SILVANA MOSSANO
TORINO
Era attesa una sentenza, invece è arrivato un rinvio al 25 gennaio 2023. Anzi, addirittura si riapre, almeno su un aspetto specifico, la fase dibattimentale del processo Eternit Bis, per il filone che riguarda due vittime di Cavagnolo, al vaglio della Corte d’Appello di Torino. E’ presieduta da Flavia Nasi, affiancata da Maria Alvau e Ivana Pane.
Imputato è l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, ultimo patron in vita della società Eternit. In realtà, a Cavagnolo la fabbrica si chiamava Saca, ma faceva comunque parte della proprietà Eternit.
Serve un breve riassunto. Il procedimento Eternit Bis era stato esaminato, in udienza preliminare, dal gup di Torino che aveva riqualificato il reato di omicidio doloso, contestato dalla procura, in omicidio colposo.
Questa decisione aveva prodotto, come conseguenza, che il fascicolo venisse «spacchettato»: un filone, per due vittime di Cavagnolo (uno per asbestosi, l’altra per mesotelioma), era finito davanti al giudice monocratico di Torino; un altro per otto vittime di Bagnoli era passato alla procura di Napoli e quello più pesante, per 392 morti di Casale e del Monferrato, era stato trasferito alla procura di Vercelli.
A Napoli, i pm hanno insistito sulla contestazione di omicidio volontario con dolo eventuale, ma la Corte d’Assise, in primo grado, ha riqualificato il reato in omicidio colposo con l’aggravante della colpa cosciente. Pertanto, per sei degli otto casi di morte, essendo trascorso molto tempo dalla chiusura dello stabilimento, si è abbattuta la mannaia della prescrizione (che non è dichiarazione di innocenza, ma evita la condanna). Per un caso, di diagnosi dubbia, Schmidheiny è stato assolto. La pena di tre anni e sei mesi è invece stata inflitta per un unico caso di morte, più recente, per il quale non ha ancora inciso la prescrizione. Ora, la difesa ha impugnato la sentenza di condanna e si attende che venga fissato il processo in Appello.
Anche a Vercelli la procura aveva ribadito la contestazione di omicidio doloso e, con questa accusa, il gup aveva rinviato a giudizio l’imprenditore svizzero. Il processo è finito davanti alla Corte d’Assise competente per territorio (cioè Novara), presieduta da Gianfranco Pezone, affiancato dal giudice togato Manuela Massino e da sei popolari. Questo procedimento è in corso e la fase dibattimentale è alle battute conclusive: salvo imprevisti, le ultime due udienze, con un confronto tra consulenti delle parti, sono fissate per il 12 dicembre e per il 16 gennaio.
In fase più avanzata è, invece, il processo per i morti di Cavagnolo, dove l’imputato, in primo grado, è già stato condannato a quattro anni. Si è poi svolto il processo in secondo grado e il verdetto era atteso, appunto, il 29 novembre. Invece, la Corte d’Appello ha dichiarato di aver necessità di ulteriori approfondimenti tecnici, per quanto riguarda una delle due vittime: l’ex operaio Giulio Testore, morto nel 2008 a 72 anni, a causa dell’asbestosi. In particolare, i giudici vogliono approfondire, in un confronto tra consulenti della procura (Donata Bellis e Massimiliano Bugiani) e della difesa (Massimo Roncalli e Canzio Romano), questo aspetto: premesso che la vittima ha lavorato alla Saca tra il 1955 e il 1982, la Corte vuole capire se sia possibile accertare quanto abbia inciso l’esposizione all’amianto tra il 1976 e il 1982, quando cioè l’imputato era il gestore della società Eternit. Delle esposizioni precedenti, invece, Schmidheiny non è chiamato a rispondere.
Dopo l’approfondimento con i consulenti, che avverrà il 25 gennaio prossimo, è probabile che sia fissata un’altra data per consentire al pg Carlo Maria Pellicano (che aveva già chiesto la conferma della condanna di primo grado a quattro anni) e ai legali delle parti (per la difesa: Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, e, tra le parti civili, Laura D’Amico e Laura Mara), di ridiscutere limitatamente a questa questione. Solo dopo ci sarà la sentenza.
L’altra vittima di Cavagnolo si chiamava Rita Rondano, che abitava in paese, morta anche lei all’età di 72 anni, nel 2012, a causa del mesotelioma.
Nella foto: scorcio interno della sede del Palazzo di giustizia di Torino dove ha sede anche la Corte d’Appello
Grazie Silvana. Più che un processo è una “Via Dolorosa” . Ricordiamo sempre chi non è più con noi.
Quanti punti interrogativi. La commedia non a fine. Grazie per le dettagliate informazioni.
Grazie tante Silvana !!!
Ovviamente la difesa sosterrà che anche per l’asbestosi
– mortale e quindi con intense esposizioni prolungate nel tempo – è la prima esposizione la causa ( periodo belga) e dunque l’amianto del periodo Smidhainy non centra nulla…..!