero. Imma ci avrebbe giurato. Lo sentirono pure gli altri, che si guardarono sorpresi, allora lei si decise ad aprire la bocca, che fin lì l’aveva tenuta inchiavardata per non uscirsene a male parole. “E’ un colpo di pistola questo!”, “Ma no! – la strinse Pietro attirandola a sé. – Mia moglie ha la deformazione professionale. E’ Carnevale, sono botti che sparano i ragazzi”. “Sì, sì i petardi!”, fecero gli altri: per niente al mondo si volevano rovinare il Carnevale». (p. 4).
La pm Tataranni aveva sentito bene, altro che deformazione professionale! Il giorno successivo, all’interno di palazzo Sinagra, un importante edificio cinquecentesco, ampliato e abbellito nei due secoli successivi, ma ormai destinato alla fatiscenza, viene trovato il cadavere di Antonello Ribba, agente immobiliare, ucciso con un colpo di pistola.
Calìa, il titolare dell’agenzia immobiliare, riferisce che Antonello aveva fissato, per il tardo pomeriggio del martedì, un appuntamento presso lo stabile con un potenziale cliente di Milano. La mattina successiva, vale a dire quel mercoledì, proprio all’apertura dell’agenzia, Ambra, la moglie di Antonello Ribba, aveva telefonato, allarmata, perché il marito non era ancora tornato a casa. Calìa aveva subito verificato che, tra le chiavi degli immobili in vendita, mancava proprio quella di palazzo Sinagra, allora si era offerto di accompagnare la signora da Guido Sinagra, il figlio del proprietario dell’edificio, per prendere l’altra chiave. I tre si erano poi recati al palazzo, e avevano trovato la porta aperta: il corpo di Antonello giaceva in un salotto.
Il potenziale cliente di Milano pare svanito nel nulla, precisa Calìa: “Nessuno lo conosce, questo è il fatto. Aveva trattato tutto Antonello». (p. 21).
«Anche da defunto, si capiva che Antonello Ribba doveva essere un uomo di aspetto gradevole, con un ciuffo di capelli lisci, spioventi sul viso dai lineamenti regolari. Il proiettile aveva raggiunto il cuore, come si vedeva dalla macchia scura sul maglioncino di cachemire azzurro, sotto il giaccone sportivo». (p.23).
Antonello era anche un uomo brillante: legato a esponenti della “Matera bene”, gli erano attribuite numerose conquiste femminili, una sua ex amante di Roma lo aveva anche rintracciato a Matera e lo aveva perseguitato al telefono.
L’impiegata dell’agenzia immobiliare spiega a Imma Tataranni: «Con The Passion di Mel Gibson, e qualche altra cosetta, abbiamo sfondato a livello mondiale. Figuratevi che vengono dall’America e dall’Australia, a comprare nei Sassi. Ci vuole qualcuno che sa trattare coi forestieri, che parla le lingue, che ci sa fare. Antonello era perfetto. E poi conosceva tutti. Proprietari di case prestigiose, che magari non hanno i soldi per mantenerle, e nemmeno l’interesse». (p. 54)
La graduale ricostruzione della vita e della personalità della vittima vanno di pari passo con la faticosa composizione del puzzle dell’indagine: un’importantissima tessera del mosaico Imma Tataranni se la procura andando a fare visita a Girolamo Sinagra, il proprietario del palazzo in vendita. L’anziano personaggio, in acida polemica con entrambi i figli, Guido e Carolina, si è da tempo ritirato in una masseria e il suo commento sull’omicidio di Antonello è lapidario: «Chi l’ha fatto ha reso un servizio all’umanità. E’ la mia modesta opinione». (p. 40).
Un sapiente dosaggio di colpi di scena presenta a Imma, e al lettore, diverse strade per dipanare una matassa davvero intricata, con una soluzione da togliere il fiato.
L’aspetto che non mi convince di questo romanzo è l’eccessivo ricorso alla caricatura nella descrizione dei personaggi, a partire dalla stessa Imma Tataranni: «Lei, Immacolata Tataranni, coniugata, anni quarantacinque, con prole. Altezza un metro e mezzo, circonferenza più o meno uguale, colore dei capelli non pervenuto. A detta di molti, un cesso». (p. 15)
Anche l’attrazione reciproca (forse meglio dire innamoramento) tra la pm e il suo collaboratore, il ventottenne maresciallo dei Carabinieri Ippazio Calogiuri, è raccontata con toni che trovo eccessivi e ossessivi.
Gli altri personaggi (con la parziale eccezione di Gerolamo Sinagra e di Ambra, vedova di Antonello) sono descritti nello sviluppo della trama con tratti sempre accentuati, ma l’evidente intento ironico, a mio parere, non è sfociato in un risultato adeguato alla qualità della trama e al livello complessivo della narrazione.
Finale: la serie televisiva può contare su attori di altissimo livello, ne cito tre: Vanessa Scalera (Imma), Massimiliano Gallo (Pietro, il marito di Imma), Carlo Buccirosso (il Procuratore della Repubblica Vitali); nella rappresentazione dell’episodio tratto da “Via del Riscatto”, la sceneggiatura, oltre a esaltare la bravura degli interpreti, è stata in grado di far emergere l’intreccio della vicenda meglio, di quanto sia riuscito alla scrittrice con il romanzo.