Inverno, fa freddo, è un attimo prendersi l’influenza o qualche altra malùra. Bella grana, ammalarsi! C’è, invece, una malattia contagiosissima che, se te la becchi, non te ne vorresti liberare mai più. Non ci credi? Allora, ti racconto una storia, perché «na storia béla fa piasì cüntela», anche se proprio vera non è, proprio finta nemmeno, verosimile sì. Nel diffuso frastuono, spesso rabbioso e ostile, di questo nostro tempo, abbiamo un gran bisogno di storie… come dire… concilianti, magari con qualche venatura di malinconia o con qualche scoppio tragico, ma che lasciano aperta la fessura della speranza e della rinascita. Tra cronaca e romanzo, hanno un posto ideale le «StOriE CoSì», racconti verosimili con i connotati della verità autentica e possibile. BUONA LETTURA. Ciau!
[Il disegno dell’uomo che insegnò la gioia è opera di Filippo Pietro Rossi, 8 anni]
La donna, seduta sulla panchina, alzò lo sguardo dal libro e, voltando la pagina, vide soltanto di sfuggita l’uomo che attraversava le strisce pedonali e si apprestava a entrare nel parco, diretto alla fontana. Si assicurò che il figlioletto non si sporgesse oltre il bordo della vasca colma d’acqua, dove starnazzavano tre oche impettite e quattro anatre grigie e riabbassò gli occhi, assorbita interamente dal romanzo che stava leggendo.
Non ci avrebbe più badato a quello strano individuo se non lo avesse sentito cacciare un grido. Sollevò nuovamente lo sguardo e lo osservò con maggiore attenzione: l’uomo si era tolto il cappello rosso e stava ridendo a crepapelle attirando l’attenzione di tutti coloro che erano nel parco. Guardava il cappello e rideva.
«Munsü, signore, è sicuro di sentirsi bene?» gli domandò un’anziana signora indirizzando verso di lui il bastone di legno con il pomello d’argento.
«Sìì, sìì – rispose l’uomo singhiozzando di gioia -. Oggi sono più fortunato di ieri».
L’anziana gli restituì di rimando uno sguardo interrogativo.
«Vede – disse allungando il cappello rosso verso di lei e facendolo roteare intorno per dare una spiegazione a beneficio di tutti i presenti – vede, un piccione mi ha … beh, ecco… sì, l’ha fatta qui sopra. Guardi!».
L’anziana si ritrasse disgustata e anche gli altri emisero brontolii di disapprovazione.
L’uomo si avvicinò al bambino che, dimentico delle oche e delle anitre, lo guardava divertito.
«Guarda, ragazzino, il piccione, quello lassù…, lo vedi? Ecco, proprio lui: ha notato il mio cappello e…». Le ultime parole volarono nell’aria senza che il fanciullo potesse udirle perché la madre si alzò di scatto, lasciando cadere il libro tra l’erba, si precipitò vicino al figlio, lo afferrò per un braccio e lo trascinò via dal parco.
«Andiamocene! Ma guarda un po’ che individui circolano tra la gente perbene!».
«Com’è la gente perbene?» domandò il bambino, costretto a correre per riuscire a stare al passo della madre che camminava lesta.
«Noi siamo gente perbene. Mi hai mai visto portare un cappello così?… Rosso sgargiante?».
«Anch’io ho un berretto rosso».
«Tu sei piccolo» liquidò la donna e si affrettò a fermare una guardia che passava in bicicletta: «Vigile, là nel parco c’è un uomo un po’ tocco che insidia i bambini e le vecchie!»:
La guardia inarcò un sopracciglio e si diresse verso il prato che circondava la vasca delle oche e delle anitre.
L’uomo era là, a piedi nudi, che camminava sull’erba e fischiettava. Indossava dei calzoni azzurri, una camicia gialla, una giacca verde e sfoggiava un vistoso papillon che riassumeva tutte le sfumature dell’arcobaleno. Aveva lasciato le scarpe marrone e le calze variopinte accanto a una panchina e continuava a camminare avanti e indietro sul prato, fischiettando.
«Che cosa sta facendo?» domandò con tono perentorio il vigile, alzando la voce affinché tutti coloro che erano intorno potessero riconoscerne l’autorità.
L’uomo smise di fischiettare e spalancò la bocca in un sorriso: «Le suggerisco di fare altrettanto – disse allegramente – Questa è la stagione migliore: in autunno, camminando sul prato, si sentono le foglie secche che scricchiolano sotto i piedi. Ha mai provato?».
Il vigile sibilò: «Via di qui, altrimenti le faccio la multa!».
L’uomo sorrise, si infilò lentamente le calze e le scarpe e si allontanò.
Quando gli venne fame, entrò dal panettiere e chiese: «Una pagnotta a margherita, per favore, signore».
Il panettiere posò il lapis con cui stava facendo i conti sul libro mastro, alzò gli occhi e vide quello strano individuo con il cappello rosso, i calzoni azzurri, la camicia gialla, la giacca verde e il papillon con le sfumature dell’arcobaleno.
Si sforzò di controllare il disappunto: «Abbiamo fusi e fusetti, rosette e ciabatte, pancassetta e monferrine, ma non esiste la pagnotta margherita!».
«Oh, che peccato! E perché mai?».
Il panettiere cominciava a perdere la pazienza: il conto a cui era intento poco prima non tornava, aveva avuto un battibecco con la moglie, il garzone di bottega era arrivato in ritardo. «Glie la do io la pagnotta a margherita» ribattè bruscamente, e ad alta voce: «Polizia, al ladro, al ladro!».
L’uomo uscì dal negozio e un agente, informato dal panettiere, si avvicinò dicendo: «Volevi distrarre il negoziante per rubargli i soldi dalla cassa, eh, bellimbusto? Fila via, se non vuoi che ti arresti». Lo strano uomo, con il cappello rosso, i calzoni azzurri, la camicia gialla, la giacca verde e il papillon con le sfumature dell’arcobaleno, entrò in chiesa e si avvicinò alla statua della Madonna: «Oh, quanto siete bella Signora! Se io incontrassi quaggiù una donna bella quanto voi la sposerei immediatamente!».
Il prete, che stava leggendo il breviario in un angolo della chiesa, udì quella frase e, ritenendola molto oltraggiosa, si avvicinò all’uomo: «Non vi vergognate?».
«Non la trovate bella anche voi, padre?» replicò l’uomo.
Il sacerdote imbarazzato non trovò altro da fare che chiudere gli occhi fino a farne due fessure: «Vade retro, Satana!» tuonò e, con l’indice al culmine del braccio teso, indicò la porta d’uscita all’inconsueto fedele.
Venne la sera e lo strano uomo, con il cappello rosso, i calzoni azzurri, la camicia gialla, la giacca verde e il papillon con le sfumature dell’arcobaleno, decise di recarsi al fiume per vedere la luna riflessa nell’acqua.
Passando lungo il viale alberato che lo portava alla meta, incontrò una donna con la gonna corta, la camicetta nera scollata, i capelli biondissimi legati con un nastro viola e la sigaretta tra le labbra di color rosso acceso.
«Anche voi andate al fiume, signora? Dev’essere uno spettacolo incantevole, volete venire con me?».
«Cocco, fanno cinquanta» ribattè la donna alitando uno sbuffo di fumo.
«Cinquanta che?».
«Cinquanta carte, sveglia, tocco!».
«Oh, si sbaglia, signora, il fiume non è in vendita: non è il suo, non è il mio…».
«Ma vattene, va’, che io devo lavorare!».
L’uomo si incamminò verso il fiume, e, raggiunta la riva, si sedette a guardare l’acqua che pareva d’argento. Poi iniziò a cantare una filastrocca allegra: «Sono un uomo fortunato, un colombo m’ha centrato, un bambino mi ha guardato, una guardia mi ha parlato, e se il pan non ho trovato il profumo ho assaporato, e non son stato arrestato, la Madonna ho corteggiato e la bella ho invitato a un fiume incantato, sono un uomo fortunato!».
Si tolse le scarpe marrone, si sfilò le calze in tinta con il papillon, sollevò un poco l’orlo dei calzoni azzurri e immerse i piedi dentro l’acqua gelida, senza interrompere la allegra filastrocca: «Sono un uomo fortunato…».
Passavano le ore e l’uomo continuava a cantare, e a pestare i piedi nell’acqua gelida senza stancarsi.
Improvvisamente una luminosità lattiginosa e tenue squarciò le tenebre e l’alba, dapprincipio confusa con le prime luci accese nelle case, poi più nitida, svelò un cielo chiaro, venato di rosa.
L’uomo con il cappello rosso, i calzoni azzurri, la camicia gialla, la giacca verde e il papillon con le sfumature dell’arcobaleno si accorse di non essere più solo. Ma non fu affatto stupito.
C’era la vecchia che segnava il tempo della musica con il suo bastone, c’era il bambino che batteva le mani, c’era la donna con un cappellino rosso decorato con una piuma gialla, c’era il vigile senza scarpe e senza calze che camminava sulle pietre lungo il greto del fiume, c’era il panettiere con una pagnotta a forma di margherita, c’era il poliziotto che faceva ciondolare le manette per accompagnare l’allegra filastrocca, c’era il prete che schiacciava l’occhiolino verso il cielo, c’era la ragazza provocante in precario equilibrio sui tacchi a spillo che ammirava rapita l’acqua del fiume.
No, l’uomo non era stupito. Smise di cantare e attaccò a raccontare: «C’è stato un tempo in cui avevo un vestito grigio, portavo un cappello nero e la cravatta blu. Mi arrabbiavo perché i colombi sporcavano il marciapiede che io percorrevo. I bambini mi infastidivano con i loro capricci. Le madri erano ancor più insopportabili con le continue lamentele. Mangiavo la stessa pagnotta ogni giorno e non entravo in chiesa perché era troppo buia. Avevo un lavoro, come dire?, sì, importante, ero temuto e rispettato. Ma mi sentivo molto solo e inutile».
«E allora?».
«Comprai un cappello con il colore rosso della passione, i calzoni azzurri come l’acqua limpida, la camicia gialla come i raggi del sole, la giacca verde come l’erba dei prati, le scarpe marrone come il tronco degli alberi e catturai l’arcobaleno per farne il papillon. Oh, sì, sì, mi presero… come mi ha chiamato, lei, signorina? Tocco, giustappunto: tocco. Bell’e matto. Ma io, invece, provai una sensazione meravigliosa».
«Quale?».
«La gioia».
La vecchia, il bambino, la mamma, il vigile, il panettiere, il poliziotto, il prete, la prostituta guardarono il fiume che scorreva maestoso, svicolando nelle insenature, solleticato dalle fronde degli arbusti di gaggìa che si piegavano quasi fino a sfiorare il pelo dell’acqua.
Di colpo le nuvole passarono davanti al sole, lo nascosero e iniziò a piovere.
«Piove!» esclamò quella truppa eterogenea guardando l’uomo con ironia: «E la pioggia noiosa… dove la mettiamo?».
«Silenzio – disse l’uomo modulando la voce fino a un bisbiglio -, ascoltate: è musica!».
E tutti, a uno a uno, prima timidamente, poi con sempre maggior vigore attaccarono a cantare e la pioggia picchiettava sull’acqua, sulle pietre lungo la riva, sulle loro teste. E tutti cantavano e ridevano, e cantavano e ridevano, e cantavano e ridevano.
Perché la gioia è così contagiosa!
(E, se te la becchi… ah, non hai voglia di guarirne più).
bella e piena di gioia di vivere
Meravigliosa. Bello sognare un mondo sorridente!
Molto bella e originale . Grazie Silvana. Buon Avvento
Molto molto bello e significativo…brava e grazie e da condividere