SILVANA MOSSANO
Oggi, lunedì 13 settembre, si torna in aula a Novara, per il processo in Corte d’Assise nei confronti dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, accusato dell’omicidio volontario con dolo eventuale di 392 casalesi morti per mesotelioma causato dall’amianto che, per ottant’anni, è stato impiegato nella fabbrica Eternit di cui l’imputato è l’ultimo ex patron ancora in vita.
Esaurita la fase delle questioni preliminari, ora si apre il dibattimento con l’escussione dei testimoni.
Il primo convocato è Nicola Pondrano, ha lavorato all’Eternit, poi ha seguito le vertenze come esponente sindacale nell’ambito della Camera del lavoro (all’epoca guidata da Bruno Pesce) ed è stato tra i fondatori dell’Afeva (Associazione famigliari e vittime dell’amianto). Si prevede che sia una testimonianza lunga.
Sono stati citati anche altri tre testimoni: Giovanna Patrucco, la cui madre, titolare di un negozio di panetteria e alimentari al Ronzone (il quartiere della fabbrica), è morta di mesotelioma, Piercarla Coggiola, direttore dell’Ufficio Ambiente ed Ecologia del Comune di Casale, e Albino Defilippi, esponente dell’Arpa.
Alla prossima udienza di questa settimana, venerdì 17 settembre, sono stati convocati: Bruno Pesce, già segretario della Camera del lavoro di Casale e cofondatore di Afeva, Giuliana Busto, presidente Afeva, e gli amministratori pubblici Federico Riboldi e Alberto Cirio, rispettivamente attuale sindaco di Casale e presidente della Regione Piemonte.
QUINTO ANNIVERSARIO PARCO ETERNOT
«Sii sempre come il mare che, infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovare»: lo striscione si dispiega tra le mani delle «magliette rosse» del Fuck Cancer Choir che, cantando e ballando con tutta l’energia che hanno in corpo, non lo mandano certo a dire; te lo sbattono in faccia, stampato sul petto: «Vaffan… cancro». E ti dicono come fare a mandarlo, il cancro, a quel paese: seguire, appunto, l’esempio del mare. E se lo fa il mare che si ripete da mill’anni e mill’anni…
Il Fuck Cancer Choir, nato dal guizzo inventivo dell’oncologa Federica Grosso (responsabile dell’Unità di ricerca e cura che si occupa dei malati di mesotelioma, ricerca, cura e assistenza, negli ospedali di Alessandria e Casale), e diretto dalla biologa della stessa equipe (e cantante) Stefania Crivellari, è stato la colonna portante delle celebrazioni mattutine nel quinto anniversario dell’apertura del Parco Eternot (cioè: No eternit), realizzato al posto dello stabilimento che, dopo essere stato bonificato, è stato sbriciolato e poi sepolto sottoterra.
Sono stati presentati i libri «Siamo fatti di nulla», dell’eclettica artista monferrina Nadia Presotto, sopraffatta dal mesotelioma pochi giorni prima, e «Sembrava nevicasse. La Eternit di Casale Monferrato», del professor Bruno Ziglioli, preceduto dallo storico Pietro Gallo.
L’accoglienza della giornata è stata affidata alla presidente Afeva Giuliana Busto (che ha anche ricordato Nadia Presotto, del cui libro sono stati letti alcuni brani dalla giovane attrice Ramona Bruno), il saluto dell’amministrazione l’ha portato il vicesindaco Emanuele Capra.
* * *
Tra le testimonianze, ecco quella dell’oncologa Daniela Degiovanni: la notizia positiva, di cui si è fatta portavoce, è che pare essersi arrestata la fase di crescita del numero di malati di mesotelioma. E poi ha detto: «Anche quando si arriverà, in questa nostra città, a non contare più neanche un solo caso di mesotelioma, anche allora questo giorno – 10 settembre -dovrà essere celebrato con solennità, come con onore e commozione ricordiamo i caduti delle guerre, che con la loro morte hanno regalato a noi 70 anni di Pace, e un assetto sociale di diritti e di doveri, di cui troppo spesso tendiamo a dimenticarci. Noi siamo la memoria che siamo capaci di conservare dentro di noi, noi siamo la responsabilità che siamo stati capaci di assumere in vita. Senza memoria cadremo nella insignificanza, senza responsabilità vivremo senza far tesoro del grande patrimonio di diritti che abbiamo ereditato dal passato».
Ed ecco l’inedita intervista che ho fatto, venerdì mattina, a Nadia Presotto, per presentare il suo diario-verità «Siamo fatti di nulla», che racconta il tempo della malattia con cui ha convissuto sedici mesi.
«Confesso che sono in difficoltà, perché una cosa è presentare un libro conversando con l’autore, altra è presentare il libro senza l’autore. E dire che, nel programma, è scritto ben chiaro: “Presentazione Del libro «Siamo fatti di nulla» di Nadia Presotto; interverranno Nadia Presotto, Silvana Mossano, Giuliana Busto”. E’ così che avrebbe dovuto essere, secondo programma.
Ma Nadia Presotto non c’è, qui. Anzi, non c’è più. Mesotelioma: c’è altro da spiegare?
E quindi sono a disagio perché non so che cosa posso dire che io non abbia già scritto nella presentazione del suo libro «Siamo fatti di nulla».
Un po’ di tempo fa mi telefona e io, stupida, le ho rivolto la più stupida delle domande. Mi dico sempre: «E’ una domanda stupida», ma è un intercalare così ricorrente che ti scappa di bocca senza pensarci.
«Ciao Nadia, come stai?».
«E insomma, non tanto. Ho il mesotelioma».
Mica è la prima volta che sento una risposta così, ma ogni volta è una scudisciata violenta che mi fa traballare.
Poi mi ha parlato del libro-diario che aveva scritto e mi ha chiesto se ne scrivevo la presentazione. E io l’ho fatta, la presentazione, e ho detto quel che avevo da dire.
E adesso che vengo ancora a dire oggi?
E adesso, poiché l’impegno di essere qui stamattina l’ho preso in modo solenne – con lei e con questo luogo sacro di memoria che è il Parco Eternot – e con certi impegni sacri e solenni non si scherza, io la conversazione con l’autrice stamattina la farò comunque.
Mi limiterò alle domande, che è il mestiere che ho fatto per molti anni, e l’autrice risponderà con le parole del libro. Parleremo d’amore.
Questo libro racconta una storia d’amore intenso, condiviso, gioioso che, di colpo, diventa struggente, urgente, affamato di tempo che sfugge, perché si mette di mezzo il mesotelioma.
Nadia e Renato, più di quarant’anni insieme, a condividere i gesti semplici della quotidianità, ma anche l’arte in molteplici linguaggi espressivi – dalla pittura, alla scrittura, alla poesia, alla fotografia – e i viaggi a trovare ispirazione nei luoghi più lontani e fantastici.
Che cos’è per Nadia Presotto il viaggio? Lo dice in versi:
«Odo/ i tuoi passi/ accanto ai miei// per le calli di Venezia/ si stringono le nostre mani/ in attesa/ di salire/ al ponte degli innamorati.»
Forte è la passione per i viaggi, anche fuori dall’Italia, in luoghi lontani, evocativi…
«…dall’ Isola di Pasqua al deserto di Atacama (che splendidi ricordi…). Ricordi amore mio quella sera che siamo usciti dall’ hotel di San Pedro, le strade polverose, la musica…, proprio in Monferrato ho conosciuto lo scrittore cileno Luis Sepulveda (se l’è portato via il Covid) che mi ha autografato il suo libro di appunti “Patagonia express”. La Patagonia…terra di spazi immensi e grande natura. Come dimenticare il ghiacciaio Perito Moreno o Punta Tombo che ospita la più grande colonia di pinguini di Magellano? O la Penisola Valdes: abbiamo passeggiato sulla spiaggia di conchiglie fossili tra leoni di mare ed elefanti marini. E poi ancora Ushuaia la città più meridionale del mondo, la porta dell’Antartide. Ricordi amore quel tramonto cileno?»
E la Siria…
«…accolti al mattino presto con il canto dei Muezzin… Un viaggio che ci ha dato forti emozioni e ancora oggi ricordiamo suoni, colori e odori dei suq di Aleppo e Damasco»
Poi c’è stata la pandemia e i viaggi hanno dovuto essere sospesi.
«L’ ultimo è stato a Etretat, nel settembre 2019 io e te soli, la Normandia…che suggestioni quel mattino sulla spiaggia con nebbia e pioggia e poi all’ improvviso un raggio di sole ha illuminato le falesie. Sembrava di sfogliare un catalogo di pittori impressionisti. Chissà quando potremo fare ancora qualche bel viaggio?».
All’inizio del 2020 arriva il covid, ma nelle case di San Maurizio e di Casale c’è molto da fare…
«Nel periodo della quarantena approfitto per le grandi pulizie e per disinfettare un po’ tutto, per sistemare il materiale dello studio in mansarda e la raccolta degli articoli scritti dal 2000 – esattamente da vent’ anni – butto le copie e conservo solo gli originali. Sono numerose le riviste e i giornali ai quali abbiamo collaborato, Renato con le immagini e io con i testi».
I primi mesi scorrono, con le incertezze, i timori, le paure che gettano nel panico tutto il pianeta, la parola “covid” diventa di dominio pubblico. Si arriva a maggio.
«Sì. Il 4 maggio non è solo il primo giorno della fase due della pandemia che ha colpito il mondo intero. Certo è il giorno in cui si sono allentate le restrizioni. Alcune attività hanno ripreso il lavoro; si può fare sport nei parchi rispettando le regole di distanziamento, usare mascherina e guanti.
Fortunatamente è anche una bella giornata di sole, con giardini e parchi fioriti; anche le nostre rose hanno i boccioli che si stanno aprendo e le due rose Banksiae sostenute dal pergolato addossato al capanno degli attrezzi, presentano mille roselline gialle tra le piccole foglie verdi ed i rami senza spine. Ed io mi sento bene.
Fino alle 14,45. Poi c’è l’ora del brusco cambio di registro
(…) Per me, alle 14,46 di quel 4 maggio, dopo aver fatto la radiografia, rispettando tutte le norme di sicurezza, la vita è cambiata improvvisamente. Ritiro il referto che leggo con Renato non appena salgo in auto e dalle prime due parole “versamento pleurico” ho capito quello che ho. Per chi è di Casale Monferrato e dintorni – e non solo, purtroppo – sa che quelle due semplici parole significano, nella maggior parte dei casi, “mesotelioma”. La disperazione è immensa.».
Si aggiunge il trauma del distacco, tremendo per voi che siete sempre insieme, simbiotici. Ma per fare gli accertamenti è necessario il ricovero in ospedale e, proprio per via del covid, Renato non può stare al tuo capezzale.
«L’ ultimo mio sguardo è per Renato, nell’ atrio dell’ospedale, lui non può entrare. Sono anni che non ci separiamo nemmeno per mezza giornata. E’ un momento veramente molto doloroso. (…) Tante sono le telefonate e videochiamate con Renato, unici mezzi per vederci e parlarci; il suo sguardo triste e spesso lucido mi angoscia. Quanto mi manca!».
La lontananza da chi si ama è terribile. E lo sconforto, l’ansia, la paura per la diagnosi e il futuro aumentano. Ti strappa una poesia.
Ecco un verso: «Accentua la sofferenza
l’amore lontano
e le giornate interminabili.
Quale sarà la mia sorte?»
A volte ti aiuta la poesia, altre volte, invece, c’è soltanto il peso dei pensieri e della solitudine. Lo esprimi e lo metti nero su bianco.
«Amore mio quanto mi manchi! Proprio in questi momenti avrei tanto bisogno di te, delle tue carezze, del tuo conforto. Purtroppo vedo, con la videochiamata, nei tuoi occhi, tutta la nostra disperazione, la tua e la mia. Possibile che proprio ora il destino ci abbia riservato un così terribile dolore? (…) Amore mio quanti progetti e sogni sfumati da quel 4 maggio 2020. Sognavamo la nostra vecchiaia insieme, fotografare, dipingere, scrivere, qualche mostra e qualche viaggio, curare il nostro giardino. Insieme, sempre insieme. Vorrei averti qui accanto a me.»
Ti sei domandata come puoi aver incrociato la fibra di amianto che si è risvegliata in te ora?
«…mi ritornano alla mente ricordi offuscati, ricordi lontani di ragazzina, quando abitavo in centro a Casale Monferrato e si giocava in Piazza Mazzini e in via Roma. Ho saputo poi che le correnti d’ aria trasportavano la fibra killer in centro città. Spesso sconfinavamo, si andava a giocare al Ronzone nella zona dell’Eternit; guardavamo gli operai e le operaie uscire con le loro biciclette al cambio turno. E’ un ricordo sbiadito quello del canale nel quale scorreva acqua chiara. E l’erba era verde? Non ricordo erba verde, ricordo un colore grigiastro, tutto era coperto di grigio»
Poi la diagnosi è stata confermata. A chi ti sei affidata?
«Ho incontrato la dottoressa Daniela Degiovanni, e la dottoressa Federica Grosso, sempre presenti, un sostegno ineguagliabile, una telefonata, un whats app, una visita, per ogni bisogno. E ho il sostegno morale della oss Anna Rita».
E la quotidianità scorre.
«Nelle giornate nelle quali mi sento bene metto ordine al mio “passato”: elimino vecchie agende, documenti scaduti da anni, fatture che ormai hanno superato il limite imposto per legge per la loro conservazione, vecchi libri di scuola… riaffiorano ricordi piacevoli e meno, ma tutto questo fa parte della mia vita che ora intendo cancellare, perché so di non avere molto tempo davanti a me, quindi meglio lasciare tutto in ordine. …E poi faccio le cose di sempre, cucino, un po’ di pittura, scrivo ma “dentro” sono angosciata” e attendo con ansia la prossima tac: Come sarà il referto: stabile, migliore o peggiore?».
E Renato sempre con te.
«Sotto questo punto di vista mi posso considerare fortunata; ancora di più perché sono molto amata».
Con questo gusto incontenibile della condivisione.
«Per noi è importante stare insieme. (Ad esempio)… La prima nevicata dell’inverno! E’ piacevole stare a guardare dalla finestra la neve che scende lenta e come per magia trasforma il giardino in un luogo incantato. I frutti del caco, rimasti sulla pianta, sembrano addobbi natalizi. Ma quando le giornate si trascorrono con la persona amata, che ti è sempre accanto e ti sostiene, esse diventano giornate meravigliose. Alcuni fuochi d’ artificio illuminano il cielo di Casale Monferrato la notte del capodanno 2020/2021. Renato ed io, come lo scorso anno, stappiamo una bottiglia di spumante e brindiamo all’ anno nuovo».
Un buon motivo per lottare è riposto nell’attenzione alla ricerca.
«Sono stata invitata a donare un’opera per un’asta benefica a favore della ricerca sul mesotelioma. Aderisco con una tela a olio intitolata Albero. Ho saputo che l’asta benefica è andata bene ed i fondi raccolti sono devoluti a sostegno del progetto “Adotta un Ricercatore”. La Fondazione SolidAL sta infatti da tempo aiutando in questo senso. Lo scopo della ricerca è migliorare il risultato della terapia potenziando l’effetto dei farmaci attualmente in uso attraverso l’utilizzo di sostanze naturali utili al mantenimento delle cellule sane. Sono molto fiduciosa in questa ricerca anche perché conosco personalmente chi se ne occupa»
Concordo, Nadia, la ricerca è importante e servono denari per sostenerla. Quindi nasce l’idea di questo libro e, da una chiacchierata con la dottoressa Degiovanni, scaturisce il titolo «Siamo fatti di nulla»: è un diario-verità, intenso e struggente da leggere, delicato ed elegante da vedere, finalizzato a raccogliere fondi per la ricerca. Il libro ha due dediche.
Una a Renato, ca va sans dire, e una ai ricercatori del Dipartimento di Scienze ed Innovazione Tecnologica dell’Università del Piemonte orientale di Alessandria ai quali va il ricavato di questa pubblicazione.
«In loro ripongo la mia speranza anche se so che la ricerca sarà lunga e quando si avranno dei risultati a me non serviranno più, mi auguro siano utili per altre persone».
Non solo Nadia: noi tutti abbiamo fiducia nella ricerca di una cura: finalmente una cura, «la» cura che più di ogni altra cosa attendiamo da tanto, fino a essere persino stremati nel chiederla ed esausti da questa attesa. Ma non vinti.
L’intervista finisce qui. Grazie Nadia».
* * *
Nel pomeriggio, la cerimonia nel quinto anniversario del Parco Eternot è proseguita con la partecipazione della Banda Filarmonica di Occimiano e la lettura dei nomi delle 392 vittime dell’amianto, elencate nel capo di imputazione del processo Eternit Bis.
Ecco il commento di Assunta Prato, vedova dell’amianto, e membro dell’Afeva: «La lettura dei nomi delle vittime che chiedono giustizia nel processo a Novara è stato un momento struggente della giornata di venerdì al parco Eternot. Ad ogni nome pensavo ad una persona, una famiglia, una comunità che è stata colpita da una tragedia. Ad ogni nome pensavo ad una mano crudele che cancellava un volto, una storia. Chiediamo giustizia per quei nomi, tutti».
Grazie Silvana per la tua sentita testimonianza puntuale e precisa e grazie a tutti coloro che lottano affinché la giustizia faccia il suo giusto corso . Attendiamo con fiducia, ricordando nella preghiera chi è non più con noi a causa di questa tremenda malattia.