Recensione di
SERGIO SALVI
«A proposito del senso della vita», autore Vito Mancuso edito da Garzanti 2021 pp. 103
In una frase: prezioso, illuminante, rasserenante.
Vito Mancuso è teologo, filosofo, docente universitario (www.vitomancuso.it); questo piccolo capolavoro è incentrato sulla trascrizione di una sua conferenza tenuta a Misano Adriatico nei primi giorni di luglio del 2020, quando ci si illudeva che il Covid-19 fosse stato costretto a una definitiva ritirata dalle nostre vite.
Proprio la seconda ondata della pandemia, e il conseguente perdurare della crisi socio/sanitaria, danno alle riflessioni di Mancuso una forte credibilità, anzi, costituiscono vera e propria prova che le sue tesi del 2020 sono corrette. Ne consegue che i suoi suggerimenti sono attuali, servono oggi, 16 ottobre 2021, per aiutarci a pensare e a vivere meglio, in definitiva a far emergere “quella luce per i nostri passi che chiamiamo senso della vita” (p. 12).
Penso che sia opportuna una precisazione a proposito dei libri del cosiddetto “pensiero positivo”. Dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso, per più di un decennio, specialmente sull’onda dei successi editoriali (la maggior parte postumi) dei libri attribuiti al sacerdote gesuita Anthony De Mello, nelle librerie erano letteralmente “grandinati” decine di titoli riguardanti aquile, polli, guerrieri della luce, forze mentali, ecc. Avevo letto il più famoso dei libri di De Mello “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo”, e mi ero fermato lì. Questione di gusti. Il libro di Mancuso non ha quasi nulla a che vedere con i manuali del “pensiero positivo”, questi infatti contengono una serie di regole, esposte talvolta brillantemente e sempre con ostentata sicurezza, da seguire per migliorare la propria condizione e avere successo.
Spiego quel “quasi”: a pag. 13 del libro di Mancuso viene citato un verso della canzone Beautiful Boy di John Lennon: “la vita è quella cosa che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti”, questa stessa frase compare in copertina nell’edizione italiana 2001 di “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo” di De Mello. Ed è davvero questo l’unico punto di contatto.
Mancuso infatti non detta regole, e invita il lettore al pensiero, gli dimostra quanto sia importante la riflessione, lo coinvolge nell’esplorazione delle parole; nessuna promessa, ma condivisione delle esperienze.
Il saggio è diviso in quattro capitoli: I “La nostra condizione”, II “Sul senso della vita”, III “La via” e IV “In pratica”. Ogni capitolo contiene brevi paragrafi, che mi sento di definire pensieri compiuti; la loro numerazione non si interrompe con il capitolo e continua, progredisce: il lettore è pertanto accompagnato, per gradi, sul filo di un ragionamento che offre una conquista a tappe, uno spicchio di conoscenza, la conferma di un sentire fino a quel momento un po’ confuso e, magia della lettura, diventato più chiaro.
Il primo paragrafo del capitolo 1 si intitola “Dissociati” e tratta della crisi della condizione umana generata da “una sempre più palese mancanza di chiarezza sulla nostra identità”, al punto che ci è necessario avere dei nemici, qualcuno da odiare, per scoprire chi siamo. “Oggi l’identità proviene da contrapposizione e rivalità e spesso contiene odio e violenza. Non è terribile?” (p. 14).
Certo che è terribile, vien da rispondere. Ed è la cronaca quotidiana a darci conferma che la maggior parte delle bandiere, strumenti di identità per eccellenza, viene agitata e brandita ad arma contro qualcosa o qualcuno e non a sostegno di progetti, di proposte, magari di rivendicazioni.
Ma il conflitto ha radici antiche: Caino e Abele, patrizi e plebei… Coppi e Bartali, eppure sembra che proprio ai giorni nostri, noi qui, adesso, “siamo privi di un ideale più grande dell’interesse particolare di ognuno, che sia riconosciuto da tutti e per questo risulti in grado di unire le singole libertà” (p. 16) “Per questo noi oggi siamo sempre meno cittadini e sempre più individui, sempre meno inseriti in reti di relazioni sociali e sempre più isolati (nonostante le molteplici connessioni virtuali): per questo l’inimicizia sembra prevalere sull’amicizia, l’essere contro sull’essere per, il voler dire no sul voler dire sì.” (p. 16).
La storia recentissima è colma di esempi: quante lusinghe dell’interesse individuale contengono le teorie populiste dell’«uno vale uno»? Ed ecco i consensi a valanga, coagulatisi sempre, e stavolta senza quasi, dall’odio verso qualcun altro su cui vendicarsi e poi spartirsi il bottino, salvo retromarce clamorose e fughe verso altri odi e rancori.
Mancuso, proseguendo in questo primo capitolo dedicato all’analisi della condizione umana, annota: “io con questo scritto, e in genere con il mio lavoro, intendo rinfocolare la fede in noi stessi, più precisamente, nella nostra reale possibilità di essere e di generare vita autentica.” (p. 19)
“La nostra civiltà rimuove le domande esistenziali, per definizione prive della possibilità di una risposta immediata, e le trasforma in richieste facilmente esaudibili qui e ora: «Da dove vengo?» diviene «Quanto guadagno?»; «Dove vado?» si trasforma in «Che cosa mi compro?», e l’interrogazione sul senso della vita è ormai solo una raccolta di informazioni sul prezzo delle cose.” (p. 23).
Poi arriva una pandemia, una catastrofe spiazzante, saltano gli schemi, e si riaccendono le antiche domande di senso: “Perché tutto questo dolore?”, “Dove ci porterà tanta sofferenza?”, “Come ritrovare orizzonti di senso per placare l’angoscia?”, “Come attivare nuovi modi di coesione sociale?”, “Dove ritrovare il coraggio di esistere?”, “Rimarremo umani?”. (p. 24)
L’autore sviluppa i vari temi in modo sorprendentemente chiaro: non è necessario avere alle spalle un bagaglio di letture teologiche, filosofiche o sociologiche; ogni riferimento è comunque ben spiegato, senza appesantire mai l’impegno del lettore. Una delle tesi di Mancuso: “Non c’è senso senza consenso” è di così immediata percezione che viene naturale dirsi: “L’ho sempre pensato, ma non me ne rendevo conto!”.
Finale: uno scrigno di piacere intellettuale, una lettura defaticante e, certamente, uno di quei libri la cui posizione nello scaffale sarà ben visualizzata per immancabili future consultazioni.
Caro Sergio, ti invidio per la tua voglia e costanza nel leggere, ma ancor più per la capacità di commentarci con sintesi e chiarezza il contenuto del libro ed il tuo pensiero. Grazie e cari saluti. Gianfranco