RECENSIONE
di SERGIO SALVI
«Serenata senza nome-notturno per il commissario Ricciardi» – autore Maurizio De Giovanni, edito da Einaudi, 2016 e 2018, pp 416.
Abbiamo apprezzato la serie televisiva «Il commissario Ricciardi», così Silvana e io abbiamo chiesto a Roberto Altera della libreria Coppo un consiglio sui romanzi di De Giovanni, autore, fino a quindici giorni fa, non ancora letto da entrambi. Siamo usciti dalla libreria con due volumi: «Serenata senza nome» e «Il pianto dell’alba».
In una frase: «Serenata senza nome» è stata una meravigliosa scoperta.
Napoli, ottobre 1932, un autunno insolitamente freddo e piovoso. Il brigadiere Raffaele Maione, principale collaboratore del commissario Luigi Alfredo Ricciardi, non si è sottratto al turno notturno in questura; a casa due figli sono influenzati e Maione non riuscirebbe a riposare per paura di non sentire una richiesta di aiuto tipo: «papà, papà, venite, ho sete». «Lì in questura, almeno due ore sulla scomoda branda dell’ufficio sarebbe riuscito a godersele in relativa tranquillità, magari dopo aver minacciato di morte il piantone, se lo avesse chiamato per meno di un omicidio plurimo» (p. 54).
Purtroppo per Maione, in servizio con lui c’è la guardia Amitrano: «… quando il brigadiere entrò nella stanzetta da cui si sorvegliava il portone d’ingresso stava leggendo un quotidiano, semisdraiato sulla sedia e con i piedi sul tavolo. E poiché nemmeno si accorse dell’arrivo del superiore, continuò imperterrito a compitare le parole con le labbra, gli occhi spalancati per la concentrazione. Maione diede un colpo di tosse …». Non vi rovino il godimento (pp. 55-57).
De Giovanni padroneggia l’arte di tenere avvinto il lettore con thriller e storie d’amore, sciogliendo la tensione al momento giusto grazie a scene umoristiche pirotecniche, a eleganti passaggi di ironia e a brani di autentica poesia. La struttura narrativa è molto solida con un gruppo di personaggi che il lettore ritrova in tutti i romanzi (dodici titoli) ai quali si aggiungono i protagonisti dei diversi casi giudiziari. Un altro elemento fondamentale, sempre presente, è la musica: i titoli, le canzoni, le romanze, i pensieri, le voci umane e della natura orchestrati ed evocati con parole semplici e avvolgenti. Questa è magia.
L’aver visto la serie televisiva aiuta; è spontaneo il parallelo con il «Don Camillo» raccontato da Giovannino Guareschi e i film interpretati da Fernandel e Gino Cervi. Allora la versione cinematografica aveva rispettato la trama ideata dallo scrittore e aggiunto corpo alla letteratura. Lo stesso vale per questa fiction, grazie ad una regia impeccabile e attori bravissimi che mi fanno capolino dalle pagine dei libri: Lino Guanciale (Ricciardi), Antonio Milo (Maione), Maria Vera Ratti (Enrica, è lei la «signorinella pallida…» della canzone del 1931?), Nunzia Schiano (la tata di Ricciardi, Rosa), Veronica D’Elia (Nelide, la nipote di Rosa, dalla quale «erediterà» il lavoro) e tutti gli altri.
Torniamo alla notte insonne del brigadiere Maione. «Stavolta il motivo per svegliarlo c’era, grave e reale. Un morto» (p.82).
Il brigadiere e il commissario Ricciardi, con due guardie, si recano sul luogo del fatto.
Qui Ricciardi ha una delle sue misteriose percezioni, forse una facoltà paranormale, o ipersensibilità o malattia mentale, come è convinto che sia lo stesso Ricciardi. Egli «vede» gli spettri di tutti i morti per cause violente, anche suicidi, nel luogo dove sono deceduti e «sente» risuonare nella sua mente, anche se in modo confuso, le loro voci che ripetono ossessivamente gli ultimissimi pensieri. Questa è la sua «maledizione», trasmessagli dalla madre, morta giovane. Per questa facoltà Ricciardi ha deciso di autoinfliggersi il supplizio di non dichiarare apertamente il suo amore alla donna che ama, la dolce Enrica, sua dirimpettaia: il commissario non vuole infatti coinvolgere una compagna nella situazione di continuo contatto con il dolore in cui egli si trova. Proprio la «maledizione» è tuttavia il super potere grazie al quale egli porta avanti indagini già orientate su false piste o apparentemente senza sbocco.
Il morto è Costantino Irace, un noto e ricco commerciante ed ex usuraio. La moglie, Cettina, è la figlia del titolare di un negozio di stoffe. A quindici anni, Cettina era innamorata di un ragazzo, emigrato per cercare fortuna negli Stati Uniti, non senza averle detto, prima di partire: «Io torno a prenderti, Cetti’. Io torno a prenderti. Ti conviene aspettarmi».
Quel ragazzo, Vincenzo Sannino, in America era diventato campione del mondo di pugilato, categoria medio massimi, fulminava gli avversari sul ring con un «gancio sinistro» alla tempia, talmente efficace da valergli il soprannome di «The Snake», il serpente. Dalla miseria alla fama, con il chiodo fisso di rientrare a Napoli e sposare Cettina, «… per Vincenzo, il periodo da quando era partito a quando sarebbe tornato era solo un intervallo … funzionale soltanto a mettere da parte i soldi che gli occorrevano per comprare il negozio del padre di Cettina e regalarlo a lei. Che sarebbe diventata sua moglie» (p. 132).
Così, quando Vincenzo, arrivato a Napoli, scopre che il suo sogno era svanito, organizza una serenata notturna sotto la finestra della casa di Cettina, cantandole la struggente «Voce E’ Notte». La sera successiva si reca a teatro, all’ingresso nel palco riservatogli aveva già bevuto, troppo.
Sapeva che ci sarebbero stati anche Cettina e suo marito Costantino? Forse no, sta di fatto che non si trattiene, prima sguardi e poi parole, un crescendo di tensione fino a quando Irace arriva a schiaffeggiarlo e Vincenzo, trattenuto a stento dal suo manager, «continuava a urlare, la bava alla bocca e gli occhi fuori dalle orbite. “Ti ammazzo! Vigliacco maledetto, io ti ammazzo!”» (p.45).
Il dottor Bruno Modo, medico legale e sincero amico di Ricciardi, riferisce che il cadavere presentava «un ematoma in regione temporale provocato da un colpo molto forte». Prima le minacce e poi la firma di «The Snake». Il caso è risolto, così appare a quasi tutti. Ricciardi è perplesso e continua le indagini a dispetto delle evidenze, anche se deve obbedire all’ordine del questore Garzo e arrestare Vincenzo Sannino.
Al rientro dal commissariato Ricciardi incontra per strada Enrica, che ha trovato il coraggio di uscire di casa e fermarlo: deve fargli una domanda. Da lì a pochi giorni, in occasione della festa in famiglia per il suo venticinquesimo compleanno, Enrica sa che il maggiore tedesco Manfred Von Brauchitsch le chiederà ufficialmente di sposarlo. Enrica è innamoratissima di Ricciardi e vuole sapere se il commissario condivide il suo progetto di vita.
Finale: negli ultimi 10/15 anni è il romanzo che mi è piaciuto di più, a livello della mia «trinità» di scrittori: Guareschi, Tolkien, Morris West. L’altro libro, pure bellissimo, «Il pianto dell’alba-ultima ombra per il commissario Ricciardi», è da leggere dopo aver letto gli altri undici o, come minimo, dopo aver letto «Serenata senza nome», nono della serie, e gli altri due romanzi, vale a dire «Rondini d’Inverno» e «Il purgatorio dell’angelo», che precedono per l’appunto «Il pianto dell’alba». Li abbiamo già acquistati.
Grazie Sergio. La tua ottima recensione invita alla lettura