SILVANA MOSSANO
Quando, tra cento anni, si ricorderà la pandemia del covid come adesso viene evocata la strage dell’influenza «spagnola» avvenuta tra il 1918 e il 1920, si avrà a disposizione una quantità incommensurabile di dati. I numeri – contagiati, asintomatici, ricoverati, sopravvissuti, deceduti, vaccinati, per età, per sesso – oggi raccolti e sciorinati come pervicace sassaiola quotidiana, delineano la grandezza del fenomeno, ma non lo raccontano da dentro.
Il rischio è di dare i numeri, a forza di dare numeri.
Il «tempo del covid» – 2020/2021, e speriamo di finirla qui – è, prima di tutto, la narrazione di gesti (più che di gesta) della quotidianità: i medici e gli infermieri «in prima linea» (una definizione fin troppo abusata), i malati sopravvissuti e quelli morti in solitudine, le polemiche scagliate da catapulte posizionate su un numero incalcolabile di fronti, il ping pong tra scienziati, le condizioni di benessere economico-sociale fagocitate dal virus invisibile che le mastica e le frantuma a colpi di dpcm.
Quella che rimane più sotto traccia è l’anonima quotidianità del fare, silenziosa e determinata, che si muove per piccoli traguardi, rabboccando l’acqua dell’oceano con le gocce del colibrì.
E’, ad esempio, la quotidianità dei casalesi del Gruppo San Domenico che, nei loro incontri settimanali sotto la guida spirituale di don Antonio Gennaro, riflettono da anni (decenni ormai, partendo dallo storico Centro Giovanile, allora anche con don Gigi Gavazza) sul senso dell’esistenza, sul modo di interpretarlo eticamente e viverlo concretamente.
Ovvio che la pandemia, con le sue ripercussioni umane e sociali, sia diventata tema centrale di meditazione in questo anno. Decidono che qualcosa bisogna fare. Fare è scegliere da che parte stare e in che modo esporsi.
E che cosa si può fare, a oggi, per fronteggiare e prevenire il covid? Vaccinarsi. In ogni parte del mondo, perché la pandemia è globale; quindi, vaccinazione senza privilegio e distinzione di ceto e censo, senza confini di zone povere e ricche, più o meno civilizzate. Al banco di distribuzione dei vaccini devono avere accesso tutti. E Papa Francesco, con l’indice ammonitore, ha messo in guardia: «Non si dimentichino i più poveri!».
Il Gruppo casalese San Domenico, condividendo l’appello del Pontefice, ha pensato di convogliare la propria goccia in quella direzione. Se mandiamo i soldi al Santo Padre, hanno pensato, di certo lui sa come destinarli al meglio.
Internet, però, non è stato loro di aiuto per avere indicazioni pratiche. C’è, sì, una modalità per inviare offerte, ma senza la specificità per i vaccini.
E quindi? Alla vecchia maniera, hanno scritto una lettera con la richiesta di informazioni e l’hanno spedita come raccomandata con ricevuta di ritorno. «Contavamo che ci rispondesse qualcuno dell’Elemosineria Apostolica della Santa Sede» dice Riccardo Calvo. La lettera l’ha scritta sua moglie Roberta, utilizzando l’indirizzo cui, in passato, per conto del gruppo casalese, aveva inviato offerte. Per prudenza aveva indicato un recapito telefonico, giusto per garantire la consistenza di un’identità di riferimento.
* * *
Il telefonino del professor Calvo, preside dei licei, ronza «silenzioso» nel bel mezzo di una conferenza in webinar, a una settimana circa dalla spedizione della missiva in Vaticano. Si alza, si sposta, può esserci qualche problema in uno dei plessi del suo istituto?
Il numero sul display è sconosciuto. «Pronto?», lo dice sottovoce, coprendo parzialmente con una mano la bocca imbavagliata dalla mascherina.
«Sono Krajewski».
Krajewski? «Quel» Krajewski?
Non ha detto: «Sono il Cardinal Krajewski».
Così, semplicemente: «Sono Krajewski». L’elemosiniere del Papa Konrad Krajewski. Lui che, tanto per citare, nel 2019, a nome del Vaticano e prendendosi la responsabilità con prefettura e società elettrica Acea, si era calato in un tombino raggiungendo i contatori bloccati per morosità e aveva tolto i sigilli restituendo la luce a oltre 400 persone (circa un centinaio i minori), di cui molti migranti, in uno stabile all’Esquilino.
«L’accento italiano polacco mi ha tranquillizzato sull’autenticità della sua identità» dice Calvo. «Non ho pensato a uno scherzo».
«Noi – aggiunge – non volevamo scomodare lui personalmente, pensavamo ci rispondesse qualcuno dell’ufficio». Invece Krajewski si è occupato direttamente della questione. Non una risposta in burocratichese – vaticano; ha composto il numero di telefono e via. «Sono Krajewski…».
Oltre a confermare l’intento espresso dal Papa di acquistare vaccini e farli arrivare ai più poveri, l’Elemosiniere di Sua Santità ha spiegato a Calvo e ai casalesi che, per dare azione all’intenzione, aveva già attivato concretamente, attraverso i Nunzi apostolici, una serie di progetti.
I casalesi vogliono contribuire? Magnifico. Krajewski, don Corrado, come piace farsi chiamare, ha fornito prontamente le indicazioni: basta versare le offerte sul conto bancario indicato nel sito e specificare, nella causale, che vanno destinati ai vaccini.
Il Gruppo San Domenico, oltre ad aderire, ha dato voce alla proposta, lanciando, per la «Quaresima di fraternità 2021», l’iniziativa «Un vaccino per tutti». «Rispondiamo all’appello di Papa Francesco con un aiuto concreto» è l’invito. Ok immediato da don Corrado Krajewski e da don Antonio Gennaro sia al testo sia al grafico suggestivo che lo accompagna. Come fare? Con un versamento a Elemosineria Apostolica – Istituto per le Opere di religione – Città del Vaticano. Iban: VA54001000000017267005. Importante è indicare nella causale: «Un vaccino per tutti. Gruppo San Domenico – Casale Monferrato (Alessandria)».
In alternativa, si può contattare, telefonicamente, Piera G.: 333.9460640 oppure Roberta A.: 348.1481694.
L’ago della siringa, come suggerisce la coloratissima immagine creata da hoc dal validissimo grafico casalese Max Ramezzana, punga il cuore di molti perché, generosi, aprano le mani e sostengono il bisogno di vaccino in ogni dove del pianeta.
La solidarietà di tutti è sicurezza per tutti, va ripetendo, con convinzione e sapienza, il professor Alberto Mantovani, immunologo di chiara fama, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas.
«Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo trovati su una stessa barca fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari. Su questa barca ci siamo tutti. E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme», perché «nessuno si salva da solo». Così Papa Francesco, nella piazza San Pietro deserta a marzo 2020, già in piena pandemia. E non ha cambiato monito.
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Lodevole iniziativa! Bravi tutti
Ottima analisi, sono i gesti che raccontano , e anche questa è una bella storia da raccontare da diffondere
Credo sia veramente un’ottima iniziativa. Aderiro ‘sicuramente. Grazie Silvana
Mi piace questa iniziativa. Trovo giusto che chi ha di più aiuti chi è in difficoltà. La salute dovrebbe essere un bene comune