RECENSIONE di SERGIO SALVI
«La Marcia di Radetzky», autore Joseph Roth, traduzione di Laura Terreni e Luciano Foà, Adelphi Edizioni, VII edizione Gli Adelphi, gennaio 2005 pp. 424.
Libro acquistato qualche anno fa e messo da parte, in attesa che maturasse il tempo per la lettura.
In una frase: romanzo piacevole e anche utile per comprendere meglio un periodo storico, dalla seconda metà dell’ ‘800 agli inizi del ‘900, spesso frequentato in letteratura, cinema, teatro.
L’autore narra la curiosa saga della famiglia Trotta, sloveni di umili origini, nel tempo dell’irreversibile crisi dell’impero Austro-Ungarico.
L’evento cruciale del romanzo avviene in Italia nel corso della famosa battaglia di Solferino del 24 giugno 1859 (fatto d’armi così cruento da ispirare in un filantropo la necessità di dare assistenza ai feriti, e così nacque la Croce Rossa). Durante gli scontri, uno sconosciuto sottotenente della fanteria austriaca, Joseph Trotta, si rese conto che il giovane imperatore Francesco Giuseppe si era imprudentemente esposto al fuoco nemico e, con «l’eterno malanimo dell’ufficiale subalterno di prima linea verso gli alti papaveri dello stato maggiore, che non avevano alcuna idea dell’amara realtà del fronte», afferrò le spalle del monarca, lo gettò terra, ricevendo nella spalla la pallottola «destinata al cuore» di Francesco Giuseppe.
Trotta fu promosso capitano e insignito dell’Ordine di Maria Teresa (massima onorificenza imperiale), gli fu anche assegnato un titolo nobiliare e così iniziò il nuovo casato austriaco «Von Trotta», staccato dagli antenati slavi e contadini; ma Von Trotta non si montò la testa, tutt’altro, rimase una persona sobria e meticolosa. Si infuriò, anzi, quando scoprì, leggendo un testo scolastico del figlio, che il suo atto di eroismo a Solferino era stato romanzato in modo eccessivo. Implacabile, pretese che la descrizione fosse emendata, giungendo a chiederlo allo stesso Imperatore: il dialogo tra i due è una vera e propria chicca.
Il favore imperiale non abbandonò mai l’«Eroe di Solferino» e i suoi discendenti: il figlio Franz, per il quale aveva disposto fosse evitata la carriera militare, un giorno gli chiese il permesso di invitare un amico pittore durante le vacanze estive: la realizzazione del ritratto dell’Eroe è un altro bellissimo passaggio di questo bel romanzo.
Franz Von Trotta fece carriera nell’Imperial-Regia Amministrazione grazie «agli indimenticabili servigi» resi dal padre, e così suo figlio Carl Joseph fu tutelato dalla riconoscenza di Francesco Giuseppe durante la carriera militare, segnata da seri incidenti di percorso. La vita del giovane Von Trotta, privo della fermezza di carattere del nonno e della cieca fiducia del padre nelle «procedure», è lo specchio della progressiva decadenza di un Impero, tenuto insieme soprattutto dal carisma personale di Francesco Giuseppe (deceduto il 21 novembre 1916).
Finale: romanzo a sfondo storico, di ampio respiro e ricco di umanità, e molte pagine sono davvero attuali. L’autore Joseph Roth fu ufficiale dell’esercito austriaco durante la prima Guerra Mondiale e, con l’avvento del nazismo, abbandonò la Germania dove viveva; egli descrive in parte un vissuto personale, senza abbandonarsi a rimpianti o elegie, ma con misurato e piacevole affetto.