RECENSIONE
di SERGIO SALVI
«Asterix e la Corsa d’Italia»- autori Jean-Yves Ferri (testi) e Didier Conrad (disegni), traduzione di Vania Vitali e Andrea Toscani, edito da Les Editions Albert René, pubblicato in Italia da Panini Comics 2017 pp 48.
In una frase: imperdibile per i collezionisti; a chi non conoscesse il mondo di Asterix direi di leggere, prima di questa, almeno un paio di altre storie della serie.
Oggi, 8 maggio 2021, comincia il Giro d’Italia n° 104. Per associazione di idee, nei giorni scorsi ho ripreso in mano questa avventura a fumetti; l’avevo letta quasi quattro anni fa (sono appunto un collezionista di Asterix) e allora non avevo fatto caso al nome di un personaggio che, visto oggi, potrebbe far pensare a una «profezia» degli autori. Il più quotato dei partecipanti alla corsa si chiama nientemeno che CORONAVIRUS!
Nel 2017 il nome Coronavirus passò inosservato, forse l’autore del testo, Jean-Yves Ferri, era stato ispirato dalle epidemie di Sars nel 2002, e Mars 2012; d’altra parte già l’inventore di Asterix, René Goscinny (1926-1977), con il disegnatore Albert Uderzo (1927-2020), sceglieva i nomi dei personaggi “romani” con accurata e pungente ironia.
La narrazione inizia a Roma, 50 A.C., circa. Il senatore Lactus Bifidus, responsabile della viabilità, è accusato dal collega Termoaccumulus di trascurare la manutenzione delle strade pubbliche e di utilizzare per fini personali i fondi della Repubblica. Bifidus, per dimostrare l’infondatezza di tali accuse e contemporaneamente sviare l’attenzione del Senato, annuncia la prima corsa d’Italia (con carri trainati da cavalli, ovviamente) «La gara attraverserà l’intera Penisola e sarà aperta a tutti i popoli del mondo conosciuto!». (p. 5)
L’iniziativa suscita entusiasmi e lo stesso Giulio Cesare la approva, ponendo a Bifidus una condizione assoluta: «La vittoria dovrà imperativamente andare ad un Romano! Ne va del prestigio di Roma e dell’unità dei popoli della penisola italica!». In caso di sconfitta di Roma, Cesare invierà Bifidus a «spianare le strade in Cirenaica».
Per garantirsi il successo Bifidus ricorre al campionissimo degli aurighi, con al suo attivo 1462 vittorie: il grande Coronavirus, accompagnato dal suo «secondo pilota», il fedele Bacillus.
Il Coronavirus eccellente auriga, per fortuna, è destinato a imperversare in Italia solo in senso agonistico; un po’ inquietante comunque il personaggio lo è, perché non gareggia a viso scoperto, ma protetto da una maschera sghignazzante (a me ricorda vagamente una zucca di Halloween), in molti lo chiamano infatti «L’auriga mascherato». Alla fine si scoprirà che anche Coronavirus è un nome di battaglia, il nome autentico è infatti Testius Sterone, auriga di origine siciliana, proprio come il grande Nibali (forza Vincenzo!!!) e altri grandi atleti del pedale.
La notizia della gara si sparge con rapidità in tutte le provincie romane e giunge anche alle orecchie di Asterix e Obelix durante una visita a una fiera-mercato. I due amici rientrano al loro villaggio con una copia del bando dove è illustrato il percorso in quattro tappe, da Monza a Napoli, con arrivi a Parma, Siena e Tivoli. Il bando precisa che la competizione è aperta a tutti gli aurighi, «barbari compresi», ogni equipaggio sarà formato da due persone e il primo premio sarà una coppa «o il suo equivalente in sesterzi» e sono previsti «numerosi schiavi di consolazione». La classifica sarà a punti, secondo l’ordine di arrivo di ogni tappa.
Per chi fosse completamente digiuno di questi fumetti, nati nel 1959, preciso che l’impianto narrativo di tutte le storie è basato su un essenziale elemento di fantasia: la Gallia (cioè l’attuale Francia). Nel 50 A.C. è sotto il dominio romano, ma non tutta; un piccolo villaggio della Bretagna, in riva al mare, dove vivono per l’appunto anche Asterix e Obelix, ha conservato la sua indipendenza. I romani, dopo vani, buffi e dolorosi tentativi di completare la conquista, si sono gradualmente rassegnati (dopo oltre 60 anni di storie…) a questa limitazione del dominio, perché gli abitanti del villaggio, all’occorrenza, possono contare su una bevanda magica che moltiplica le forze e li rende invincibili, quindi la conquista di un territorio limitato e periferico richiederebbe sforzi sproporzionati.
Il capo del villaggio degli «irriducibili» al dominio romano si chiama Abrararcourcix; come per quasi tutti i personaggi di queste storie, il nome proprio è in realtà un gioco di parole per caratterizzare il «tipo» in questione, in questo caso il significato è «mi lancio a tutta forza», insomma la competizione è nel suo dna, così il capo decide di far partecipare alla «Corsa d’Italia» l’equipaggio formato da Asterix e Obelix e dal minuscolo Idefix (il nome significa «idea fissa»), il cagnetto di Obelix.
Finalmente la gara comincia e Coronavirus, osannato dalla folla, è imbattibile. I traguardi di Parma, Siena e Tivoli sono già stati suoi, Asterix e Obelix e gli altri equipaggi sono in affanno, tutto sembra perduto alla vigilia dell’ultima tappa. I due eroi nel frattempo avevano prima intuito e quindi avuto la certezza che l’organizzazione della corsa gioca «sporco» a favore dell’auriga «di casa». Asterix e Obelix si confrontano a tu per tu con Coronavirus, il quale, avuta la prova degli imbrogli, si toglie la maschera e decide di abbandonare la competizione e gli onori per tornarsene in Sicilia.
Alla partenza della Tivoli – Napoli le quadrighe si lanciano di gran carriera, Asterix e Obelix sono in testa con un buon vantaggio e ormai vedono il meraviglioso Golfo di Napoli, il traguardo è ai piedi del Vesuvio, quando, colpo di scena, arriva «l’auriga mascherato», la folla urla: «Coronavirus!», e il carro del campionissimo pare una saetta, e qui, in tre pagine i colpi di scena diventano… vulcanici! Chi c’è sotto la maschera? Testius Sterone ha avuto un ripensamento, o no?
Ai neofiti di Asterix suggerisco una lettura alternativa sempre da «Grande Giro», con il libro «Asterix e il Giro di Gallia» che sarebbe come dire Asterix e il Tour de France, storia pubblicata nel 1965, la quinta delle (finora) trentotto della serie.
Scritta da Goscinny e disegnata da Uderzo, quest’avventura non descrive una gara, ma una scommessa. I romani, avendo fallito un tentativo di conquista del villaggio di Asterix, decidono di isolarlo completamente con un’alta palizzata: e come non pensare al muro di Berlino costruito nel 1961?
Asterix scommette con un alto ufficiale romano, Lucius Fiordilotus che, nonostante la palizzata circondi completamente il villaggio e sia sorvegliata da reparti armati, lui e Obelix gireranno in tutta la Gallia riportando delle specialità gastronomiche da ogni regione e inviteranno Fiordilotus a un banchetto a riprova di quanto dichiarato. L’ufficiale accetta la sfida, promettendo di togliere l’assedio al villaggio in caso di riuscita del «Tour», intanto invia dispacci a tutti i comandanti delle guarnigioni della Gallia per far arrestare i due amici.
Incontri, zuffe e trovate rocambolesche, c’è anche il tradimento del perfido oste Centotredix (centotredici), Asterix e Obelix vengono perfino incatenati, fuggono e su di loro c’è una taglia. Il diffondersi della notizia e delle motivazioni del «Tour» suscita nella popolazione ammirazione, solidarietà e appoggi in tutte le località “tappa” del percorso eno-gastronomico, con tanto di ali di «tifosi» plaudenti.
Due chicche: quella del «Tour» è la storia di esordio per il cagnolino Idefix (idea fissa) e poi, in questa avventura, per la prima volta Obelix si risente quando viene definito «grosso», una gag che, centellinata con sapienza, è davvero esplosiva.
Finale: leggere Asterix fa sempre bene (i film finora realizzati, a cartoni o con attori famosi, non rendono l’idea, provare a leggere, per credere). Gli avversari degli eroi gallici sono combattuti e mai odiati, la slealtà viene punita, ma la morale non è bigotta, gli eroi hanno le loro debolezze e difetti, eccome! Ma ci sanno sorridere sopra.
Le situazioni sono divertenti e spesso vi sono richiami all’attualità, con l’inserimento di caricature di personaggi molto noti a interpretare ruoli secondari nel contesto dell’avventura, come ad esempio Luciano Pavarotti ne «La Corsa d’Italia». I giochi di parole e le raffinatezze linguistiche sono poi una sfida tra gli autori (traduttori compresi) e il lettore, insomma c’è sempre qualcosa di interessante da scoprire.