SILVANA MOSSANO
E’ morto Lanfranco Giovannacci: classe 1936, uomo di spicco tra le personalità casalesi che hanno lasciato un segno distintivo nella storia della città di Casale, da un anno e mezzo si era trasferito nel Milanese, accanto al figlio Cristiano. Lascia anche la figlia Simona, il fratello Marco e la sorella Paola.
Per molti anni, ha gestito con la moglie Pinuccia, la cartolibreria sotto i Portici lunghi affacciati su piazza Mazzini, mentre suo padre aveva la libreria in largo Lanza, poi ereditata da Marco.
Nonostante le scrupolose cure dei medici dell’ospedale di Monza, Lanfranco non ha superato gli effetti gravi di una polmonite, del tutto estranea al covid, ma pesante sul suo fisico già debilitato dalle cure di altre patologie croniche e intimamente segnato dalla morte della moglie, avvenuta alcuni anni prima.
I funerali si svolgono giovedì 24 marzo nella città dove si era trasferito. La salma sarà cremata, come lui aveva disposto. I figli hanno deciso che le urne con le ceneri di Lanfranco e di Pinuccia non saranno mai separate.
Un po’ più di una quindicina di anni fa, avevo scritto alcune pagine raccontando la storia di Lanfranco e Pinuccia Giovannacci. In queste ore, sono andata a recuperarle e le pubblico qui, per ricordarli, sempre insieme.
Svoltano l’angolo, sotto i «Portici lunghi», uno a fianco all’altra da (*) anni. Lei infila la mano destra, liscia, sotto il braccio piegato di lui. Un passo dopo l’altro, lo sguardo pronto a raccogliere tra un pilastro e quello successivo, nell’occhio di luce dei portici, le immagini sempre uguali di squarci di piazza, con il re Carlo Alberto a cavallo.
La stessa andatura ogni giorno, quattro volte al giorno: due nell’andare, due nel tornare, tranne la domenica che, quella, alla faccia dei centri commerciali e delle idee balzane di certe amministrazioni comunali, quella va santificata con un giusto riposo.
Una camminata inconfondibile, due figure che avanzano, quattro piedi che si muovono, ma è come fosse una figura sola, due piedi soltanto, due gambe, in un’armonia scandita dal metronomo.
Un po’ di anni fa, c’era anche qualche chilo in meno, una chioma più scura, meno malinconia nello sguardo. Ma l’andatura non è mutata. Oscilla, ora a destra, ora a sinistra, all’unisono, come se lei e lui si dessero il via prima di partire.
Lui con la coppola di panno, lei con il soprabito beige. Un passo dopo l’altro, dondolante, fino al civico 21 di piazza Mazzini.
La serranda si alza lentamente. Lui, prima di varcare lo scalino, caccia uno sguardo fugace sul lato opposto, all’angolo dei «portici corti».
Era d’inverno ed era anche d’estate. Lui aveva i calzoni corti e voleva imparare a fare il libraio. Da suo padre.
Suo padre era Romeo Giovannacci. «Il» libraio, partorito da quella terra di librai che è Montereggio, nella Lunigiana.
I «portici corti», che costeggiano un tratto di via Roma, la principale arteria centrale della città, da un po’ di anni si chiamano «Portici Romeo Giovannacci».
I Giovannacci – il padre Romeo, e i figli Lanfranco e Marco – hanno segnato, con la loro attività economica, culturale e sociale e con le loro spiccate personalità, un significativo pezzo di storia della città.
* * *
Lanfranco finì la terza media alla scuola Luigi Hugues, in via Oliviero Capello.
Il suo mentore successivo fu Romeo, il libraio. La bancarella sotto i portici corti fu una scuola di mestiere e di vita, severa ed esigente. Romeo dava l’esempio e ti metteva alla prova, sotto la cappa greve di uno sguardo profondo e muto da farti torcere le budella.
Lanfranco faceva il garzone, spiando l’esperienza di quell’uomo che incuteva rispetto.
Faceva consegne a domicilio, riordinava i volumi sulla bancarella, si metteva alla prova con qualche cliente. Voleva imparare, ma dentro ribolliva il sacro fuoco dell’orgoglio, dell’ambizione, dell’indipendenza.
La prima occasione per affrancarsi fu con l’esperienza dell’«Autolibro» di Mondadori e, poi, acquisì la rappresentanza dei testi scolastici per conto delle più prestigiose case editrici: Paravia, Fabbri, Loescher, Nuova Italia, Giunti, Marietti.
Intanto, in via Duomo, i Giovannacci avevano aperto la libreria Minerva, anche se la bancarella continuava ad essere un punto di riferimento. E, in quegli anni, si cominciava a notare la presenza sempre più assidua di una ragazza bruna che, alla chiusura della libreria, si accompagnava a braccetto con Lanfranco. Giuseppina Raiteri, Pinuccia, faceva la commessa in un magazzino farmaceutico in via Paleologi.
Sognavano, insieme, una bottega per loro e l’occasione arrivò quando Enrico Moretto decise di cedere la cartoleria in piazza Mazzini, sotto i portici lunghi. Ci aveva passato lì dentro trent’anni e voleva smettere. Prima di lui, per un altro trentennio e più, si racconta che il negozio fosse stato gestito dalle sorelle Capra.
Il 29 settembre 1960 fu inaugurata la Cartoleria Giovannacci, piazza Mazzini 21. Per i primi due giorni Lanfranco non ebbe al suo fianco, dietro il banco, Pinuccia, che doveva completare il mese lavorativo nel magazzino farmaceutico.
La cartoleria Giovannacci, in cui entrò anche il fratello Marco con la moglie Licia, divenne il punto di riferimento per i libri scolastici.
Con la stessa tenacia con cui i suoi avi attraversavano a piedi il monte Cisa per conquistare le piazze, Lanfranco portò i libri di testo in tutte le scuole del Casalese: undici direzioni didattiche per un totale di 120 plessi ebbero un servizio a domicilio puntuale che, considerate le difficoltà di spostamento, risultò la vera chiave del successo.
Lanfranco partiva a bordo di una Cinquecento e bussava alla porta di ogni scuola. Viaggi avventurosi, a dita incrociate, soprattutto quando si doveva affrontare una salita da tirare in prima. E, appoggiata sul tappetino, era sempre a portata di mano una bottiglia piena d’acqua per il radiatore.
La bottega di piazza Mazzini, dopo pochi anni, fu ristrutturata: ampliata nella parte destinata alla vendita, ristretto il retrobottega che è sempre rimasto, comunque, un cuore pulsante di passioni, di discussioni, di confronti, di ricordi, e anche di amarezze e di disillusioni. Appesi al muro e incorniciati: ritagli di giornali, fotografie, pezzi di storia.
C’è la traccia di quegli anni ardimentosi, in cui all’amarezza era riservato un angolo minuscolo, quando Lanfranco e altri casalesi fondarono il Circolo culturale Piero Gobetti. La sede era una stanza, piena di sedie, scaldata a fiato e col supporto di una stufa, dove si discuteva di democrazia e di libertà. E c’era un giornale murale che occupava una vetrinetta inchiodata a un pilastro dei portici lunghi.
La bottega rimase una cartoleria «pura». Oltre ai testi scolastici e alla cancelleria, nella cartoleria di piazza Mazzini c’erano dizionari e vocabolari, atlanti, i volumi dell’enciclopedia illustrata «Conoscere» e quelli della collezione delle Regioni d’Italia. Il piano del bancone in fondo era occupato da un grande album rilegato in tela – e uno c’è ancora a documentare quella storia – che Lanfranco compilava nelle giornate delle ferie d’agosto: serranda abbassata, penombra, la calura attenuata tenendo spalancata la porta del retro che dà sul cortile, la penna in mano a scrivere, con una grafia da libro stampato, il titolo del testo scolastico, l’autore, il nome dello studente che lo aveva prenotato. Tutto ordinato e incolonnato. Il prezzo del volume era riportato a matita e lo si sostituiva a penna quando veniva pagato. Una crocetta indicava, via via, che i libri erano stati ritirati.
Nonostante l’avanzare degli anni, due figli ormai grandi – Simona e Cristiano -, l’ingrigire dei capelli e dei baffi, Lanfranco non ha mai perduto quell’anima di ragazzo di bottega e Pinuccia ha mantenuto intatto il temperamento determinato e combattivo che s’integra, ormai allenato dal tempo, con la personalità decisa di Lanfranco.
Lanfranco e Pinuccia appartengono a quella generazione di maestri di bottega che hanno un «credo» da rispettare, basato su alcuni principi irrinunciabili. L’ambizione: quella, ad esempio, di essere stati i primi a consegnare i testi scolastici a generazioni di studenti, perché all’inizio dell’anno scolastico (e anche con un po’ d’anticipo) li avessero a disposizione. La lealtà: nel fornire ai clienti prodotti di cui non avessero a pentirsi. La serietà: nella correttezza di rapporti e nel rispetto degli impegni assunti. La libreria Giovannacci si è connotata come fornitore sicuro, su cui poter contare. Non è un risultato che si ottiene semplicemente con una bella posizione nella più suggestiva piazza della città. Ci vuole professionalità, voglia di fare bene, la sfida di accontentare anche i clienti più esigenti, l’orgoglio, sì, l’orgoglio di riuscire a dare il meglio, con la capacità dettata dall’esperienza e che non si sottrae al sacrificio.
Il librone rilegato in tela, ora, non c’è più sul bancone, sono passati di moda il «Conoscere» e le «Regioni d’Italia». Il mercato impone delle scelte.
Lo spazio riservato alla cancelleria tradizionale e ai manuali scolastici, nelle due ali di vetrine all’ingresso, si è andato gradualmente assottigliando a favore di articoli da regalo di settore: agende, penne, accessori da scrivania.
* * *
Pinuccia infila la mano destra, liscia, sotto il braccio piegato di Lanfranco. Pinuccia ha il soprabito beige, Lanfranco ha la coppola di panno. Affiancati, un passo dietro l’altro, con quell’andatura ondeggiante di cui ciascuno dei due è un ingranaggio fondamentale. Un movimento armonico, simbiotico, che non si può immaginare se non così, all’unisono.
Cara Silvana,come sempre efficace ed essenziale nel cogliere i caratteri e le atmosfere…grazie della compagnia..
Bellissimo ricordo …come sempre Silvana sai rappresentare l anima e il cervello delle persone nei tuoi racconti ….quante belle discussioni politiche ho fatto con lui…e il suo miglior complimento era….dai ragazza …poi aggiungeva Compagna (e io mi sentivo importate) che crescererai….dai compagna….che c è la farai….e poi seguivo i sui consigli nell acquisto di libri e biografie…un abbraccio forte Lanfranco…sei nei miei ricordi e nel mio ❤
Bellissima memoria di “figure” colte e popolari della nostra zona. Riposa in Pace
Silvana , il tuo ricordo di Lanfranco Giovannacci e moglie e’ preciso e quasi fotografico . Dalle tue righe io ho rivisto i due che camminavano in tal modo cadenzato . Sempre precisa , attenta , minuziosa nel descrivere le azioni e i sentimenti delle persone . Grazie per questo ricordo .
Strabellissimo affettuoso rispettoso ricordo. Brava Silvana.
Un bel ricordo Silvana. Un altro pezzo di storia di quella Casale che sapeva guardare e sperare in un futuro di dialogo, di amicizia, di innovazione, sempre legata ai valori democratici. Lanfranco ha dato il suo importante contributo, ed è giusto ringraziarlo
Da sponde ideali diverse, ho sempre coltivato con Lanfranco una ‘burbera’ amicizia. Per alcuni anni siamo anche stati ‘vicini’, con i suoi uffici nel retro della cartolibreria che fronteggiavano quelli della nostra sede: non mancavano mai i lazzi, gli sfottò, questo alchecreprimenda, ma credo di poter dire che si concludevano sempre con un sorriso ed un saluto amichevole. Ne serberò un affettuoso ricordo, riposi in pace. Le mie sincere condoglianze ai famigliari.
Bellissimo ricordo, nel tuo scritto li ho rivisti sotto i portici lunghi. Che belle persone. Grazie Silvana
Brava come sempre! Immersa in questa lettura li ho rivisti e ricordati con piacere.
Sono una dei tre nipoti di Enrico Moretto.
La mia infanzia è stata al n
21 e i miei libri del Ginnasio erano del signor Giicvannacci, con il quale la mia famiglia aveva sempre mantenuto ottimi e affettivi rapporti.
Grazie per questo affresco bellissimo di Persone e luoghi di un tempo difficile ma ricco di opportunità.
Monica Meregaglia Moretto