E’ morto Ivaldo Carelli: cultore d’arte, fotografo, viaggiatore.
Originario di Mombello Monferrato, ma di fatto casalese, aveva 82 anni. Dal 2014, era presidente del Circolo culturale «Piero Ravasenga». Era stato a lungo impiegato all’Ufficio tecnico del Comune di Casale Monferrato.
Ci ho pensato un po’ per mettere in ordine le tre definizioni che ne connotano la personalità, cercando di determinare la sequenza in base alla prevalenza dei suoi interessi. Non ci sono riuscita e, così, ho scelto il più neutro ordine alfabetico. Perché Ivaldo Carelli era l’insieme non disgiungibile delle sue grandi passioni: il mondo dell’arte, in cui si muoveva disinvolto sia come ammiratore che come promotore e coordinatore di eventi; i viaggi, che lo spingevano fin nei luoghi più remoti, affascinato e attratto dalle mete più insolite, abbagliato dalla sabbia dei deserti di cui, forse, aveva avvolto anche l’anima; la fotografia con cui, affinando perizia e meticolosità tecnica, cercava di condividere tutte le sfumature delle sue emozioni.
Nell’ultimo anno, l’acuirsi di alcuni problemi di salute aveva messo a dura prova il fisico, ma non ne aveva piegato la vitalità. Dopo un certo periodo trascorso tra ospedali e centri di riabilitazione, era riuscito a tornare nella sua amata casa in via Volpi, piena di quadri e di amarcord (che per anni aveva condiviso col fratello Renzo, mancato di recente). L’imminente costruzione dell’ascensore avrebbe agevolato gli spostamenti cui non voleva rinunciare.
Aveva presenziato, il 2 novembre scorso, all’inaugurazione di «Mosaico. Voci e colori del Monferrato», la collettiva d’arte che costituisce l’appuntamento atteso di ogni fine d’anno del Circolo culturale Ravasenga, di cui Carelli era stato uno dei fondatori, responsabile artistico e adesso presidente. Aveva in programma, nei prossimi giorni, la partecipazione a uno spettacolo a teatro: ecco, sì, anche il teatro si inseriva nel libro delle sue passioni.
La salute che, pure, lungo tutta la vita aveva cercato in qualche modo di mettergli il bastone tra le ruote, non l’aveva fermato mai. Il suo motto: «Finché posso, vado». Zaino in spalla, aveva esplorato i mondi più lontani e meno frequentati: dalla Siria alla Giordania, da Israele all’Egitto, dal Marocco alla Namibia, dallo Yemen al Kenia, dall’Argentina ai ghiacciai del Sudamerica, ai vulcani dell’Islanda, all’Isola di Pasqua e molto altro ancora. La Namibia, forse più di tutti gli altri luoghi, era sintonizzata con i battiti del suo cuore.
Aveva raccontato con le immagini una parte del suo peregrinare nell’affascinante volume fotografico «Appunti di viaggio. Di volo in volo» (2010), un progetto in cui aveva coinvolto numerosi amici artisti. Aveva destinato il ricavato totalmente in beneficienza all’associazione «L’Albero di Valentina».
Agli amici speciali faceva dono dell’ingrandimento (eseguito con tecniche sofisticate e su carta pregiata) di una sua opera fotografica, preceduta da una delicatezza: lasciava al destinatario del dono la scelta dello scatto che sentiva più evocativo ed emozionante. Io ho il privilegio di poter ammirare, ogni giorno, lo scorcio di un magico e suggestivo canneto immortalato da Ivaldo, nell’ottobre 2012, in Botswana, intitolato «Delta Okavango».
Era un lettore appassionato dei miei libri; aveva letto il romanzo «Tuo padre suonava l’armonica» mentre era in spiaggia a Ischia (primo a destra, nell’immagine qui sotto) insieme ad alcuni amici e mi aveva mandato la fotografia.
L’animo sensibile, il garbo, la luminosità dello sguardo, la curiosità e la passione per la scoperta erano la sua cifra. Finché ha potuto ha spedito agli amici cartoline da ogni dove (si portava appresso gli indirizzi già scritti su etichette adesive); poi, quando ti incontrava, domandava: «Hai ricevuto la cartolina?». Da un po’, aveva sostituito la corrispondenza postale con fiduciosi messaggi in whatsapp al mattino e alla sera. L’ultimo buongiorno mi è arrivato alle dieci e un quarto di domenica: una bella immagine di caffè e brioche accompagnata dalla scritta «Buongiorno alle persone semplici, che hanno il profumo forte e intenso, dolce e irresistibile come la Vita, come l’amore, come il caffè». L’ultima buonasera, ieri alle 20,32: l’immagine di una rosa posata sulle pagine di un libro aperto e l’augurio «Buonanotte. Dolci sogni». Io gli avevo risposto poco dopo: «Speriamo, caro Ivaldo». C’è la spunta blu di avvenuta lettura. Poi più niente. Fino alla telefonata di questa mattina, 18 novembre, di sua nipote Sara, incredula e affranta. E anch’io.
La veglia funebre con il rosario si svolge martedì 19 novembre alle 18,30 in Duomo. Sempre in Duomo, si celebra il funerale mercoledì 20 novembre alle 15.
Partecipo al cordoglio.
Mi dispiace tanto. Era una bella persona, con doti non comuni. Almeno nella sua vita ha potuto assecondare i molti interessi che lo hanno arricchito ulteriormente. Ha lasciato una grande eredità a tutti quelli che lo hanno conosciuto. Riposi in pace finalmente libero dai vincoli della malattia