RECENSIONE di
SERGIO SALVI
«Cadrò, sognando di volare» autore Fabio Genovesi da Mondadori nel 2020, prima edizione Oscar Absolute/Mondadori gennaio 2021, pp. 298.
In una frase: chi non l’ha già letto, ha una gioia in più da godersi!
Di Fabio Genovesi ho recentemente commentato il suo ultimo, magnifico, romanzo «Oro puro». https://www.silmos.it/io-ebreo-scappai-per-via-di-un-fiocchetto-giallo-e-andai-a-trovare-il-mondo-che-ancora-non-esisteva/
La lettura di «Cadrò, sognando di volare» me la scelsi come tappa di avvicinamento al Giro d’Italia 2024 (al via da Torino il prossimo 4 maggio), perché sapevo che una parte del romanzo è dedicata alla straordinaria e struggente vicenda umana e sportiva di Marco Pantani, l’indimenticato e indimenticabile campione di ciclismo.
A conti fatti, il romanzo di Genovesi e il Giro non sono interdipendenti: «Cadrò, sognando di volare» può infatti essere letto e apprezzato, anche da chi non fosse, sfortunatamente, appassionato di ciclismo e in qualsiasi periodo dell’anno, e il Giro … beh ragazzi, è il Giro!
Fabio Genovesi narra «Cadrò, sognando di volare» in prima persona (così anche per «Oro puro»); il personaggio principale si chiama Fabio ed è nato nel 1974, proprio come lo scrittore, vive nella zona di Forte dei Marmi, città dove lo scrittore è per l’appunto nato; non so quali altri tratti personali e vicende famigliari coincidano tra la vita dell’autore quella del suo alter-ego letterario, oltre alla dichiarata, assoluta e immensa passione per il ciclismo.
Marco Pantani (1970-2004) è il co-protagonista della storia, anzi, lo scrittore riesce a rendere così vivida l’immagine dello sfortunato campione, da farmi pensare che si tratti della stessa anima di Marco Pantani ad essere stata compresa in modo profondo e assolutamente originale, e non è un dettaglio di poco conto che Fabio Genovesi faccia esprimere al Fabio personaggio questa definizione: «Pantani, il mio fratello maggiore» (p. 29).
La vicenda centrale di «Cadrò, sognando di volare» inizia nel maggio del 1998: Fabio, ventiquattrenne studente (controvoglia) di Giurisprudenza, sta preparando la valigia, tra pochi giorni raggiungerà un gruppo di amici a Siviglia, ma gli era sfuggito di presentare entro i termini la domanda di rinvio del servizio militare.
Arriva, inaspettata, la «cartolina precetto».
«Io il militare non lo volevo fare, avevo scelto l’obiezione di coscienza, e infatti mi avevano accontentato: tra una settimana partivo. Non per Siviglia, per il servizio civile. Un anno. In cima agli Appennini. In una casa di riposo. Per preti. L’ho detto ai miei, lì in cucina. E mio padre, giuro: “Vabbè, così non ti perdi il Giro d’Italia”» (p. 17).
La casa di riposo è un luogo abbandonato. Un tempo c’era stata una scuola media privata, ma era stata chiusa ormai da almeno due anni, e ora, nella grande, desolata struttura, vivono solo quattro persone. Don Mauro, un vecchio con le mani enormi, capelli bianchi a spazzola, tuta blu da lavoro, è il custode e manutentore («Custodisco e aggiusto tutto»); la sua passione è quella di mantenere in perfetta efficienza e in condizioni estetiche impeccabili un vecchio scuolabus. Don Basagni è il direttore; scorbutico, sgarbato, cattivo, confinato nella sua camera, immobilizzato a letto, ascolta la musica dei Doors e non si perde nemmeno una tappa del Giro d’Italia: l’unica televisione del convento è infatti nella sua camera, Fabio deve accontentarsi di una vecchia radio. Poi c’è la Flora, in realtà non vive nel desolato convento, ma in una delle sette case del villaggio, dalle quali sale tutti i giorni per cucinare e fare le pulizie: «Era alta poco più di un metro, con occhi così piccoli che non potevi capire di che colore fossero». E infine, nel pollaio del convento, vive la Gina, dodici anni, figlia di Flora: «Mi accompagna qui al lavoro. All’inizio mi seguiva in cucina e nelle stanze, ma poi ha visto il pollaio e vuole stare solo lì».
Questi personaggi, davvero strani, anzi profondamente «estranei» al primo contatto, risulteranno decisivi, ciascuno a suo modo, per il passaggio all’età adulta di Fabio, un adolescente di lungo corso impantanatosi in studi universitari che detesta e nel castello di menzogne raccontate, per quieto vivere, ai famigliari.
«Cadrò, sognando di volare» è quindi un romanzo di formazione nel quale l’evoluzione del personaggio principale si intreccia con la contemporanea trasformazione del suo «fratello maggiore», Marco Pantani, da ottimo corridore ciclista, fortissimo in salita e bravo in discesa, a mito assoluto (l’ultimo corridore capace di vincere, nello stesso anno, Giro d’Italia e Tour de France, in quel 1998, appunto).
La narrazione di Fabio Genovesi è emozionante, divertente, commovente, piena di passione e di comprensione umana; perfino i fatti di cronaca più noti, quelli che riguardano la vita di Marco Pantani, anche se saputi e risaputi, acquistano nuove dimensioni e prospettive originali.
Le invenzioni letterarie sono poi di gran classe e il lettore divora il libro per riuscire a decifrare un affascinante enigma che pare sempre a portata di mano e che si scioglierà come non ce lo si aspettava.
Finale: il romanzo è bellissimo, gli intrecci delle storie dei vari personaggi sono coinvolgenti e convincenti, la narrazione scorre fluida, senza intoppi, e anche le parti dedicate alle imprese sportive di Pantani sono godibili, perfino da chi non si sia mai interessato di ciclismo sportivo.
Due chicche da segnalare: il primo, meraviglioso capitolo «La fine dei confini» e l’ultima breve pagina, non numerata, con la spiegazione del titolo del romanzo. «Cadrò, sognando di volare» è uno di quei libri da leggere e rileggere, lungo la vita.