SILVANA MOSSANO
Si svolgono domani, martedì 6 settembre, alle ore 10, nella chiesa di San Maurizio di Conzano, i funerali di Nadia Presotto, eclettica artista delicata, raffinata e appassionata che, domenica mattina, è morta all’Hospice di Casale, vittima del mesotelioma. Ha condiviso i sedici mesi di malattia con il marito Renato Luparia, anche lui artista della fotografia. Anzi, hanno condiviso totalmente e intensamente tutta la vita fatta d’amore, d’arte e di viaggi.
Nadia Presotto, dopo la diagnosi, non si era chiusa nella sua disperazione – per quanto grande e confidata -, ma aveva reagito continuando a esprimersi attraverso i linguaggi artistici ed esponendo le sue opere fino all’ultimo.
Non solo: ha lasciato un segno incisivo, un libro – diario che documenta la malattia e, soprattutto, il dolore dell’animo, quale «effetto collaterale» difficile e straziante da sopportare più della patologia stessa. Il titolo del libro è «Siamo fatti di nulla», dedicato «A mio marito Renato che mi è sempre accanto e mi incoraggia»: lo ha presentato lei stessa tra primavera e inizio estate in alcune occasioni; i prossimi appuntamenti – cui purtroppo Nadia Presotto non ci sarà più – sono a Casale il 10 settembre, dalle 9,30 in poi, in occasione delle celebrazioni per il 5° anniversario del Parco Eternot, e a Conzano il 12 settembre.
Riporto qui, a seguire, uno stralcio del primo capitolo di «Siamo fatti di nulla» e, poi, il testo della presentazione che l’autrice mi aveva chiesto e io avevo scritto, accettando molto volentieri il suo invito.
Il ricavato della vendita del libro è destinato ai ricercatori del DISIT – Università del Piemonte Orientale di Alessandria, in particolare per il Dottorato di ricerca sul mesotelioma, in collaborazione con l’ Azienda Ospedaliera di Alessandria, sostenuto dalla Fondazione SolidAL Onlus. Oltre che negli eventi di presentazione, si può acquistare le librerie Mondadori e Coppo di Casale Monferrato – Via Roma – oppure dall’editore www.edizionidellagoccia.it/presotto al prezzo di euro 12, comprese le spese di spedizione, per informazioni 338.3354590.
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Ecco lo stralcio del libro «Siamo fatti di nulla». Le parole dell’autrice Nadia Presotto.
4 maggio (2020) non è solo il primo giorno della fase due della pandemia che ha colpito il mondo intero. Certo è il giorno in cui si sono allentate le restrizioni. Alcune attività hanno ripreso il lavoro; si può fare sport nei parchi rispettando le regole di distanziamento, usare mascherina e guanti.
Fortunatamente è anche una bella giornata di sole, con giardini e parchi fioriti; anche le nostre rose hanno i boccioli che si stanno aprendo e le due rose Banksiae sostenute dal pergolato addossato al capanno degli attrezzi, presentano mille roselline gialle tra le piccole foglie verdi ed i rami senza spine.
Ed io mi sento bene.
Per me, alle 14,46 di quel 4 maggio, dopo aver fatto la radiografia, rispettando tutte le norme di sicurezza, la vita è cambiata improvvisamente. Ritiro il referto che leggo con Renato non appena salgo in auto e dalle prime due parole “versamento pleurico” ho capito quello che ho. Per chi è di Casale Monferrato e dintorni – e non solo, purtroppo – sa che quelle due semplici parole significano, nella maggior parte dei casi, “mesotelioma”. La disperazione è immensa.
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Ecco quanto ho scritto nella presentazione del libro
Silvana Mossano
Un casalese lo sente quando «quella» minaccia incombe. E quando, poi, la lastra evidenzia un versamento pleurico – poco conta l’aggettivazione da cui può essere preceduto: lieve, modesto, consistente -, un casalese lo sa che la minaccia è deflagrata. E, allora, i tentativi evasivi di procrastinare la comunicazione definitiva della diagnosi di mesotelioma – «è prematuro per dirlo», «bisogna fare altri accertamenti» – pesano, sgomentano.
Qualcuno ha scritto: «La più penosa delle condizioni umane è l’incertezza». Beh, l’illusione aggiunge a questa pena anche una pennellata di crudezza. Perché, nell’incertezza della diagnosi, trova albergo una girandola impazzita di illusioni, generate da interrogativi come «perché deve capitare proprio a me?», «perché non potrebbe essere un’altra cosa? Una pleurite o placche pleuriche, curabili, guaribili?», «che c’entro io con l’amianto?».
E’, appunto, quel male, perfido figliastro della fibra d’amianto, che un casalese percepisce anche prima della sentenza conclamata. Dilatare l’attesa della diagnosi fa solo male.
Nadia Presotto ha sofferto questo prolungamento dei tempi, in parte motivato dalla eccezionale situazione della pandemia, in parte da inqualificabili guasti della Tac. Fino a che ha letto il proprio destino su un foglio, chiuso in una busta, ritirata al momento delle dimissioni dall’ospedale dove era stata sottoposta a toracentesi.
L’ha letto. L’hanno letto. Insieme. Nadia e Renato, prepotentemente divisi, prima volta nella vita, dalla degenza di lei – un paio di interminabili settimane, a causa delle necessarie quanto spietate precauzioni anticovid – si sono ricongiunti in quel minuto doloroso, inedito rispetto a tutti quelli che, in un alternarsi umano di gioie e sofferenze, scandiscono le esistenze terrene.
La lettura. La diagnosi. E’ il minuto che, come un chiodo sacro della Croce, si conficca prepotentemente a scandire il prima e il dopo.
Quel «dopo» Nadia e Renato, affrontate le fasi dell’incredulità, della rabbia, della paura, della ricerca del da farsi (la scienza va avanti e, giorno dopo giorno, apre nuove prospettive e speranze), quel «dopo» l’hanno sublimato nella rarità del loro amore reciproco e simbiotico. E’ la forza che, più dei farmaci, segna la boa della non rassegnazione alla malattia. Cruenta, sì, ma non padrona dei loro giorni.
La vita insieme, che ha caratterizzato quasi mezzo secolo, di cui quarant’anni da sposati, è la pietra preziosa e resistente a ogni scalfittura, che eleva ogni istante condiviso per riempirlo di vita, di gioia, di esperienze nuove o rinnovate. Una sfida a schiena dritta. Due schiene dritte affiancate che attingono profondamente al respiro bello del mondo coniugato nell’arte e nella fotografia, nei viaggi e negli incontri, nei dettagli minuti visibili solo da occhi innamorati.
Nadia Presotto ha deciso di fissare sulle pagine questa sfida, raccontando le esperienze di questi mesi, le ansie e le paure, la ribellione e la fiducia, la chemio, la debolezza e la ripresa, i luoghi rivisti e quelli scoperti, i contatti con amici e conoscenti, le gite e le mostre, la quotidianità ricca di spunti e di stimoli. Lo fa scartando il linguaggio rabbioso e lamentoso, privilegiando quello lineare e lieve di un diario.
Perché non hanno tempo, Nadia e Renato, per lamentarsi.
E’ il tempo di vivere intensamente, questo. E di narrarlo, così meravigliosamente vitale, ricco e struggente.
Che altro dire. Il dramma continua senza guardare in faccia nessuno. La speranza non ci dovrà mai abbandonare .
Ho aspettato di aver letto il libro di Nadia Presotto prima di commentare questo post che mi aveva subito toccato nel profondo del cuore. Non conoscevo personalmente Nadia, ma leggere le sue parole me l’ha fatta sentire tanto vicina.
Incredulità per una diagnosi tuttora infausta, sgomento, incertezze, angoscia, tutte emozioni provate sulla mia pelle insieme a mio marito ormai 25 anni fa. 25 anni che sembrano un secolo, perché ne sono successe tante di cose, belle e meno belle, da allora, e sembrano ieri, perché il dolore si accantona per continuare a vivere, ma non si dimentica mai. E a volte basta un niente per ritrovarselo nella gola e negli occhi gonfi di lacrime.
Il libro di Nadia è un libro soprattutto d’amore, per il marito, per l’arte e la vita. L’ho letto e mi sono sentita ancora una volta vicina a tutti quelli toccati da questa tragedia che sembra infinita, arrabbiata verso chi l’ha causata, determinata a non smettere mai di chiedere giustizia.