SILVANA MOSSANO
La Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado nel filone del processo Eternit Bis relativo alle morti d’amianto di Cavagnolo, in cui l’industriale Stephan Schmidheiny era stato condannato a un anno e 8 mesi per l’omicidio colposo di Giulio Testore, morto nel 2008 per asbestosi. Testore era stato per molti anni (sicuramente tra il 1976 e il 1982) dipendente della Saca di Cavagnolo, l’azienda del gruppo Eternit riconducibile alla gestione dell’imprenditore svizzero (secondo quanto ricostruito in più processi, ricoprì ruolo di garanzia tra il 1976 e il 1986).Nel 1982, poi, lo stabilimento cavagnolese era stato chiuso. Diversa la sorte della fabbrica di Casale, che aveva continuato a produrre manufatti di amianto fino al 1986.
La Sezione IV della Cassazione, presieduta dal giudice Salvatore Dovere, ha annullato la sentenza di secondo grado e ha rinviato gli atti davanti alla Corte d’Appello di Torino.
Breve riassunto per inquadrare la vicenda.
L’Eternit Bis era iniziato come fascicolo unico in cui la procura di Torino aveva contestato all’imputato Schmidheiny l’omicidio doloso di centinaia di vittime di mesotelioma, causato dall’amianto, nei territori di Cavagnolo, Casale Monferrato, Bagnoli di Napoli e Rubiera dell’Emilia dove sorgevano stabilimenti Eternit. Le vittime sono sia ex lavoratori che cittadini (ammalati per esposizione ambientale alla fibra).
Il gup di Torino, al termine dell’udienza preliminare, aveva derubricato il reato da omicidio doloso a omicidio colposo. Come conseguenza, il fascicolo unico era stato «spacchettato», cioè diviso in 4 filoni: 1) quello per 2 morti di Cavagnolo in cui si è proceduto per omicidio colposo; 2) per 8 morti di Bagnoli, le cui carte processuali sono state inviate alla procura di Napoli (si è proceduto per omicidio doloso, poi riqualificato in colposo); 3) per i morti di Rubiera dell’Emilia (poi archiviato); 4) il filone più corposo per centinaia di morti a Casale Monferrato.
Il filone di Cavagnolo dell’Eternit Bis si era concluso in primo grado con la condanna dell’imputato a 4 anni di reclusione per la morte di due persone: Testore, ex dipendente, morto di asbestosi, e Rita Rondano, abitante in paese, morta nel 2012 per il cancro maligno mesotelioma. Nel processo d’Appello, invece, l’imprenditore era stato assolto per il caso di mesotelioma e condannato a un anno e 8 mesi per il decesso di Testore che, lo ricordiamo, era affetto da asbestosi. L’asbestosi è una malattia dose-dipendente, conseguenza, cioè, di una esposizione continuativa e massiccia alla polvere di amianto.
La Cassazione, dopo una lunghissima riunione in camera di consiglio da cui è uscita dopo la mezzanotte di giovedì 9 maggio, ha annullato la sentenza con rinvio. Che cosa significa? Che il filone di Cavagnolo dell’Eternit Bis tornerà in Corte d’Appello a Torino: il processo sarà rifatto davanti a giudici diversi da quelli che si erano già pronunciati con un verdetto di condanna. Al momento non si conoscono i motivi della decisione della Suprema Corte: potrebbero essere necessarie alcune settimane di attesa per sapere perché non siano state condivise e anzi respinte le argomentazioni a sostegno della condanna emessa nei due precedenti gradi di giudizio di merito.
Ai famigliari di Testore è stato negato il risarcimento richiesto, perché c’era stata una precedente transazione con la società a cui si riconduce Eternit.
In Cassazione, erano presenti i difensori dell’imputati, avvocati Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, e alcuni legali del pool delle parti civili.
Amaro il commento dell’avvocato Laura Mara di parte civile: «E’ la prima volta in Italia che si mette in discussione un caso di asbestosi, ancor più, poi, dopo un pronunciamento di condanna sia nel primo che nel secondo grado di merito. Non ci resta che aspettare le motivazioni».
Intanto, sui attende che venga fissata la data per il processo d’Appello del filone casalese dell’Eternit Bis. Potrebbe essere in autunno. A giugno 2023, Schmidheiny era stato riconosciuto colpevole dalla Corte d’Assise di Novara che, dopo aver riqualificato il reato contestato da omicidio doloso a colposo, aveva condannato l’imputato a 12 anni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici in riferimento a un certo numero di vittime, per altre era scattata la prescrizione, per alcune era stata pronunciata l’assoluzione.
Contro quella decisione hanno impugnato sia i difensori dell’imputato, sia i pm Gianfranco Colace e Maria Giovanna Compare.
No comment!!!!
Purtroppo Silvana è ancora così!
La Sezione quarta/Cassazione imperterrita non si smentisce!
È ancora lunga ed è quindi ancora grande la necessità di proseguire la lotta….
Grazie, a presto.