Quando Giorgio Ottolenghi, oltre mezzo secolo fa, assunse la presidenza della Comunità ebraica casalese, Elio Carmi, che ora gli è subentrato come guida attiva, era uno scolaretto di prima elementare, con il grembiulino nero e la cartella di cuoio. Eppure, nonostante il salto generazionale, c’è un senso di naturale continuità nel loro avvicendamento ufficializzato al passaggio di consegne avvenuto il 14 giugno, nella sede di vicolo Salomone Olper, in seguito al rinnovo delle elezioni che ha chiamato al voto, il 7 giugno, i settanta membri iscritti alla comunità ebraica monferrina. Elio Carmi è stato nominato presidente, affiancato dai consiglieri Adriana Torre Ottolenghi e Marcello Tedeschi. A Giorgio Ottolenghi il titolo di presidente emerito.
Giorgio Ottolenghi ha vissuto la fuga dall’Italia e il rifugio in Svizzera per scampare ai campi di concentramento, Elio Carmi l’ha sentita “solo” raccontare. C’è stato, tra i due, il prima e il dopo la Shoah. Quando Ottolenghi, tornato a Casale, dopo la fine della guerra, ha messo piede in sinagoga, si è fatto largo nella desolazione di un abbandono depredato, scostando “tendoni” di ragnatele che pendevano dal soffitto e cercando invano la nitidezza di stucchi e arredi annichiliti da una crosta di polvere. Ottolenghi ce l’aveva nel ricordo quello che era stato il prestigioso tempio casalese, ma sul cuore gravava la convinzione che mai più sarebbe stato come prima. La comunità ebraica era ridotta a pochi sopravvissuti e la miseria del dopoguerra inibiva ogni sogno di ristrutturazione e restauro. Manco, forse, si riusciva a pronunciarle quelle parole: ristrutturazione, restauro. C’era da ricostruire le case, le fabbriche, le botteghe, c’era bisogno di mangiare. Richiuse la porta, ma nel silenzio dell’anima mantenne accesa la speranza. Che trovò alimento nell’incontro con l’architetto casalese Giulio Bourbon e, poi, tra i due e l’architetto Luciano Mazzarino, all’epoca Soprintendente alle Belle Arti. Li convinse a osare quello che, nell’immaginario, Ottolenghi e Bourbon avevano già silenziosamente disegnato. Li incoraggiò: “Cominciate i lavori, i finanziamenti arriveranno”. Gli anni a seguire – i decenni, anzi – sono stati cadenzati da un lavorio continuo, puntuale e ininterrotto. Oggi la sinagoga di Casale Monferrato, considerata una delle più belle d’Europa, è tra i motivi di maggiore richiamo turistico della provincia. Sull’autorevole librone delle presenze, sotto il porticato prospiciente il cortiletto del melograno, ci sono le firme di chi è giunto da ogni Paese del mondo.
Lo scolaro Elio Carmi è cresciuto respirando questo fermento e questo anelito di rinascita. Ha fatto, professionalmente, una strada diversa da Giorgio Ottolenghi, ma ha percorso il suo stesso tragitto nell’opera di recupero e di ritorno allo splendore del tempio ebraico casalese. Un’opera che, contando un passo dietro l’altro, può definirsi, oggi, monumentale. E fin qui si è detto solo della sinagoga (dei restauri, oltre che dei delicati, complessi e costosi interventi di consolidamento, quando la stabilità della costruzione si è rivelata compromessa), ma c’è ben altro dietro il portone e il portoncino che si affacciano sul vicolo: un percorso museale che non ha eguali e una collezione di lumi di Kannukkà, firmati da decine di artisti contemporanei anche di fama internazionale, unica al mondo.
Ora alla guida della comunità si è formalizzato l’avvicendamento. Lo ha voluto Giorgio: “Gli anni sono tanti e, nella vita di una organizzazione attiva come la nostra, sono molti i momenti in cui la presenza di un presidente è imprescindibile. Da tempo Elio, come vicepresidente, ha rappresentato la comunità e ha contribuito in modo determinante a farla crescere”. Elio Carmi puntualizza: “Per me assumere la carica dopo Giorgio è un onore, un ‘kavod’. Ma Giorgio rimane un punto di riferimento”.