SILVANA MOSSANO
La frase «mi scuso» ha sempre più la consistenza della sciatta faciloneria e sempre meno la tenuta di una seria contrizione. L’esternazione del pentimento, affidata a post e cinguettii, spesso non è un’invocazione sincera di perdono, né una (pur metaforica) sottomissione allo spargimento di cenere sul capo, né, ancor meno, un’espressione di dolore autentico per aver provocato umiliazioni, offese e sofferenze attraverso l’uso incauto e smodato, sboccato e violento di uno degli strumenti più potenti e nobili di cui disponiamo: le parole. Dopo aver oltraggiato il nemico di turno con la velocità incontinente di un rutto acido, ci si fa convinti che «mi scuso, mi dispiace, non volevo, non è mia abitudine, è stato un raptus in un momento difficile…» siano sufficienti a suturare con una garza di noncuranza la virulenza dell’offesa. Mia nonna Ada, saggia e rispettosa contadina, era solita dire, nel suo dialetto: «Parola turna andrera ‘s po nen fasi», a significare che, quando le parole sono uscite di bocca, l’ordine di farle tornare indietro come se non fossero state pronunciate non si può fare. Se hanno provocato uno sfregio, bisogna pagare le conseguenze.
Interessante ed efficacissimo, a questo proposito, l’articolo che il collega Giorgio Levi ha pubblicato sul suo blog «il times» (dopo i recenti insulti a Liliana Segre e a Giorgia Meloni, e il post antisemita di una consigliera comunale torinese). Giorgio Levi mi ha autorizzato a riportare il suo pezzo anche qui, sul mio sito. Gli sono grata per l’autorizzazione, ma soprattutto per il rigore e la fondatezza delle sue riflessioni che condivido pienamente.
(La foto di Liliana Segre è stata pubblicata dall’agenzia Ansa)
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A seguire, dal blog «il times»
Da Meloni a Segre, chiedere scusa non basta più. Il pentimento va compiuto
di GIORGIO LEVI
Un docente universitario insulta pesantemente l’onorevole Meloni. Una settimana fa una consigliera comunale del M5S di Torino diffonde un messaggio di chiara matrice anti-semita. Uno degli hater che hanno sparato bordate social orripilanti contro la senatrice Segre si pente: “Chiedo scusa di cuore, sono una brava persona, mi vergogno di quello che ho scritto, è un periodo non felice e ho agito senza ragionare”.
Tutti e tre hanno chiesto scusa. Tutti e tre hanno affermato di essere brave persone (chissà se non lo erano). Tuttavia, chiedere scusa non basta. E’ un processo mentale da paraculi. Perché se sei un esponente politico o un docente universitario i casi sono due: o sei un menteccato (ma allora che cosa ci stai a fare seduto ad una cattedra universitaria?) o dici quello che pensi e poi quando hai paura che la polizia postale ti scovi (il caso dell’hater di Segre) ti metti in ginocchio.
Il chiedere scusa ha un po’ a che fare con il chiedere perdono, una delle chiavi di salvezza che la religione cattolica offre ai credenti. Hai condotto una vita da delinquente e sei all’ultimo giorno della tua esistenza? Se chiedi sinceramente perdono a Dio, Lui ti salva. Forse non andrai dritto filato nel Regno dei Cieli, ma nemmeno all’inferno. Chissà poi come va davvero nei minuti finali, chissà quanti chiedono perdono a Dio e sperano di ripulirsi la coscienza e staccare un biglietto verso il Paradiso. E’ una cosa che non sapremo mai, nessuno è tornato per dircelo.
Ma Dio è l’Altissimo e può essere magnanimo, se legge il vero pentimento nella nostra anima. Gli uomini sono un’altra faccenda. Alle scuse è necessario accoppiare un gesto significativo, irreversibile, forte. Il docente universitario, che ha dato della scrofa alla signora Meloni, prende carta e penna, scrive al rettore e si dimette in poche ore. La consigliera comunale di Torino lascia immediatamente il suo cadreghino in Consiglio e scompare volontariamente dalla scena politica. L’hater che ha rovesciato infamità razziste sulla signora Segre va in una Comunità ebraica e si offre volontario per accompagnare i dolorosi pellegrinaggi ad Auschwitz. Offrirsi spontaneamente, contriti e pentiti. Ma soprattutto, dimostrarlo con i fatti terreni.
Le scuse sono una minuzia da vigliacchi, evaporano in tre giorni. E alla prima occasione loro stessi se ne dimenticheranno, pronti a tornare sulla scena degli idioti anche solo per un giorno.
Da Meloni a Segre, chiedere scusa non basta più. Il pentimento va compiuto
Efficace e incisiva nel tuo stile che rende piacevole, leggera la lettura e … pesanti le riflessioni che scatena. E, come sempre, continuo a scorrere i tuoi scritti, dispiacendomi che finiscano…
Come si può non essere d’accordo. Impossibile. Mi permetto aggiungere una parola “Rispetto”.
Condivido tutto ciò che è stato scritto. Non riesco nemmeno a immaginare come la mente umana possa creare simili pensieri. Voglio almeno sperare che con il tempo, quegli individui raggiungano la maturità per provare un tale rimorso da sentire necessarie vere”scuse”.