SILVANA MOSSANO
Alla fine, ci siamo guardati e ci siamo detti: «Ce l’abbiamo fatta».
Ce l’abbiamo fatta a finire i lavori, a smobilitare il cantiere e a portare alla luce «Fai che farlo», che oggi chiamiamo libro, con una forma – bella, elegante, una copertina pazzesca – e un ricco contenuto di parole e immagini. Ma quindici mesi fa noi – Elio e io – non lo sapevamo che cosa ne sarebbe venuto fuori.
Elio aveva una personale, incalzante esigenza e un po’ di idee imprecise in mente. Io non avevo neppure quelle.
A luglio 2022, dopo una nostra prima chiacchierata davanti a una torta panelatte (di cui poi scriverò, al fondo, una bozza di ricetta), affaticati da una calura di portata epocale e dal peso di una malattia – il mesotelioma di Elio – con cui è pressoché impossibile fare trattative amichevoli, io mi sono trovata in questa condizione: avevo accettato, al buio, la sfida di partecipare alla costruzione di un progetto di cui, con certezza, sapevo soltanto che cosa NON avrebbe dovuto essere.
L’INIZIO
Faccio un passo indietro e comincio da capo.
Ero passata in Comunità ebraica con Sergio, come ci capita non poche volte, in occasione di eventi vari. Elio mi intercetta e mi dice: «Prima che tu vada via, devo darti qualcosa».
E che mi dà? Tre libri. Uno che non ha il titolo in copertina (scoprirò più avanti che cosa sono i «libretti bianchi»); all’interno leggo che è «Un racconto tra storia e memoria», di cui è autore suo fratello Bruno, narrazione affascinante della stirpe dei Carmi nel più ampio contesto della storia ebraica casalese e non solo. E poi gli altri due volumi, con la copertina color magenta (da qualcuno ho sentito definirla «fucsia»), editi da Fausto Lupetti, specifici della professione di Elio Carmi, che è designer, comunicatore, direttore creativo (in «Carmi e Ubertis», vincitrice del prestigioso Compasso d’Oro), docente universitario. I titoli qui ci sono: «Brand. Centoundici domande e risposte per sapere di più sulla brand e sul suo futuro» e «Branding design oriented» (è un testo tecnicissimo, adottato nelle università).
Io ho letto tutto. Diligentemente tutto, eh! Anche se, di certi capitoli, ho capito poco. Poi ho chiamato Elio: «E adesso che ho letto, qual è il passaggio successivo?». Risposta: «Parliamone».
PARLIAMONE
E arriviamo, appunto, a fine luglio, con la torta panelatte sul tavolo nella stanza dei libri in via Pascoli, e la calura da record, e il bicchiere d’acqua fresca sul vassoio a fiori, e gli esercizi al pianoforte di Sergio in sottofondo, e l’elenco di tutti «i non vorrei che fosse», i «non dovrebbe essere».
E dunque? «Proviamoci».
PROVIAMOCI
Abbiamo cominciato così, da una pagina bianca, da cui avevamo fin da subito scartato qualsiasi segno ritenuto, a priori, non pertinente. Pomeriggi intensi di parole e di ascolto: Elio ricordava e raccontava, io con la Bic in mano annotavo su un quadernone a righe. E scavavo: quando non capivo domandavo, quando intuivo che non era venuto fuori tutto insistevo.
IO SONO LA BIC
Ecco: io sono stata la Bic del libro «Fai che farlo» che, da quel lungo confronto e da quell’impegnativo lavoro, ne è venuto fuori.
Una cosa era chiara a entrambi: non ci saremmo concessi scorciatoie, ben consapevoli dell’ombra funesta, osservatrice implacabile. Che fossimo in via Pascoli, o ci spostassimo a cascine Montena o nella dimora Carmi di via Palestro, quella ci stava appresso.
Non potevamo cacciarla, ma abbiamo fatto come se non ci fosse, la davamo per scontata, ma non indugiavamo a parlarne. Diciamo che a lei – intendo dire all’ombra funesta onnipresente – i dolcetti che via via preparavo (oltre alla panelatte, anche la torta in padella con la frutta, le palline al limone, i biscotti al cioccolato, la torta di mele, i paninetti, eccetera eccetera) mica glieli offrivo! Insomma, era per farle capire che era ospite indesiderata.
LA SCELTA DEL LINGUAGGIO
A un certo punto, dopo aver raccolto pagine e pagine di appunti, mi sono trovata di fronte a un interrogativo: che linguaggio narrativo usare? E’ un grosso problema quello del linguaggio, perché il rischio insidioso è di scivolare nel melenso. E, poi: racconto in prima o in terza persona? Meglio l’ordine cronologico o una suddivisione per settori?
IL NUMERO DICIOTTO
Un giorno, Elio spunta fuori con il numero diciotto e ne evoca un significato speciale. Mi si è accesa una luce, mi sono entusiasmata a questo diciotto. Ho fatto ricerche, ho scoperto, ad esempio, che in ebraico (secondo la «ghematria», che studia il significato delle lettere ebraiche e assegna loro dei valori numerici) la parola «chai», che significa «vivente», è composta da due lettere la cui somma dà il numero diciotto.
Insomma, avevo tra le mani quaderni pieni di appunti, scritti in fretta, con le storie di persone, con il racconto di esperienze che in qualche modo sentivo comuni, con l’annotazione delle reazioni di Elio mentre parlava, e ‘sto diciotto continuava a ballarmi davanti.
Ecco, mi sono detta: devo fare una panelatte inedita, mescolando ordinatamente in 18 capitoli «frammenti di vita e design» per ottenere un impasto unico che coincida con l’identità di Elio.
IL RITMO
E il ritmo? Ho preso quello colloquiale delle nostre chiacchierate e ho provato a dargli forma scritta. Oh, attenzione: non si trattava di fare una semplice trascrizione, macché. La scrittura è stata, invece, lo strumento rigoroso per riordinare personaggi, storie, avvenimenti che dalla mente uscivano sparpagliati.
Dopo qualche mese, si è dunque imbastita la trama del bozzone narrativo.
IL PROGETTO GRAFICO
Il bello è quando Elio ha cominciato a «costruire» il contenitore: prima la planimetria, poi la distribuzione degli spazi e la sequenza e il colore, l’inserimento delle immagini, delle schede e dei simboli (da lui ideati e realizzati, e talora pure rifatti, perché mica si è accontentato al primo colpo!).
LA CONDIVISIONE
Bozze su bozze, un bozzone via l’altro. A un certo punto abbiamo deciso di condividere la lettura prima in una ristretta cerchia famigliare, poi abbiamo allargato la circonferenza, fino a spingerci oltre Manica, a Londra, da un’amica strepitosa, Anna, che ha setacciato con perizia e scrupolo parola per parola, finanche virgole e apostrofi.
IL VIAVAI
In mezzo, sono transitate le cure, la gioiosa festa di compleanno di Elio a cascine Montena l’8 settembre 2022, il successivo, inatteso balzo nel precipizio (e Federica e Sara a frustare il Male con ogni ingegno medico possibile), e gli interventi chirurgici, e la lunga sosta al Borsalino, e avanti e indietro, e l’ascensore da fare, e le cose burocratiche da definire, e Laura a organizzare, e Daria e Daniele e Diletta sempre vigili a sistemare, e Adriana a sostenere il morale con delizie culinarie, e le feste in sinagoga (che Elio è pure il presidente della Comunità ebraica), e parenti e amici e colleghi con cui confrontarsi per cercare via via le tessere da inserire nello spazio giusto.
E il progetto del libro sempre presente, a rivedere le parole cercando le sfumature più appropriate al senso, e i contatti costanti, frequenti, pignoli di Elio con i «suoi» grafici.
TRAGUARDO IN VISTA
Fino a. Già, fino a: ok basta riletture altrimenti non finiamo più; ok l’editore Fausto Lupetti ha accettato; ok visto, si stampi; ok fissiamo la data per presentare la «creatura». «Va bene il 24 ottobre? Gad ha detto che si tiene libero»; ok individuiamo il luogo: «Serena è felice di ospitarci in Filarmonica».
CE L’ABBIAMO FATTA
E così, martedì 24 ottobre, nelle sale ancora vuote di gente che sarebbe arrivata immensa, ci siamo guardati e ci siamo detti: «Ce l’abbiamo fatta». Poi è arrivato Gad Lerner, per guidare, impeccabile e sapiente, la presentazione, e una folla che tre sale non sono riuscite a contenere.
Elio alla fine ha detto a microfono aperto: «Per me è stata una festa». Anche per me lo è stata. Una festa di emozioni. E di onore, per aver partecipato a quello che Elio dice che è stato il mio «primo progetto di design»: dal foglio bianco, alle idee, alle soluzioni. E che tutor ho avuto!
E NON E’ FINITA
Ma non è tutto: la vita, quando pesta i piedi, è ostinata. Se poi è doppia, è doppiamente ostinata. Così, in quell’andirivieni di quindici mesi, c’è che un giorno arriva la notizia: «Diletta è incinta». Evvai. Un po’ dopo, si replica: «Daria è incinta». Eddai.
Ecco come vanno le cose. Perché, poi, gira e rigira, non è che hai tanto tempo per pensarci su.
Così… fai che farlo, e pensa mentre fai: il segreto è tutto lì. Che della tua identità, incisa sul nastro della esistenza che porta il tuo nome, il segno che rimane impresso, cioè l’eredità preziosa che lasci, è ciò che hai fatto, raccogliendo il bandolo da chi aveva fatto prima di te e tendendolo a chi lo raccoglierà.
Elio si è regolato così. Io ho provato a raccontarlo.
* * *
La lettera di Elio Carmi contenuta nel libro «Fai che farlo»
Caro Lettore, non ho idea di che cosa ti abbia spinto alla lettura e ti confesso che neppure io so bene cosa mi ha portato alla realizzazione di questo libro illustrato. Mi sto ancora interrogando sul senso di questa raccolta di flashback. Fare un bilancio su ciò che si è fatto è umano e comprensibile, per ricostruire passaggi da consegnare a chi ti è vicino, anche questo ci sta. Ma stamparlo? Farne un’edizione, un oggetto, perché, per chi? Nella stanza in cui dormo, dall’alto scende un lavoro di Aldo Mondino, uno dei suoi lampadari con le Bic Cristal agganciate ad anello circolare, e al centro un grappolo di luci: il titolo ironico e giocoso dell’opera è “Jugen stilo”, è degli anni novanta. Quando sei steso supino lo vedi, se ti svegli nottetempo, la percezione di un’ombra smaterializzata e opaca sul soffitto c’è. È un segno molto presente, da un punto di vista affettivo è un portato di valori e memorie. Un cerchio che mi accompagna da molti anni. L’oggetto-libro che ora hai in mano io lo immagino al centro di un cerchio, con una serie di cerchi concentrici che da lì si estendono. Il punto centrale di questa serie di anelli mi contiene; poi, al primo cerchio, ci sono le persone a me più vicine, il secondo si apre ai grandi affetti, all’appartenenza all’ebraismo; a mano a mano che ci si allontana, si va verso le cose di lavoro, le relazioni che si articolano nel tempo e poi via via si indeboliscono, fino a perdersi. I cerchi finali, esterni, sono più sfocati, spezzati, opachi. Penso che questa visione possa valere per tutti: ciascuno è sempre al centro di una vita, la propria. Ed è così che tutti noi, quando ci avviciniamo agli altri, intrecciamo i nostri cerchi con i loro. Quando le linee si incrociano, nascono delle relazioni. Siamo tra i viventi, quelli che possono superare il colore della pelle e le barriere linguistiche, comprendere le differenze culturali, aprire dialoghi e connessioni. Il libro, tra le pieghe delle pagine, contiene questa voglia di comunicare quanto importante sia la relazione, quanto importanti siamo tutti noi, quanto mi ha aiutato l’incontro, lo studio, la vicinanza degli altri. Quanto questa mia narrazione possa essere simile a molteplici altre con esiti estremamente diversi, ma tutte sono parti di un mondo in divenire. C’è però un aspetto che nel libro non è stato volutamente inserito. Ed è importante che tu, lettore, lo consideri: qui, nella mia narrazione, non ci sono i fallimenti, le tentazioni, le crisi che ho vissuto e che, in alcuni casi, forse ho prodotto io. E sono tanti, davvero, sai? Non c’è dunque la presenza dell’angelo diabolico, quello che è sempre presente e pronto ad agire. E nei miei settant’anni, di angeli nefasti ne ho incrociati tanti, alle volte erano diavoli che minacciavano danni a me o alla mia famiglia, altre volte erano richieste indebite, altre ancora questioni legali o finanziarie complicatissime. Non sempre sono scappato in tempo; in alcuni casi sono stato travolto, io e le persone a me vicine ne hanno sentito l’oppressione, hanno visto la mia difficoltà e, talora, la mia rinuncia ad agire. Non ho rimosso nulla, è tutto dentro di me e lì resta. Qui, nello scorrere delle parole che Silvana ha cucito lettera per lettera, avrebbero lasciato solo un senso di pena, o di compatimento, o di dichiarata umana debolezza. Mica bello per chi legge, e neppure per me ricordare nomi di persone che ho escluso dalla mia vita, identità cancellate, storie di cattiverie. Non avrebbero avuto alcun senso in questo percorso di formazione. Invece, la positività degli incontri e di porte che si aprono e intrecciano i cerchi degli altri, questa sì ha senso. Perché la vita è un dono enorme, e come tale va comunque vissuta. Dunque, mi auguro che la lettura e le immagini ti abbiano fatto sorridere ogni tanto, e soprattutto che alcuni miei pensieri si siano incrociati con i tuoi cerchi e si siano virtualmente uniti, trovando intrecci e connessioni, magari inaspettate.
Un caro saluto. Elio, estate 2023
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Stralcio dell’introduzione di «Fai che farlo. Frammenti di vita e design di Elio Carmi»
La prima percezione è il profumo. Della torta «panelatte», voglio dire: preparo tutti gli ingredienti (…), li mescolo, verso l’impasto in una teglia e metto in forno. Il primo risultato di sintesi è, appunto, l’aroma. Il secondo è la consistenza, morbida e compatta. E la terza sensazione, appagante e suprema, è il gusto. Profumo, compattezza, gusto: tre fonti di emozione sensoriale che si fondono in un’unica identità, la torta «panelatte», del tutto diversa, dal punto di vista olfattivo, tattile e gustativo, rispetto ai singoli, originari ingredienti che ho amalgamato. Un giorno Elio mi ha proposto un compito analogo: mettere insieme gli ingredienti di una vita. La sua. Che sfida! «Proviamo», abbiamo detto. È cominciata così, davanti a un banco di lavoro, con gli strumenti basilari: la penna Bic, il quadernetto a righe e, poi, la tastiera del computer. Un pomeriggio dopo l’altro, abbiamo raccolto gli ingredienti: i ricordi, le parole, le immagini, i gesti, la mimica. La terrina era il foglio bianco che via via si riempiva, pagina dopo pagina, con segni scarabocchiati in fretta per non perdere niente, neppure le sfumature del tono della voce, finanche l’intercalare del respiro e dei colpetti di tosse. Poi abbiamo impastato a quattro mani: rileggendo e correggendo, aggiungendo e togliendo, riassemblando e livellando, scardinando e rimontando, fino a ottenere un impasto unico distribuito in diciotto parti. Diciotto fette di un unico sapore. Perché diciotto? Perché il numero diciotto mi ha preso. (…) Il diciotto è vita! Abbiamo messo insieme una vita, mescolando ingredienti diversi: Elio figlio di Nella e Dario, Elio innamorato e marito di Laura, Elio padre di Daria, di Daniele e di Diletta, Elio goloso di salvia fritta, Elio con scarso interesse per i numeri e una spiccata vocazione per il disegno, Elio insegnante, Elio designer e creativo, Elio ebreo, Elio sperimentatore, Elio comunicatore. Tante sfaccettature, un’identità unica. (…) Memorie, narrazioni, frammenti rispolverati o addirittura scoperti con stupore, in particolare quelli scivolati via senza essere mai considerati. Ti metti lì, li raccogli, li impasti e viene fuori l’identità di un’esistenza. (…)
Silvana Mossano, estate 2023
LA TORTA PANELATTE
E’ un dolce povero cui, di base, servono pochi semplici ingredienti: pane raffermo ammollato nel latte, uno o due uova, e zucchero. Rimestando energicamente con un cucchiaio, si ottiene un impasto morbido, non proprio uniforme; lo si versa in una teglia (imburrata o foderata di cartaforno), si spolvera di zucchero e si mette in forno a 180 gradi per una trentina di minuti o poco più, fino a che la superficie imbrunisce, ma non troppo. Se si sguinzaglia la fantasia, si possono aggiungere altri ingredienti: noce di burro, scorza di limone o di arancia, cannella, uvetta, gocce di cioccolato, tocchettini di mela… Il consiglio è: provare e riprovare, fino a che ci si prende la mano e ognuno farà la panelatte con la propria identità.
https://www.ilmonferrato.it/notizia/LHWBn94mekCAIflLJZ24gw/grande-partecipazione-per-elio-carmi
https://www.casalenews.it/cultura/fai-che-farlo-la-vita-di-elio-carmi-diventa-un-libro-49331.html
Il libro «Fai che farlo. Frammenti di vita e design di Elio Carmi» (Fausto Lupetti Editore http://www.faustolupettieditore.it/) si può acquistare da Libreria Coppo, via Roma, Casale Monferrato oppure online
Il libro è bellissimo e la presentazione stupenda complimenti
Che bello tutto! Elio, tu, il libro, la storia…
In generale le biografie mi sono sempre piaciute , come se fossero (anzi senza se) , visuali e prospettive diverse da cui trarre spunti e suggerimenti per la vita , il ” senso ” della vita ; figuriamoci se poi la persona in questione è una conosciuta di persona per me è un onore ed un orgoglio oltre che un evento fortunato e solo per questo vale la pena di leggere il libro e di approfondire la conoscenza di una identità certamente fuori dal comune…
Veramente eccezionale la
Tua descrizione in poche righe della nascita e scrittura di questo libro( sicuramente da acquistare ) . Ma non avevo dubbi sulle tue capacità . Non aggiungo altro . Si compra e legge il libro! Grazie a tutti coloro che hanno contribuito a rendere la presentazione fluida e comprensibile .
È sempre un piacere leggerti. Riesci a descrivere molto bene il lavoro fatto ed arriva al cuore.
Purtroppo non ho potuto essere presente, una parte di me era comunque lì con te ed Elio.