SILVANA MOSSANO
Uno stralcio di questo articolo è stato pubblicato su La Stampa di oggi, 1° settembre 2022
Le immagini sono della fotoreporter Federica Castellana
La prima volta che, a Bosco Marengo, incontrai Gorbaciov a distanza ravvicinata, diciamo a meno di un metro e in qualche momento addirittura a sfiorarsi i gomiti, ricordo di aver pensato una cosa banale: «Toh, mi dissi, è ben più alto di quanto mi pareva vedendolo in televisione». Per esempio, riflettei, era più basso di Reagan quando si erano stretti la mano per siglare l’intesa del disarmo nucleare per mettere fine alla guerra fredda.
Nel sontuoso Complesso di Santa Croce di Bosco Marengo, custode di inestimabili opere vasariane, Gorbaciov era approdato nel 2002 per visionare il luogo destinato a diventare sede permanente del World Political Forum. L’ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dal 1985 al 1991, l’uomo della glasnost e della perestroika nell’epoca nell’abbattimento dei muri, dell’avvicinamento tra nazioni, del respiro potente di unità tra i popoli conservando ciascuno le proprie identità, insignito del Nobel per la pace nel 1990, si era messo in testa un progetto nobile: realizzare un consesso internazionale in cui discutere le questioni cocenti della globalizzazione. L’interdipendenza tra i popoli, le problematiche ambientali, climatiche e alimentari, per fare una sintesi.
Ed era deciso a coinvolgere tanti personaggi che si erano occupati attivamente dei destini del mondo e, oramai usciti dalle stanze dei bottoni, erano pronti a rimettersi in gioco perché dal confronto delle loro esperienze, e anche dagli errori fatti, potessero scaturire suggerimenti a chi le redini del potere le aveva in quel momento in mano.
«Lavorerò gratuitamente» tenne a precisare fin dal primo sopralluogo a Bosco, garantendo che avrebbero seguito il suo esempio anche tutti quelli che, con qualche giro di telefonate, aveva interpellato: da Benazir Bhutto del Pakistan, affascinante nel suo elegante shalwar kameez, Jacques Delors già presidente della Commissione europea, Butros-Ghali già segretario generale dell’Onu, Jaruzelski, già presidente della polonia, Georgi Parvanov, già presidente della Bulgaria, Shimon Peres, già primo ministro di Israele, Rudolf Schuster, presidente della Slovacchia, Antje Vollmer, vicepresidente del Bundestag, Federico Mayor Zaragoza già direttore generale dell’Unesco, Lecha Walesa, già presidente della Polonia, Helmut Kohl, già Cancelliere della Germania, Lula, già presidente del Brasile, e altri, tra cui gli italiani Andreotti, Cossiga, Demichelis.
«Guardando a ciò che accade oggi si comprende quanto sarebbe stato importante sostenere e continuare il World Political Forum!» ha commentato in questi giorni Fabrizio Palenzona, all’epoca presidente della Provincia, che lo ricorda come un uomo di grande sensibilità. Andò avanti tra il 2003 e il 2014, ma nel 2015, quando già si erano individuati i tempi da affrontare in quella sessione – parlamento europeo e federalismo -, la Regione chiuse il Wpf. Peccato.
Ma torniamo a vent’anni fa.
A noi giornalisti è concessa, talora, una prerogativa speciale: osservare da un palcoscenico privilegiato il microcosmo e il macrocosmo nel momento in cui si svolgono gli eventi, anche quelli che danno una svolta tra il prima e il dopo, tra ieri e domani e possono, talora, cambiare la Storia. L’approdo del Nobel Gorbaciov in provincia era certamente un avvenimento di portata internazionale. Avrebbe potuto dare una svolta.
Si era individuato il Complesso Monumentale di Santa Croce, realizzato per volontà del Papa Pio V nel suo paese natale, come sede del World Political Forum, con la lungimirante previsione che avrebbe acquisito visibilità mondiale (e anche i finanziamenti necessari per ristrutturarlo).
Prima della formalizzazione del Wpf, si pensò bene di accompagnare Gorbaciov a visionarlo, per verificare che fosse di suo gradimento. La prima visita fu quel che fu: si era data una spazzata ai pavimenti, tolte le ragnatele più vistose e poco di più. Ma fu ampiamente rassicurato: «Con 30 milioni di euro mettiamo a posto tutto!». L’intenzione c’era, condivisa da Regione, Provincia, Fondazioni bancarie.
Un po’ di mesi dopo, Gorbaciov fu accompagnato per una verifica dell’andamento dei lavori e l’uomo si manifestò visibilmente contrariato: il volto corrucciato era indicativo, così come il tono della voce e il gesticolare di una mano, l’altra in tasca. La rimostranza in russo la capirono soltanto il giornalista Giulietto Chiesa, per anni corrispondente da Mosca per La Stampa, e il sindaco dell’epoca Mara Scagni, che la lingua russa ben la padroneggia. Gli interpreti fecero una traduzione edulcorata che suonava più o meno così: «Non mi sembra che i lavori siano andati molto avanti rispetto all’altra volta che sono stato qui. Quanto si è già speso?». La soprintendente Carla Spantigati si affrettò a contabilizzare: «Oltre un milione e mezzo». Gorbaciov mormorò: «Mhm…, ma ce ne sono altri 28 e più ancora da spendere! E bisogna pure fare qui un albergo e un “refettorio” per servire la famosa cucina italiana».
Comunque, nel 2003, l’insediamento ufficiale del Wpf ci fu.
Gorbaciov, in quella occasione, era accompagnato dalla figlia e alloggiarono al Relais Villa Pomela di Novi Ligure. In Santa Croce, invece, fu servito un ricco buffet, preparato dall’eccellente chef Anna Ghisolfi che attinse ai sapori di tutti i territori della provincia: fiori di zucchini della piana alessandrina, vitello in salsa monferrina, rabaton della Fraschetta, riso Maratelli al Montebore con verdure della Val Cerrina, galletto alessandrino, polenta di Marengo e salsa di pesca di Volpedo. Più i vini: Gavi, Grignolino del Monferrato, Dolcetto d’Ovada e Brachetto d’Acqui.
Prima dell’acciottolio di piatti e posate, Gorbaciov si sedette allo sconfinato tavolo ovale, dove si erano già svolti i lavori congressuali nella mattinata, e, dopo un sorridente «Bongiorno» in accento russo, rispose alle domande dei giornalisti. Quando arrivò il mio turno gli dissi: «Presidente, nei programmi del World Political Forum sono in agenda temi importantissimi di questa nostra epoca, ma ne manca uno». Mi guardò interessato. «Il tempo – spiegai -: l’umanità si è messa ad andare troppo veloce, è una rincorsa senza senso. Che cosa si può fare?». Incrociò le dita sul tavolo e mi sorrise: «Ha ragione. E’ una questione molto difficile, ma dobbiamo pensarci».
Vent’anni sono volati via. Il suo tempo è trascorso in fretta e ora si è concluso. Non di meno il nostro tempo continua a correre in fretta. E in questa velocità, apparentemente inarrestabile, troppo velocemente la speranza di pace è stata ingoiata dal mai sopito appetito di guerra.
Brava Silvana, ci voleva proprio questo tuo ricordo del grande Gorbaciov, per il suo ruolo estremamente importante di grande speranza per l’umanità, rilanciato,appunto, proprio nella nostra Provincia.
Grande Statista! Premio Nobel che aggiungere di più . Grazie Silvana per tua memoria come sempre puntuale e Chiara.
Cara Silvana grazie di questa perla di buon giornalismo….ne sento tanto la mancanza…eè importate sottolineare come ..si corre velocemente…e non riusciamo più a dare il tempo giusto per lo.sviluppo dei progetti …dimenticandoci dei preziosi esempi per l unità profonda tra popoli…dimenticando come la vicinanza tra i popoli e lo scambio di conoscenze sia il vero motore dei progressi dell umanità…grazie per il lavoro fatto e che ci fai conoscere…ogni volta ci rendi più ricchi..con il tuo sapere
Proprio vero che è stato un costruttore di ponti, e di come il popolo russo non abbia colto la portata rivoluzionaria delle sue intuizioni, mi stupisco ancora adesso.
La tua riflessione come sempre è molto acuta. La sfida di questi tempi tormentati potrebbe essere dare un senso al tempo costringendoci a pensare. Solo così potremmo rallentare la corsa e trasformarla una una piacevole comminata
Riflessione come sempre molto acuta. Forse l unica possibilità che abbiamo è dare un senso al tempo. Solo così da una corsa insensata potrebbe trasformarsi in una piacevole passeggiata