SILVANA MOSSANO
Oggi, 18 gennaio 2023, Giorgio Ottolenghi compie cento anni. Ebreo, laureato in chimica e in Medicina, è stato per quasi 65 anni presidente della comunità israelitica casalese (ha passato il testimone a Elio Carmi nel 2020). https://www.silmos.it/cambio-al-vertice-della-comunita-ebraica-casalese-dopo-mezzo-secolo/
Oggi, per festeggiare il significativo traguardo del secolo la comunità e gli amici hanno organizzato una festa online: da ogni dove saranno collegati virtualmente alla casa di piazza San Domenico, dove Giorgio Ottolenghi vive con la moglie Adriana, legge, mantiene contatti con amici e conoscenti.
Quando compì 96 anni, feci una chiacchierata con Giorgio Ottolenghi. Raccolsi e scrissi i ricordi della sua vita, anche dei momenti più difficili e pericolosi, di cui mi mise a parte. Quello che segue è il racconto che ne feci.
[Nella foto grande, in primo piano Giorgio Ottolenghi e, poco più indietro, Romano Prodi in sinagoga a Casale a maggio 2008; in quella occasione, l’economista Luciano Segre, amico dell’ex premier, raccontò come, con l’aiuto del giornalista Gad Lerner, era riuscito a ottenere il riconoscimento di «Giusto tra le nazioni» per don Martino Michelone, originario di Morano Po e parroco di Marcorengo, che aveva salvato la famiglia ebrea dei Segre scongiurandone la cattura da parte dei nazisti]
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«Ne ho viste di tutti i colori, più volte sono stato vicino alla morte, ma mi è andata bene. Sono stato fortunato». Giorgio Salvatore Ottolenghi, da oltre sessant’anni presidente della comunità israelitica casalese, a pochi giorni dal suo novantaseiesimo compleanno (è nato il 18 gennaio 1923) racconta come scampò alla Shoah riparando, con la famiglia, in Svizzera.
A Casale la famiglia Ottolenghi – cognome diffuso nel mondo, dalla lingua tedesca «servitore senz’armi», praticamente amministratore dell’imperatore – era ben radicata. Giuseppe Ottolenghi, avvocato, aveva sposato Valeria Borgetti, di Alba, e avevano avuto due figli: Giorgio Salvatore e Fulvia. Il primo colpo all’esistenza benestante di questa famiglia colta si ebbe dopo l’introduzione delle leggi razziali: «Mio padre non poteva più esercitare la professione, svolgeva qualche pratica per conto di colleghi che gli passavano del lavoro sottobanco». Giorgio lavorò un po’ alle Cartiere Burgo, poco fuori Casale, e studiava chimica a Milano, da professori ebrei che erano stati espulsi dalle università. Un equilibrio precario che divenne ulteriormente insicuro nel 1943. Non restava che mollare tutto e scappare. «Prima riparammo a Brusaschetto, in una vecchia cascina di conoscenti, ma l’obbiettivo era la Svizzera».
Il passaggio del confine avvenne nella notte tra il 4 e il 5 dicembre. Ore incise nella memoria, come gli istanti in cui posarono piede nella città di Chiavenna. «Un militare, “Alt”, ci disse puntandoci addosso la lanterna – racconta Giorgio Ottolenghi -. Dalla sagoma sembrava un tedesco, anche l’elmetto era simile. Ho pensato “Siamo morti”». Invece, dopo l’alt, le parole più confortanti: «Guardia svizzera». Gli Ottolenghi si abbracciarono: «Siamo salvi».
Dopo alcuni giorni in una cascina, al riparo dal gelo, furono trasferiti in un albergo dismesso, in un sobborgo di Zurigo, «affidato alla direzione di un colonnello in pensione». I più giovani, poi, furono assegnati a campi di lavoro, per contribuire al mantenimento. «Io ero in un cantiere e costruivo scalini».
La famiglia casalese aveva portato con sé del denaro e dei gioielli, «che ci furono sequestrati all’ingresso in Svizzera, ma poi tutti restituiti quando lasciammo il Paese». Giorgio riuscì ad avere una borsa di studio per proseguire gli studi di chimica all’università di Ginevra, «ma non avevo soldi per i libri; gli americani, però, regalavano quelli che loro avevano in surplus. Trovai, quindi, i testi su cui studiare: scritti in inglese, l’insegnante spiegava in francese e io prendevo appunti in italiano». Frequentò due semestri, poi, a luglio del 1945 la famiglia tornò a Casale, nella casa in piazza San Domenico. «Un disastro, molte cose erano sparite. Era stata occupata da sfollati che, poco prima del nostro arrivo, furono fatti sloggiare dai partigiani, con cui mio zio aveva buoni contatti».
Il più grande sconcerto fu quando «misi piede nella sinagoga, un colpo che non dimenticherò mai: in stato di abbandono, i libri per terra, mobili rovesciati e ragnatele, tante e immense, che dal soffitto pendevano fino al pavimento. Ah, certo erano preziose – accenna con ironia Ottolenghi – essendo… di seta…». In quel momento si incupì: «Pensai che non restava altro che tirarla giù, la sinagoga, o forse sarebbe stata adibita a magazzino…». Invece, grazie a una straordinaria condivisione collettiva, è rinata ed è ora considerata una delle più belle d’Europa.
Ottolenghi è presidente della comunità ebraica casalese, 62 anni ininterrotti (nel 2018, ndr). Si laureò in Chimica, «in barba a Mussolini», all’università di Genova, e, negli anni Settanta, anche in Medicina, a Torino, «che era il mio sogno».
Che posto ha avuto nel suo animo l’odio? «L’ho provato, sì – ammette sospirando -; c’è stato un momento che non volevo più neppure sentir parlare dell’Italia. Poi, il tempo sana molte cose».
Nel 1957, a casa di amici, incontrò una ragazza appena arrivata dall’America. Adriana era di passaggio, in visita ad alcuni parenti. Lui la sposò e lei indietro non tornò più. «Sono passati più di sessant’anni e sta ancora qui, vuol dire che proprio male non si è trovata!».
Hanno avuto un figlio: Joseph.
Bellissima testimonianza. Tanti Auguri Sig. Giorgio. E Grazie a te Silvana per ricordo. Paolo
Tanti auguri Presidente! Al prossimo comoleanna!
Tanti auguri Presidente, al prossimo compleanno!
Complimenti a te per il bell’articolo celebrativo e, naturalmente, complimenti e Auguri carissimi all’amico Giorgio, persona di grande umanità e eccellenza che ho avuto l’onore di conoscere negli anni del mio impegno amministrativo.
Auguri Dott. Giorgio Ottolenghi! Buon compleanno
Auguri Giorgio, sei nato un anno dopo la mia mamma. La vostra generazione ha buona tempra e testa lucida, e tu sei ancora un bell’uomo! Tu e l’adriatico da giovani dovevate essere bellissimi, e devo dire che anche Gioy non è da meno. Salute, prosperità e amore, a te ancora per molto molto tempo
Grazie Silvana di questo bellissimo ricordo.
Ottimo ritratto di un grande personaggio casalese.
È sempre bello ed interessante leggere i tuoi scritti.