SILVANA MOSSANO
Il botta e risposta sulle eccezioni preliminari al processo Eternit Bis si è concluso: i difensori le avevano sollevate (5 luglio 2021) sostenendo, con appigli diversi, che il processo non s’ha da fare e i pubblici ministeri le hanno rimpallate (12 luglio 2021) definendole, a una a una, «infondate».
Ora, quel che conta è quanto deciderà la Corte d’Assise di Novara, (presieduta da Gianfranco Pezone; giudice togato a latere: Manuela Massino, più sei giudici popolari), chiamata a giudicare l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny per l’omicidio volontario di 392 casalesi vittime dell’amianto. L’articolata decisione arriverà lunedì prossimo, 19 luglio, ultima udienza prima della pausa estiva. Il processo riprenderà il 13 settembre.
Su che cosa devono pronunciarsi i giudici prima di entrare nel vivo del processo?
Esaminiamo alcuni punti.
La questione del «ne bis in idem», a dire che non si può giudicare due volte una persona per il «medesimo fatto». Secondo i difensori dell’imputato, Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, l’Eternit Bis sarebbe proprio una duplicazione dell’Eternit Uno. Niente affatto, è la replica della procura: «L’eccezione non va accolta» ha esordito la pm Maria Giovanna Compare. Evocando le motivazioni della prescrizione decisa dalla Cassazione nel 2014 (per il primo maxiprocesso), il pubblico ministero ha sintetizzato: «Proprio la Suprema Corte, in quella circostanza, aveva affermato il principio secondo cui nell’Eternit Uno non erano stati vagliati gli argomenti attinenti a morti e lesioni». Quel procedimento, infatti, era incentrato su delitti contro l’incolumità pubblica determinata dall’incontrollata diffusione di amianto (disastro innominato doloso), mentre «ora, nell’Eternit Bis, – ha ribadito Maria Giovanna Compare – il delitto contestato è diverso e riguarda specificatamente l’attentato al bene della vita». Appunto l’omicidio volontario con dolo eventuale.
Altra questione: la traduzione degli atti del processo, dall’italiano al tedesco, che il difensore Alleva ha definito «difettosa e scombiccherata» a partire dal testo dell’avviso di chiusura delle indagini. La conseguenza, secondo i legali di Schmidheiny, è che, poiché il difetto sta all’origine, anche gli atti a seguire sono «difettosi e scombiccherati», ovvero, in termini giuridici, «nulli».
Un momento, è la replica il pubblico ministro Gianfranco Colace, che spiega: «Vengono lamentate delle inesattezze nella traduzione dall’italiano al tedesco. Io non sono in grado di dire se le imprecisioni linguistiche appartengano alla Crusca tedesca, ma gli elementi che dovevano essere portati a conoscenza dell’imputato ci sono tutti tanto è vero che, fin dall’inizio, i suoi legali hanno regolarmente esercitato i diritti della difesa tecnica». A dire che, in ogni passaggio, «era chiara la contestazione, l’esplicitazione dell’elemento soggettivo (cioè la contestata intenzione di commettere il reato, ndr) e l’elenco delle vittime». Quel che si è modificato, rispetto al primo avviso di chiusura indagini, «è l’elenco delle vittime, che ora è più lungo, perché purtroppo le persone continuano a morire».
Altra eccezione sollevata dai difensori: il loro consulente, professor Massimo Roncalli, non ha potuto visionare i preparati anatomopatologici (cioè i cosiddetti «vetrini» del materiale biologico prelevato dai malati al tempo delle diagnosi) così come hanno fatto i consulenti della procura. L’avvocato Alleva, alla passata udienza, aveva ripercorso, data per data, i tentativi di arrivare ai «vetrini»: il professore, però, era riuscito a visionare solo le dodici scatole di plastica in cui erano custoditi. Nulla di più.
Il pm Colace ha spiegato alla Corte che «non c’è mai stata volontà ostativa alla visione ma…». Ma? «La procura ha acquisito (non sequestrato) i preparati anatomopatologici nei vari ospedali: ne è stata utilizzata una minima parte per effettuare l’analisi e poi sono stati restituiti ai rispettivi luoghi di provenienza. La difesa ha chiesto di visionarli mentre erano nella disponibilità della procura? Non è mai stata impedita la visione. Il problema è sorto quando il professor Roncalli ha chiesto di portarli via, per analizzarli altrove, in ospedale a Pavia». Ora, quei «vetrini», per condivisa ammissione delle parti, rappresentano un «corpo di reato» di questo processo: «La norma – ha argomentato il pm Colace – non prevede che il corpo di reato venga spostato, con il rischio di pregiudicare quei campioni anatomopatologici irrimediabilmente senza più poterli usare in futuro, qualora, ad esempio, la Corte decidesse di disporre una propria perizia». Ha aggiunto l’avvocato Laura Mara: «L’asportazione sarebbe illecita».
I legali di parte civile, tramite gli avvocati Esther Gatti e Maurizio Riverditi, hanno condiviso e sostenuto tutte le argomentazioni dei pubblici ministeri.
Che scenario ora ci si può attendere?
Se la Corte d’Assise accogliesse l’eccezione sulla traduzione difettosa e dichiarasse la nullità degli atti, il fascicolo tornerebbe alla procura che dovrebbe rifare le traduzioni, le notifiche e si ripeterebbe tutto l’iter daccapo, con fissazione dell’udienza preliminare, e così via.
Se la Corte d’Assise accogliesse l’eccezione sui «vetrini» è difficile fare una previsione. Potrebbe, ad esempio, ordinare di eseguire una propria perizia super partes: in questo caso, i giudici dovrebbero individuare dei consulenti, cui affidare l’incarico. Quindi sarebbe inevitabile un’interruzione, in attesa del compimento e della consegna della perizia.
Se, poi, la Corte d’Assise condividesse le perplessità difensive del «ne bis in idem», non è escluso anche un nuovo ricorso alla Corte Costituzionale (vi si era già rivolto il gup di Torino Federica Bombieri: e la Consulta aveva escluso quel tipo di ostacolo).
Se, invece, la Corte d’Assise rigetta le eccezioni, dichiarandole infondate, si arriva al processo vero e proprio, partendo dalla cosiddetta fase delle «richieste delle parti»: è il momento in cui i pubblici ministeri, i difensori dell’imputato e i patroni di parte civile elencano quali testimoni e quali consulenti vogliono interrogare nel corso del dibattimento. Potrebbe già essere all’udienza del 19 luglio o a inizio settembre. Non è detto che la Corte li ammetta tutti (la difesa di Schmidheiny ha depositato un elenco di nomi lungo 120 pagine): dirà quanti e quali.
Ed è da quel momento che si entra nel merito: sia con i racconti personali dei famigliari delle vittime sia, poi, con le tesi dei consulenti tecnici, sulle malattie e relativa fondatezza di ciascuna delle diagnosi; circa questo aspetto, i difensori hanno già fatto trapelare chiari segnali di battaglia: «Se il nostro cliente deve difendersi dall’accusa di omicidio volontario – hanno spiegato –, dobbiamo accertare scientificamente che la patologia che ha causato le morti, caso per caso, sia stata proprio il mesotelioma (cioè il cancro che la scienza riconduce all’amianto) e non un altro tipo di tumore».
Lo scenario del processo, dunque, è ancora aperto. Le decisioni che la Corte d’Assise comunicherà alla prossima udienza potrebbero cominciare a rischiarare in modo più nitido le tappe del percorso giudiziario che sarà, ne siamo tutti consapevoli, lungo, complesso e arduo, da qualunque parte lo si guardi.
In particolare, la fatica – emotiva, morale, psicologica, sociale – che si prospetta per chi è stato trafitto dal dramma dell’amianto si riassume efficacemente in una citazione letteraria che un’amica, Assunta, vedova dell’amianto da 25 anni tenacemente in trincea, mi ha richiamato alla memoria. E’ l’incipit del II libro dell’Eneide: «Infandum, regina, iubes renovare dolorem» dice Enea a Didone. Ovvero: «Tu mi costringi a rinnovare un indicibile dolore».
Una lotta infinita tra cavilli giuridici e interpretazioni varie. Quando finirà mai questo processo?! Condivido l’invcipit di Assunta. Sempre con i nostri cari defunti e chi ancora soffre. Grazie Silvana per aggiornamenti puntuali e preziosi. Ciao
Grazie tante Silvana per il tuo costante impegno, per i tuoi approfonditi e preziosi aggiornamenti!
Sarà doloroso, Silvana, e molto faticoso, ma lo dobbiamo a chi non c’è più, a chi ci lascerà ancora. Vogliamoci bene, noi che siamo dalla stessa parte.
Come sempre brava Silvana, grazie da luigi Ferrando
Una vera vergogna . Una piaga che si riapre , senza sbocco . Grazie per la costanza all’assiciazione