SILVANA MOSSANO
CASALE MONFERRATO
Che fai se vedi sul selciato il sangue di tuo cugino, poco più che ventenne, ammazzato per sbaglio dalla camorra? Che fai se quel sangue innocente viene insozzato da illazioni mostruose che richiedono anni per essere rimosse? Che fai se il dolore ti brucia la pelle e il cuore schiuma di rabbia? Che fai dei tuoi diciassette anni cui viene schiaffeggiata via di colpo la gioiosa goliardia, la genuina fiducia nel domani, il proposito di un mondo migliore? Che fai se tutto questo ti accade mentre vivi lì, a Napoli, città fascinosa e misteriosa – la tua città -, tra le vele infettate del quartiere Scampia – il tuo quartiere -, dove umanità, orgoglio e coraggio ci sono ma hanno paura a esporsi? Che fai con tutto questo peso scomposto addosso? Entri in guerra. E scegli le armi. Rosario Esposito La Rossa ha scelto: ha imbracciato le parole precise, puntuali, stringenti, puntute e le usa per sostituire la criminalità con la legalità, l’omertà con la responsabilità civile. E’ lui l’«Ambientalista dell’Anno» proclamato nel 2020 al Premio nazionale Luisa Minazzi, nell’ambito del Festival delle Virtù Civiche, promosso da Legambiente nazionale e nato su idea e impulso della rivista La Nuova Ecologia, fin da quando ne era direttore Marco Fratoddi. La cerimonia, per la prima volta, si è svolta online, l’unico modo che il tempo covid consente. E’ mancata l’atmosfera suggestiva della sala consiliare di Palazzo Sangiorgio, è mancata l’emozione delle strette di mano e il piacere dell’incontro ravvicinato, ma l’autorevolezza del copione è stata rispettata.
Va detto chi era Luisa Minazzi, cui il Premio è intitolato. «Ero una bambina timida e piuttosto controllata. Non parlavo molto. Le cose sono cambiate alle scuole superiori, quando confrontandomi con gli altri ho cominciato a capire che era possibile avere idee proprie e difenderle. Lì è successo qualcosa: ho capito che non avrei mai accettato le ingiustizie, anche a costo di essere sola. Ma poi non si è mai veramente soli»: così spiegava di sé, nel 2008, in un’intervista a La Nuova Ecologia. Nel 2010 il mesotelioma, il cancro causato dalla fibra di amianto, ha soffocato la sua voce che, pure, ha resistito più che ha potuto. E, qualche anno dopo, ha spento anche quella di suo fratello Giampaolo e di sua sorella Luciana. Tre fratelli su quattro accomunati dalla stessa ingiusta sorte.
Il premio intitolato a Luisa Minazzi (la cui sede ufficiale è a Casale, come hanno voluto La Nuova Ecologia e Legambiente, di cui Vittorio Giordano è il riferimento a Casale con il Circolo Verdeblu), non è una commemorazione, ma uno stimolo che si rinnova anno dopo anno: esempi di virtù civica come lo è stata lei che si è tenacemente battuta per la salute dell’ambiente e delle persone. Otto le candidature proposte al voto popolare in tutta Italia. Per i promotori gli otto finalisti sono tutti vincitori: pressoché impossibile scegliere tra un di più e un di meno, un meglio o un peggio. A decidere, almeno formalmente, l’Ambientalista dell’anno è il numero dei voti.
E, nel 2020, il maggior numero di voti è andato appunto a Rosario Esposito La Rossa.
Era un giorno d’autunno del 2004 quando il cugino Antonio Landieri rimase vittima, incolpevole e inconsapevole, della prima faida di camorra a Scampia: aveva 25 anni, era disabile. Per questo motivo, quando iniziarono gli spari i ragazzi che erano in sua compagnia si misero al riparo, mentre lui rimase inchiodato dalla paralisi infantile che gli impedì di scappare. Alla tragedia della morte, si aggiunse poi il fango dei sospetti che assunsero, anche sui media, addirittura la consistenza della certezza: fu additato a criminale internazionale, coinvolto in attività di spaccio di droga, tanto che gli furono negati i funerali pubblici. Non era vero niente e solo tempo dopo arrivarono i chiarimenti e la verità con la ricostruzione reale dei fatti e l’arresto dei sicari.
Ma fu Rosario Esposito La Rossa, scioccato ma non piegato, a replicare duramente ai colpi della camorra, alle menzogne sul cugino, alla rassegnazione, alla paura e alla sottomissione.
«Giocavo nel Napoli, lasciai lo sport e cominciai a scrivere». Nel 2009, uscì il libro «Al di là della neve, storie di Scampia» (nel gergo malavitoso la «neve» è la droga): ventisette racconti ambientati nel quartiere napoletano. L’ultimo, intitolato «OT», è la ricostruzione della morte di Landieri vista dagli occhi di Rosario. Accettò di pubblicarlo la casa editrice Marotta&Cafiero, che aveva sede a Posillipo. Nel 2010, i titolari, in età matura, la donarono, ai giovanissimi Rosario Esposito La Rossa e alla moglie Maddalena Stornaiuolo, attrice. Capirono che avevano l’energia e il coraggio per sostenerla e farla crescere. «La prima cosa che abbiamo fatto è di trasferire la sede da Posillipo a Scampia». E hanno cominciato a pubblicare libri dedicati alla legalità e all’ambiente: «La carta è riciclata, gli inchiostri sono a base vegetale e le colle non contengono plastificanti. Praticamente – spiega Rosario – se ai lettori non piacciono possono… piantare i nostri libri, perché sono totalmente biodegradabili!». Dopo il trasferimento della casa editrice, è stata anche aperta la prima «piazza di spaccio di libri» in Italia: la «Scugnizzeria», dove «la porta è sempre aperta. E la risposta è stata stupenda: oltre un’ottantina di ragazzi del quartiere, anche figli di detenuti, frequentano i corsi di recitazione, di cinema, di carta fatta a mano e di restauro dei volumi». E’ nata, infatti, la «Fabbrica dei pizzini della legalità» che, in un anno e mezzo, ha raccolto e riparato in questo «ospedale dei libri guasti» oltre ventimila volumi provenienti da più parti d’Italia, donandoli poi a spazi giovanili, biblioteche, carceri, ospedali.
Rosario Esposito La Rossa ha pubblicato anche numerosi altri libri: «Libera Voce» con la prefazione di Don Luigi Ciotti; «Mostri» con prefazione di Padre Alex Zanotelli e postfazione di Carlo Gubitosa; «Sotto le ali dell’airone»; «Fiori d’Agave, storie di straordinaria Scampia» con la prefazione di Luigi De Magistris; «Eterni Secondi, perdere è un’avventura meravigliosa»; «Assenti, senza giustificazione»; «Dietro il muro».
Ha anche realizzato due cortometraggi, insieme alla moglie Maddalena Stornaiuolo, che ne ha curato la regia: «Il Tempo dei giocattoli» e «Sufficiente», tratto da Fiori d’Agave, vincitore del Nastro d’Argento 2020.
Quando, a diciassette anni, Rosario pubblicò «Al di là della neve» affidò alle parole scritte un anelito: «Non smettere mai di vivere, cara, adorata, mamma Scampia». Ed è quello che, con la moglie, con i ragazzi, con la gente dell’associazione Vo.di.Sca. (acronimo di Voci di Scampia) è diventato un progetto di vita etico e condiviso, che si muove nella direzione propulsiva contraria a quei due proiettili sparati, il 6 novembre 2004 nella schiena di suo cugino Antonio.
* * *
Gli altri sette candidati co-vincitori del Premio Minazzi 2020 sono: Vincenzo Balzani, tra i chimici più conosciuti al mondo, che da anni si spende in una intensa attività di divulgazione in particolare sui temi dell’energia e delle risorse; Famiglia Bertolino che a Vinovo (Torino) ha fondato «Ri-generation», azienda che ricicla e rigenera elettrodomestici altrimenti destinati al macero ed esempio d’imprenditoria sociale; Alessandra Dolci, magistrato, a capo dell’Antimafia di Milano e dell’ufficio Misure di Prevenzione, impegnata anche in inchieste in campo ambientale; progetto «ProPositivo», lanciato da un gruppo di giovani sardi nel 2009 per contrastare lo spopolamento ambientale e sociale della Sardegna dell’interno; progetto «Save the truffle», ovvero Salviamo il tartufo, nato per portare l’attenzione sul problema della sopravvivenza nelle Langhe, nel Roero e nel Monferrato dei boschi a vocazione tartufigena, tasselli di biodiversità; Paolo Strano e la Onlus «Semi di libertà» che, dal 2014, forma detenuti e sviluppa idee imprenditoriali nel campo dell’economia carceraria; Alessandra Viola, giornalista, scrittrice e non solo, che ha messo le parole al servizio di una missione importante: creare coscienza ambientale.
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Complimenti Silvana, bellissima analisi con rilievi molto profondi e significativi. Hai messo in luce che è possibile,con l’esempio di Rosario e di sua moglie, mettere in campo,con l’uso della cultura, una reazione coraggiosa e razionale nei confronti del male e delle derive umane e della società.
Seguo Rosario Esposito su FB da un po’ di tempo. Era stato insignito dal Presidente della Repubblica dell’onorificienza di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica e casualmente ne avevo letto le motivazioni, che mi erano sembrate straordinarie. Non l’ho più perso di vista. Sono felice che abbia vinto lui il premio Luisa Minazzi. E tu Silvana hai fatto una narrazione commovente sobria e incisiva di tutta la sua sorprendente attività di difesa dei diritti umani e ambientali in una terra difficilissima. Ha poco più di 30 anni. Ad maiora!