SILVANA MOSSANO
Processo Eternit Bis, seconda udienza (il 5 luglio 2021) davanti alla Corte d’Assise di Novara dove l’imputato Stephan Schmidheiny, cittadino elvetico della Svizzera tedesca, deve rispondere dell’omicidio volontario di 392 persone a causa della diffusione, criminale, secondo la tesi sostenuta dall’accusa, di fibra di amianto nel periodo in cui l’imprenditore era il patron anche dell’Eternit italiana e, in particolare, per quanto attiene questo processo, della sede di Casale Monferrato.
Come già avvenuto nella giornata di esordio, il 9 giugno scorso, i difensori, Guido Carlo Alleva e Astolfo Di Amato, proseguono, prima dell’avvio del dibattimento, con la proposizione delle cosiddette «eccezioni».
Ieri legali di Schmidheiny hanno ampiamente argomentato diversi temi che, a loro parere, renderebbero nulli gli atti fondativi del processo Eternit Bis. Alcune questioni erano già state sollevate in precedenza, ma, essendo state disattese e rigettate, li ripropongono davanti alla Corte d’Assise perché, hanno insistito, «è stato violato il diritto di difesa».
Vediamo come.
Intanto, torna in auge il «ne bis in idem», cioè l’impossibilità di giudicare due volte la stessa persona per «il medesimo fatto» (lo vietano l’articolo 649 del Codice di procedura penale e la Convenzione europea per i diritti dell’uomo).
Riassumiamo: Schmidheiny era stato processato, nell’«Eternit Uno» (condanne a 16 anni in primo grado e a 18 in Appello, prescrizione in Cassazione, nel 2014), per delitti contro l’incolumità pubblica (l’omissione dolosa di cautele in materia di infortuni sul lavoro e il disastro innominato doloso), mentre, adesso, nell’«Eternit Bis», il reato contestato è altro, cioè l’omicidio volontario – con dolo eventuale – di 392 persone. La domanda è: sono il «medesimo fatto»? Il quesito era già stato sollevato dall’avvocato Di Amato al giudice dell’udienza preliminare di Torino, Federica Bompieri, che, per ottenere una risposta chiarificatrice, l’aveva girato alla Corte Costituzionale, la quale, pur non entrando nel merito del caso specifico, si era comunque espressa in modo tale da dare il via libera al proseguimento, tirando via l’ostacolo del «ne bis in idem».
Proprio quel via libera ha consentito di avanzare fino al giudizio attuale in Assise. Ma per i difensori su questo aspetto la partita non è ancora chiusa e sollecitano anche la Corte di Novara, presieduta da Gianfranco Pezone (giudice a latere Manuela Massino, più i giudici popolari), a rifletterci su, soprattutto riguardo a poco più di una cinquantina di nomi che erano già inseriti nel vecchio procedimento.
Non di meno la difesa di Schmidheiny invita i giudici novaresi a interpellare nuovamente la Consulta affinché sciolga i loro dubbi sull’articolo del Codice penale (577) che delinea la volontarietà (qui contestato con dolo eventuale) del reato di omicidio e le pene indicate: poiché prevede la condanna fino all’ergastolo, bene sarebbe, secondo i legali di Schmidheiny, che la Corte Costituzionale intervenisse con dei distinguo. Così, a caldo, viene tuttavia da domandarsi se l’Assise, dopo aver accertato, in dibattimento, quali siano state la condotta e l’intenzione di Schmidheiny, non abbia essa stessa la facoltà e la competenza di commisurare la pena o addirittura (come peraltro già avvenuto nel corso della fase torinese dell’udienza preliminare) di riqualificare il reato.
Ma i legali insistono, i pm Gianfranco Colace e Maria Giovanna Compare diranno la loro alla prossima udienza di lunedì 12 luglio e così pure i legali di parte civile; poi la Corte deciderà.
E dovrà decidere anche su altre eccezioni sollevate.
Una, per nulla nuova e riproposta dall’avvocato Alleva, riguarda la «traduzione difettosa, scombiccherata» dall’italiano al tedesco del capo di imputazione contestato a Schmidheiny, monco all’inizio di una parte rispetto alla versione in lingua originale e, in più, corredato di improprietà ritenute grossolane.
In sostanza, il voto all’interprete potrebbe essere un sei meno meno.
Ma questo può determinare la nullità degli atti? Secondo l’avvocato Alleva sì, perché «rende impossibile per un signore di lingua tedesca, tanto più cittadino elvetico abituato a un certo tipo di precisione, comprendere in modo dettagliato l’imputazione di cui è chiamato a rispondere». Il legale insiste: «Non importa che l’imputato abbia eletto domicilio presso il difensore» che può provvedere a fornirgli una traduzione puntuale, lui «ha diritto ad avercela corretta nella sua lingua madre». Anche qui si attende il pronunciamento della Corte d’Assise, anche se giova ricordare che Stephan Schmidheiny, nel copioso carteggio di scambi di informazioni sulla gestione aziendale con il suo massimo dirigente Luigi Giannitrapani, amministratore delegato di Eternit Italia dal 1976 al 1981, si esprimeva correntemente in italiano.
Altra questione che è stata motivo di eccezione preliminare: l’inaccessibilità ai «vetrini», ovvero i campioni biologici di ciascuna delle vittime indicate nel capo di imputazione. «Sappiamo che i vetrini ci sono, abbiamo visto i contenitori in cui sono custoditi presso la polizia giudiziaria della procura di Torino, ma non è stato concesso al nostro consulente di analizzarli e verificarli, così come hanno fatto invece i consulenti dell’accusa» ha lamentato Alleva.
La premessa illustrata dall’avvocato è questa: «All’imputato vengono contestati 392 omicidi dolosi pluriaggravati che derivano dalla consapevole diffusione di amianto. La prognosi infausta, dunque, contiene in sé la firma dell’amianto che la scienza medica ritiene sia la principale causa che cagiona il mesotelioma. Ma bisogna essere certi che si tratti effettivamente di mesoteliomi – avverte il difensore, perché questa patologia può essere confusa al momento della diagnosi con altre forme tumorali». La certezza, per i casi di malattia comparsi da un certo momento storico in poi, si ottiene ormai con particolari tecniche diagnostiche, tra cui le indagini istologiche. E per gli altri? In altre parole, tra le 392 vittime (e il discorso vale anche per le altre centinaia che non sono indicate in questo processo) ce ne potrebbero essere (molte? poche? chissà) che sono morte d’«altro» e non per mesotelioma di cui, peraltro, manifestavano sintomi e decorso. I famigliari delle vittime devono prepararsi anche a questo: a sentirsi dire, nel prosieguo del processo, che quella malattia, che si è maledetta (maledetto il giorno che la si è vista scritta in una cartella clinica!) con tutta la sofferenza, la disperazione e la rabbia che si aveva in corpo, era «altro», un accidente d’altro, non meglio identificato. E quindi fuori dalla considerazione del processo.
Alleva ha affermato che di errori diagnostici di questo tipo ne sono già emersi, ad esempio «nel processo per amianto alla Olivetti di Ivrea».
«Noi abbiamo chiesto più volte di vedere i “vetrini”, ma abbiamo potuto vedere solo le dodici scatole di plastica in cui sono custoditi». Pertanto, ha concluso il difensore, «non potendo acquisire il parere tecnico del nostro consulente, l’anatomopatologo Massimo Roncalli, siamo impediti a discutere di quelle diagnosi».
Non ha spiegato, l’avvocato, dove il professor Roncalli si sarebbe messo al lavoro per sottoporre i «vetrini» al vaglio scientifico; diamo per scontato, ci viene da dire, che non avrebbe certo potuto portarli via dal luogo in cui sono rigorosamente custoditi, trattandosi di materiale unico e irriproducibile, fondamentale per il processo Eternit Bis, come del resto riconosce lo stesso legale: «E’ a tutti gli effetti il corpo di reato».
Anche in questo caso, si attendono repliche e precisazioni dei pubblici ministeri e poi la decisione della Corte.
Nel frattempo, ieri i giudici si sono già pronunciati sull’ammissione delle parti civili, in particolare su quelle che la difesa aveva contestato: le hanno ammesse quasi tutte (tranne Ona Casale, Pro Natura e un paio di associazioni animaliste), a partire da Afeva, i Comuni (Casale e altri del circondario), la Presidenza del Consiglio dei ministri (anche senza le generalità – che i difensori consideravano imprescindibili – di Draghi, premier pro tempore), i sindacati e altre associazioni che hanno dimostrato uno storico attivismo (come Medicina Democratica) nella lotta all’amianto.
Prossima udienza il 12 luglio; ne seguirà un’altra il 19.
Poi il presidente ha letto il calendario di massima, stilato fino alla fine dell’anno. Ecco le date: lunedì 13, venerdì 17, lunedì 20, lunedì 27 e mercoledì 29 settembre; lunedì 4, venerdì 8, venerdì 22 e lunedì 25 ottobre; i lunedì 8, 15, 22 e 29 novembre; lunedì 6, venerdì 10, lunedì 13 e lunedì 20 dicembre.
Ricordiamo che, in base alle restrizioni dovute alla pandemia covid, il processo Eternit Bis, per ora, si svolge «a porte chiuse», per ordinanza del presidente Pezone. Ciò significa che sono ammessi in aula, oltre a magistrati e avvocati (e l’imputato, se decidesse di presenziare), anche i famigliari delle vittime, costituiti parte civile e no, e i giornalisti. C’è da sperare che le restrizioni possano allentarsi e, visto l’ampio spazio nell’aula magna dell’Università di Novara che ospita le udienze, l’ordinanza venga rimodulata in modo da consentire, da settembre, la partecipazione degli studenti casalesi, interessati e attenti a questa tragedia sociale che, nostro malgrado, ha modificato in modo radicale il dna, fisico e psicologico, della collettività casalese per chissà quanti ancora anni a venire.
* * *
Di seguito, accolgo e pubblico la lettera che l’associazione francese Andeva (Association nationale de defense des victimes de l’amiante) ha scritto di recente all’omologa Afeva (Associazione famigliari e vittime amianto).
«Cari amici dell’AFeVA,
l’Andeva desidera esprimere la propria solidarietà e l’incoraggiamento a tutti voi per il processo Eternit Bis, che stiamo seguendo con grande attenzione.
Il primo processo contro Eternit è vivo nella nostra memoria, un momento di forte solidarietà internazionale delle vittime di tutti i continenti.
Eravamo al vostro fianco a Torino quando il giudice Casalbore ha letto la lista infinita delle vittime del “maxi-processo”. Abbiamo condiviso le vostre emozioni quando sono state pronunciate le sentenze di 16 e poi 18 anni di condanna contro Schmidheiny, la prima volta al mondo.
Eravamo anche con voi a Roma quando la Corte di Cassazione ha pronunciato la sentenza della vergogna e abbiamo condiviso la vostra tristezza e la vostra rabbia.
Il processo Eternit-bis che si è aperto a Novara ha riacceso la nostra speranza: che sia finalmente fatta giustizia per le migliaia di persone care uccise prematuramente da una malattia prevenibile.
In una società civile, il ruolo dei giudici è quello di ricordare a tutti i cittadini che la vita umana deve essere rispettata e che ci sono limiti che non devono essere superati. La giustizia deve giudicare e punire gli industriali che hanno ingannato i lavoratori e le comunità, nascondendo il pericolo di un materiale mortale per aumentare i loro profitti senza rispettare la salute.
In Francia, sono passati 25 anni da quando sono state fatte le prime denunce penali, e nessuna udienza di merito ha ancora avuto luogo. Invece di cercare i responsabili della tragedia, i giudici inquirenti e il pubblico ministero degli ultimi casi li stanno proteggendo. Recentemente hanno cercato di chiudere l’indagine preliminare archiviando il caso con la motivazione che sarebbe stato impossibile attribuire la responsabilità degli errori commessi a qualcuno in particolare, sia dal punto di vista medico che da quello legale. Il loro tentativo è fallito, ma continuano a porre degli ostacoli.
Ecco perché i nostri occhi sono puntati sull’Italia.
Sappiamo che il processo sarà reso più complesso dalla pandemia del Covid 19 e sappiamo che la strada da percorrere è ancora lunga e che ogni anno che passa aumenta il peso che dovete portare.
Vogliamo esprimere la nostra amicizia e la nostra incrollabile solidarietà a tutte le vittime.
La giustizia prevarrà».
Per l’Andeva, il Presidente Jacques FAUGERON e il segretario nazionale Alain Bobbio
Non commento. Sei troppo precisa che basterebbe quello che scrivi per emettere una sentenza. RIFORMA DELLA GIUSTIZIA URGENTE. Ricordiamo i nostri defunti e chi ancora lotta contro questo terribile”mostro”
Ottima sintesi Silvana, di cronaca e di analisi.
Grazie per la tua sensibilità e per il tuo impegno , nella continuità e coerenza.
Eternit bis.
Sintesi perfetta, chiara e comprensibile a tutti. Grazie Silvana.
Cara Silvana mi chiedo quante volte dovranno ancora morire quelle povere vittime prima che la giustizia “giusta” venga applicata. È un affronto tremendo non solo per coloro che hanno vissuto il dramma della malattia in prima persona